Un po' di storia (Parte Seconda)
In Mesopotamia ci sono riferimenti al vino che risalgono a circa 2500 anni prima di Cristo e alcuni documenti scritti testimoniano la presenza di vigneti intorno ai palazzi dei nobili. Il vino più pregiato era riservato alle genti di nobile censo, mentre gli schiavi dovevano accontentarsi di un vino più ordinario.
Più o meno, le stesse usanze le avevano i Greci che, occupando un posto fondamentale nello sviluppo della civiltà mediterranea, erano in primo piano nella produzione vinicola, dopo essersi fatti insegnare un'arte che conoscevano poco, dal momento che erano prevalentemente pastori. Troviamo così il vino al posto d'onore nelle opere di Omero, accanto agli elmi, alle lance, alle spade. Nell'Odissea il Mare Egeo viene paragonato al «vino scuro». In documenti scoperti a Plios e all'isola di Creta, risalenti a quattordici secoli prima di Cristo, il vino viene ampiamente menzionato. Veniamo così a sapere che anche allora si usavano i bottiglioni; le coppe d'oro e d'argento venivano usate non solo dai re, ma anche dai maggiori dignitari.
Il vino veniva sempre miscelato con l'acqua, mentre per il trasporto si adoperavano otri di cuoio. Le grandi giare per la conservazione erano chiamate pìthoi e si procedeva alla loro solenne apertura in occasione delle maggiori feste. Molta importanza era attribuita all'età del vino, che veniva considerato vecchio solo dopo quattro anni. Le donne di alto censo non potevano bere il vino e se erano scoperte subivano severe condanne; ciò non toglie che ricorressero ad artifizi per nascondere il loro vizietto segreto. Oggi le donne possono degustare in pace un buon bicchiere di vino, ma allora correvano persino il rischio di una condanna a morte.
Seguendo usanze provenienti dall'Oriente, si aggiungevano al vino anche mirra ed altre sostanze aromatiche.
La vigna era chiamata oinàs e, pur non ricevendo eccessive cure, dava i suoi frutti con generosità ed abbondanza.
Durante i banchetti spettava al «cerimoniere, di determinare il quantitativo di vino da bere, di miscelarlo correttamente con l'acqua e di dare disposizioni per il brindisi.
II "cin cin o cincin", allora non si usava, perché questa tradizionale formula è stata presa a prestito piuttosto recentemente dai Cinesi, presso i quali rappresenta un'espressione di saluto interpretata in italiano come voce onomatopeica riproducente il suono di due bicchieri che si urtano.
(Continua con "Un po' di storia" Parte Terza)
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