Corso di Recupero per Astemi #107

Il vino 100 domande e 100 risposte #57

Che cosa succede durante l'invecchiamento del vino?

In enologia il termine invecchiamento è solitamente impiegato per significare che un vino è stato da uno a più anni in botte. Più correttamente bisognerebbe parlare prima di affinamento e poi di conservazione, nonché, al limite, di invecchiamento quando il vino è in bottiglia. Infatti il vino, appena svinato, migliora le proprie caratteristiche organolettiche riposando al buio e al fresco della cantina per un determinato periodo, che dipende dal vitigno e dall'annata. Per esempio il vitigno Nebbiolo è assai adatto a sopportare vari anni di permanenza in botte, anzi durante questo periodo si affina e migliora, mentre i vini bianchi (se si escludono i vini passiti e poche altre eccezioni) devono essere consumati entro l'anno o al massimo due anni, in modo che siano conservati la loro freschezza e il loro fruttato.
Nel 1972, per esempio, non venne prodotto il Barolo poiché l'andamento climatico fu tanto sfavorevole da non consentire una buona e completa maturazione dell'uva e perciò non fu possibile ottenere vino di qualità... furono gli stessi produttori a non richiedere che il loro vino fosse chiamato Barolo!
I vini per poter resistere all'invecchiamento e addirittura migliorare nel tempo devono possedere una buona struttura di base, cioè avere un buon livello di acidità (7-8%), una sufficiente gradazione alcolica (almeno 12°) e un'elevata quantità di estratto, cioè di corpo (specialmente per quanto riguarda il tannino). Il legno delle botti cede sostanze che migliorano l'odore e il sapore del vino, così come una certa permanenza in bottiglia favorisce la formazione di alcuni composti che possono originarsi solo nell'ambiente riducente (cioè privo o quasi d'aria) della bottiglia. Durante l'invecchiamento del vino si verificano cambiamenti a carico del colore (che assume toni più morbidi), della limpidezza (che aumenta progressivamente), del profumo (grazie alla formazione di esteri ed eteri) e del sapore (in virtù della diminuzione di acidità e della formazione di nuove sostanze).

Corso di Recupero per Astemi #106

Il vino 100 domande e 100 risposte #56


Quali malattie si possono sviluppare nel vino tenuto a riparo dall'aria?

Fuori dal contatto dell'aria si possono sviluppare le malattie dette anaerobe o anaerobiche: girato, filante, agrodolce, amaro.
Il girato (o subbollimento) si manifesta in genere d'estate, su vini poco acidi ove alcuni batteri (per esempio: Bacterium tartarophtorum) attaccano l'acido tartarico prima e gli altri acidi poi, oltre a vari composti non acidi, formando soprattutto acido acetico e acido lattico. La malattia si riconosce per lo scolorimento del vino rosso e per l'incupimento del vino bianco, come pure per lo sviluppo di bollicine gassose (specialmente in seguito a sbattimento del vino nel bicchiere). All'olfatto e al gusto si avverte una sensazione acetosa e putrefacente. Come prevenzione si consiglia di effettuare tempestivamente i travasi; come cura è necessario pastorizzare, rifermentare e solfitare.
Il filante (o grassume) si verifica soprattutto nei vini bianchi, contenenti ancora un certo residuo zuccherino, di cui si nutrono alcuni batteri (per esempio: Bacterium viscosus Vim) con formazione di sostanze mucillaginose. La malattia è riconoscibile nel versare il vino dal bicchiere, poiché si nota che il liquidofila come l'olio, essendo divenuto più viscoso e torbido; inoltre assume un retrogusto acre e rancido. Come prevenzione conviene esaurire gli zuccheri con una fermentazione completa. Per curare un tale vino occorre rompere la massa mucillaginosa con un energico sbattimento e poi chiarificare e filtrare; indi si pastorizza e si aggiunge anidride solforosa; eventualmente si può procedere alla rifermentazione.
L'agrodolce (o fermentazione mannitica o spunto lattico) è una malattia che si manifesta più frequentemente sul mosto o nel vino che contiene ancora dei residui zuccherini, quando la temperatura è superiore a 37° C. In questa condizione i lieviti restano inibiti, mentre i batteri (per esempio: Bacterium mannitopheum) si sviluppano a loro agio, demolendo gli zuccheri e formando vari composti, fra i quali prevale la mannite. Il vino affetto da questa malattia si presenta con riflessi sericei e ha un sapore agro (dato dagli acidi) e dolce (dato dalla mannite) che ricorda la frutta stramatura e vagamente acetosa. Come prevenzione è sufficiente contenere la temperatura, mentre la cura è possibile solo nei primissimi stadi mediante pastorizzazione, rifermentazione e solfitazione.
L'amaro (o amarore) è una malattia che si verifica sui vini rossi, vecchi, ove alcuni batteri (per esempio: Bacillus amaracrylicus) attaccano la glicerina, formando aldeide acrilica legandola ai polifenoli. Il vino si presenta torbido, decolorato, con un netto gusto amaro. Come prevenzione occorre effettuare tempestivamente i travasi. Come cura vale il solito procedimento: pastorizzazione, rifermentazione e solfitazione.

Corso di Recupero per Astemi #105

Il vino 100 domande e 100 risposte #55

Quali malattie si possono sviluppare nel vino a contatto dell'aria?

Le malattie che si sviluppano a contatto dell'aria sono dette aerobe o aerobiche e sono: fioretta e spuntoacescenza.
La fioretta è una malattia causata da particolari lieviti (Hansenula, Pichia, ecc.) che si sviluppano rapidamente su vini deboli conservati in recipienti non ben colmi o non sufficientemente protetti dall'anidride solforosa. Questa malattia è facilmente riconoscibile poiché sul vino si forma una massa bianca, che pare un insieme di fiori, formata dal corpo (micelio) dei lieviti. Nei primi stadi la fioretta non è molto dannosa in quanto una parte di alcol è stata trasformata in acqua e anidride carbonica, senza formazione di composti maleodoranti, ma più avanti, procedendo questa trasformazione, il vino diventa disarmonico e piatto e si nota anche la demolizione di alcuni acidi. In fase avanzata il vino è recuperabile solo previa pastorizzazione, eventuale rifermentazione e poi protezione con anidride solforosa. Le pastiglie di isosolfocianato di allile (o essenza di senape) immesse a galleggiare sul vino in damigiana o botte costituiscono una barriera preventiva molto efficace per questa malattia, così come per la seguente.
Lo spunto è il primo stadio di una malattia causata da batteri (tipo Acetobacter) nel vino a contatto dell'aria. La malattia si presenta con un velo iridescente e viscido sulla superficie del vino, che all'olfatto risulta pungente. Infatti i batteri demoliscono l'alcol etilico formando acido acetico (il quale forma poi acetato d'etile). Quando la malattia è in una fase avanzata, cioè quando si è formato molto acido acetico (e acetato d'etile), è più adatto il termine acescenza, poiché si ha la netta impressione di essere in presenza di aceto.
Se la malattia è agli stadi iniziali, si può cercare di curarla facendo rifermentare il vino con un'aggiunta di mosto sano e di lieviti selezionati; queste operazioni devono essere però precedute da una pastorizzazione e sempre seguite da una consistente aggiunta di anidride solforosa. Se il vino è ormai acescente, la legge ne vieta la cura e pertanto si deve inviare alla distilleria o all'acetificazione in apposite aziende.

Corso di Recupero per Astemi #104

Il vino 100 domande e 100 risposte #54

Perché il vino si può ammalare?

A meno che non sia stato pastorizzato, il vino contiene microrganismi che possono manifestare la loro presenza attaccando zuccheri e acidi. Se lieviti e/o batteri riprendono la loro attività, oltre a provocare intorbidamento causano vere e proprie malattie. Evidentemente occorre agire soprattutto preventivamente, curando l'igiene dei locali, dei contenitori vinari e degli attrezzi.
I vini più soggetti ad ammalarsi sono quelli cosiddetti deboli, cioè i vini poco acidi, poco alcolici e poco tannici; altre caratteristiche dei vini facilmente preda dei microrganismi sono la presenza di zuccheri e di sostanze azotate, cioè di quei composti che costituiscono l'alimento dei lieviti e dei batteri. La feccia che si forma costantemente nel vino è pure un substrato particolarmente adatto allo sviluppo dei microrganismi; quindi si rivelano assai utili i travasi fatti per tempo.
Per quanto concerne la cura delle malattie, occorre innanzi tutto distruggere i microrganismi mediante opportuna pastorizzazione, poi eventualmente far rifermentare il vino (con un'aggiunta di mosto) in modo da eliminare odori e sapori anomali e infine procedere a un'aggiunta di anidride solforosa per proteggere adeguatamente il vino.
Se non s'intende curare il vino, oppure se non è più recuperabile, lo si invia alla distilleria, ma prima di compiere quest'operazione occorre immettervi 10 g/q di cloruro di litio come rivelatore (cioè per rivelare che la partita di vino in oggetto è destinata alla distilleria); se il vino è destinato alla produzione di acquavite non è necessaria l'aggiunta del rivelatore.

Corso di Recupero per Astemi #103

Il vino 100 domande e 100 risposte #53

Perchè a volte si pastorizza il vino?

La pastorizzazione è una pratica stabilizzante nei confronti degli intorbidamenti provocati dai microrganismi e dagli enzimi.
Questa pratica consiste nel riscaldare il prodotto a temperatura di 75 - 80° C per 15 secondi. La pastorizzazione può essere effettuata sul vino prima dell'imbottigliamento oppure si può pastorizzare il vino già imbottigliato.
Per quanto riguarda il vino spumante, è molto seguita una specie di pastorizzazione detta inattivazione termica, che consiste nel riscaldare lo spumante imbottigliato alla temperatura di 40° C per 2 ore; è questo un sistema ideato da Carpené nel 1936. Simile a quello ora citato è il sistema Paronetto, che prevede un riscaldamento a 40 - 42° C per 72 ore; con questa tecnica sembra che i lieviti vengano lisati e pertanto dalle cellule fuoriescono sostanze che trasmettono al vino un odore gradevole.
La tecnica che sembra dare i migliori risultati, sia nella distruzione di microrganismi ed enzimi sia nel non ingenerare odore e sapore di cotto e incupimento del colore, è quella della pastorizzazione lampo, che consiste nel riscaldare il vino a 105 - 110° C per qualche secondo.

Corso di Recupero per Astemi #102

Il vino 100 domande e 100 risposte #52

Quando viene impiegata la centrifugazione in enologia?

La centrifugazione è in sostanza una tecnica applicata al mosto per ottenere una sfecciatura adeguata e rapida; è pure applicabile al vino per conseguire un rapido seppur grossolano illimpidimento,
Di fatto, quando il vino è sottoposto all'azione della forza centrifuga (4000 + 5000 giri al minuto), ne vengono separate le particelle più pesanti come i residui fecciosi, cioè le particelle che hanno peso specifico superiore a quello del vino. Tuttavia questa limitazione viene superata aggiungendo al vino, prima di centrifugarlo, un chiarificante. La tecnica in questione è anche impiegata in sostituzione della filtrazione sul vino sottoposto al collaggio.
Una particolare e caratteristica applicazione della centrifugazione è quella sul mosto del Moscato; in questo caso viene alternata alla filtrazione, con lo scopo di separare dal mosto (o dal vino) la maggior parte dei lieviti e delle sostanze azotate, rendendo il prodotto infermentabile.