Corso di Recupero per Astemi #25

L'uva e il vino (Parte quinta): Come si fa il vino #1/2

La prima operazione conseguente alla vendemmia è la pigiatura dell'uva, ossia la riduzione dell'uva in mosto. La pigiatura ha lo scopo di provocare la rottura della buccia e la fuoruscita della polpa dell'acino. Solo alcune piccole aziende di carattere familiare pigiano l'uva con i piedi nudi in vasche rettangolari di legno a un solo fondo o su doppi fondi. Se si pigia su un fondo solo, il mosto va asportato subito affinché non crei ostacoli per l'altra uva. Logicamente, la pigiatura meccanica è considerata il miglior sistema e anche il più economico per una vinificazione razionale. Con i metodi più aggiornati si ottiene subito la separazione del mosto dalle scorie che sono rappresentate dai graspi, dai vinaccioli e dalle bucce, quell'insieme che forma le cosiddette vinacce.
Queste vinacce vengono fatte macerare, per un periodo più o meno lungo, in alcuni tipi di vinificazione unite al mosto nella fase di fermentazione, ma la pratica della separazione delle scorie principali, e cioè i graspi, è ormai entrata nell'uso corrente. 
Le pigiatrici sono macchine dotate di una tramoggia nella quale viene immessa l'uva da pigiare. Dalla tramoggia l'uva passa tra due cilindri scanalati i quali, ruotando in senso opposto tra di loro, eseguono un lavoro di schiacciamento degli acini. Il pigiato cade in un cilindro metallico forato che mediante un sistema rotante riesce ad eliminare i graspi che non andranno a fermentare nei tini. La buccia, i vinaccioli e il mosto liquido cadono in un tino sottostante. 
Senza addentrarci in spiegazioni troppo particolareggiate, diciamo che i sistemi di diraspatura (senza i graspi) e non diraspatura (con i graspi) presentano i loro vantaggi e svantaggi. La presenza dei graspi, ad esempio, é utile per i vini che si vogliono particolarmente tannici, colorati o aromatici, in quanto essi facilitano la solubilizzazione del tannino; ne viene anche accelerata la fermentazione stessa. 

La fermentazione 
Questa complessa operazione per trasformare il mosto in vino si conosceva fino dal tempo degli Assiri, ma furono i Romani a perfezionarla. Fermentazione viene dal latino fervére e significa bollire. Infatti assomiglia molto al sobbollimento di un liquido. Quello ottenuto dalla pigiatura si presenta torbido, denso, appiccicaticcio, di sapore dolce e nello stesso tempo acido. Viene posto a fermentare negli appositi tini, dove viene lasciato per un certo periodo di tempo. Non bisogna abbandonare il mosto in fermentazione in balia di se stesso: si potrebbero ottenere risultati disastrosi. 
Il mosto è composto da una parte liquida e da una parte solida (le bucce e i vinaccioli). Queste parti solide, avendo peso specifico inferiore al liquido, tendono a salire in superficie e quindi a separarsi dal liquido. La loro risalita é facilitata dall'anidride carbonica che rigonfia le parti solide. La vinaccia che risale in superficie e che si separa dal liquido prende il nome di «cappello». A contatto con l'aria il cappello si ossida e non bisogna permettere che questo si verifichi. Ecco perché si dice che la vinificazione, di solito, avviene a «cappello sommerso». Per affondare questo cappello ci si serve di bastoni muniti di pioli che si chiamano "follatori" oppure si dispone sulla parte superiore del tino un graticcio di listelli di legno. Nelle grandi vasche di fermentazione si usa il sistema del cappello emerso perché il recipiente ha un soffitto, quindi non è scoperto.
La fermentazione alcolica viene divisa in due periodi: fermentazione tumultuosa e fermentazione lenta. La prima fa seguito alla pigiatura dell'uva e va fino alla svinatura; la «lenta» prosegue poi fino alla completa trasformazione degli zuccheri in alcol. 
La svinatura è l'operazione che permette di separare le vinacce dal mosto fermentato che si avvia a diventare vino; il prodotto che se ne i ottiene viene chiamato «vino fiore».

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Corso di Recupero per Astemi #24

L'uva e il vino (Parte quarta): La vendemmia

La conclusione delle fatiche che durano ininterrottamente tutto l'anno si ha con la vendemmia. Questa pittoresca operazione di raccolta dell'uva che ha stimolato tante fantasie descrittive e pittoriche, ma per la quale è difficile reclutare operatori volonterosi e capaci (anche in considerazione del fatto che si conclude in brevi termini), può essere fatta in un arco di tempo che varia tra i mesi di luglio e ottobre, più raramente novembre. In genere si raccolgono prima le uve bianche, per gran parte delle quali viene consigliato ai vignaioli di non oltrepassare il limite di giusta maturazione, caso mai di anticiparlo. 
Le uve nere si vendemmiano quasi sempre nel mese di ottobre. Le prime uve si ottengono di solito nell'Italia meridionale, ma certi Pinot vengono vendemmiati in agosto anche in settentrione. Uve tardive possono essere considerate quelle dei vitigni Sangiovese e Montepulciano delle Marche e degli Abruzzi; con l'Aglianico della Basilicata si va a novembre. Diverse volte si vendemmia in novembre anche nella zona dei Nebbioli piemontesi e dei Barbaresco, in provincia di Cuneo. Può essere considerato un vantaggio cogliere le prime nebbie, a patto che l'umidità non sia troppo elevata e segua subito dopo il sole.
Con la specializzazione e il progressivo abbandono delle colture miste, tipo vite e olivo, la produzione di uva per ettaro é generalmente, aumentata. I disciplinari che regolano la produzione dei vini Doc (denominazione di origine controllata) però stabiliscono delle limitazioni precise. Per il Barbaresco e per il Barolo, ad esempio, sono ammesse produzioni non superiori, in ogni caso, a 80 quintali per ettaro. Per il Chianti 125 quintali per ettaro, per il Chianti Classico 115 quintali, per il Frascati 130 quintali, per l'Ischia bianco o rosso 100 quintali. Alcune rese sono state criticate perché ritenute troppo abbondanti, ma in genere i risultati delle vendemmie sono sempre inferiori al massimo, che si ottiene solo nelle annate estremamente favorevoli. Come abbiamo detto, la conclusione annuale delle lunghe fatiche nella vigna é costituita dalla vendemmia. Valutare il momento di cogliere l'uva non è facile, anche perché possono incombere sfavorevoli e imprevisti eventi meteorologici. Ogni volta sorgono dubbi e paure, il vignaiolo scruta sovente il cielo con molta trepidazione. Talvolta si pente di avere anticipato l'operazione di raccolta.
L'uva va vendemmiata nel momento della sua giusta maturazione fisiologica. L'epoca può essere leggermente spostata a seconda delle condizioni atmosferiche o del tipo di vino che si vuole ottenere. Occorre seguire scrupolosamente la maturazione fino al momento in cui l'acino da verde diventa giallognolo o giallo per le uve bianche e violaceo per le rosse; contemporaneamente l'acino aumenta anche di volume. Si verifica, in questa fase, il fenomeno più importante, la formazione di zuccheri; il «tenore zuccherino» viene misurato con appositi strumenti. 
Per rendersi conto del grado di maturazione è preferibile non affidarsi al metodo empirico dell'assaggio, ma attendere il responso dei mostimetri e refrattometri dei laboratori gestiti dai consorzi o da altri enti. 
La vitivinicoltura moderna non si affida più ai proverbi di stampo contadino, ma agli enotecnici e agli specialisti degli ispettorati agrari. Per i vini bianchi, che necessitano di alta percentuale di acidità, é sempre bene anticipare il raccolto. Specie per le uve Pinot, dalle quali si ricavano gli spumanti, la raccolta anticipata costituisce un fattore determinante. Quando, a causa di piogge persistenti, esiste il timore di uve malsane dalle quali discenderanno vini altrettanto imperfetti, soggetti alla "fioretta" (Mycoderma vini), si raccoglie l'uva anticipatamente per evitare danni maggiori. 
Esistono delle regole per la raccolta dell'uva che è bene seguire. Intanto è sconsigliabile staccare i grappoli nelle primissime ore del mattino o subito dopo la pioggia. In questi casi si verifica una diminuzione del tenore zuccherino.
Inoltre, il grappolo a causa dell'umidità risulta più facilmente attaccabile dalle muffe. Molto importante è la «cernita» delle uve che va fatta subito al momento del raccolto. Di solito vengono separate da una parte le uve per il vino «scelto», dall'altra le uve per vini meno pregiati. Vanno scartati decisamente i grappoli intaccati dal marciume perché guastano anche quelli sani e conferiscono, come minimo, cattivi sapori al vino. 
Il raccolto più razionale si ottiene impiegando ceste o cassette di legno o di plastica e maneggiando l'uva con molta accuratezza. Specie in colline dai pendii aspri, vengono adoperati bigonci che possono contenere anche 50 chili o più. Non è però conveniente ammassare troppo l'uva. 
La raccolta dell'uva fatta con apposite macchine, come si usa comunemente nei vigneti della California, trova molte difficoltà ad essere applicata in Italia. Siamo ancora nella fase sperimentale, tenendo conto che questo sistema non può essere usato nei vigneti impiantati su terreni in notevole pendenza o addirittura scoscesi, come accade ad esempio in Valtellina. 
Per le uve di grande pregio, la raccolta meccanizzata risulta totalmente inadatta, trattandosi di un prodotto particolarmente delicato che richiede cure amorose e molte precauzioni nel maneggiarlo.

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Corso di Recupero per Astemi #23

L'uva e il vino (Parte terza): La coltivazione

La vite può moltiplicarsi per via gamica — il seme — o per via agamica, cioè con talee e propaggini. Non si usa la moltiplicazione per semi se non per produrre nuove varietà e nuovi ibridi. In tutti gli altri casi si utilizzano le talee o barbatelle, che sono piante giovanissime fornite di radici fittizie a forma di barba. Si chiamano anche margotte di vite e ci sono appositi vivai specializzati per i rifornimenti. Questi appezzamenti di terra si chiamano barbatellai ed esercitano una funzione importante nel campo vitivinicolo.
Generalmente come talea viene utilizzato un pezzo di tralcio di un anno, con almeno due gemme. A uno o due anni dall'innesto, le barbatelle o pianticine vengono trapiantate nel vigneto, preferibilmente in autunno, a una distanza che varia secondo la forma di allevamento. Le colture più diffuse sono a spalliera, cioè sorrette da un'intelaiatura, e a pergolato. In questo caso, l'impalcatura a sostegno delle viti è costituita da due file di pali, o colonnette di cemento, congiunti al vertice da elementi orizzontali ad un'altezza dal suolo tale da consentire il passaggio di addetti alla lavorazione o all'immutabile rito della vendemmia. La coltura ad alberello, così tradizionale nell'Italia centro-meridionale, cioè con piante singole potate a forma di albero, sempre di bassa statura, va gradatamente scomparendo anche in Puglia, per far posto a sistemi più aggiornati.
Nei vigneti specializzati le viti variano come numero da 2000 a 10000. Per i sistemi si tiene conto dei terreni, dei climi e delle pendenze. Si cerca di rendere stabili più che si può le attrezzature perché i costi sono elevati e il materiale facilmente deteriorabile. Anche i pittoreschi vigneti con le viti maritate agli alberi (aceri o olmi), tradizionali nella zona di produzione del Lambrusco e in Campania, vanno gradatamente scomparendo e ne prendono il posto i sistemi tipo Guyot, Sylvoz e altri, sempre di impronta specialistica. 
II terreno, nel caso di nuovi impianti, va preparato a volte con profondi scassi, o sbancamenti di rocce. Occorre una concimazione frequente ed anche l'irrigazione. Annualmente la vite richiede almeno tre lavorazioni del terreno: una più profonda nel periodo di riposo, una media in primavera, una superficiale nel mese di agosto. Tralasciando le altre operazioni secondarie relative al terreno, sono invece di grande importanza i trattamenti antiparassitari contro le principali malattie crittogamiche quali l'oidio e la peronospora.

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Corso di Recupero per Astemi #22

L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

La vite ha una grande capacità di adattamento all'ambiente, tollera anche estremi termici notevoli, ma occorrono determinate temperature minime per i suoi principali fenomeni vitali. Per esempio, perché avvenga la fioritura, la temperatura deve raggiungere almeno i 16 °C. Per la maturazione occorrono da 18 a 23 °C. Talvolta può essere la luce a supplire a qualche difetto di temperatura. Un eccesso di precipitazioni, inoltre, in tutte le fasi vegetative, favorisce lo sviluppo delle malattie crittogamiche. Più che la siccità, la vite teme l'umidità, le brine primaverili, le nebbie troppo frequenti, le rugiade troppo abbondanti, i venti impetuosi. Salvo alcuni tratti della pianura padana, non c'è praticamente regione italiana dove la vite non sia coltivata. In Valle d'Aosta, in Valtellina, nel Trentino-Alto Adige, la vite si spinge a limiti decisamente notevoli, non tanto come latitudine, ma come altitudine. I vigneti da cui si ricava il Blanc de Morgex sorgono su fasce di terreno che superano i 1000 metri di quota. Va segnalato che, di regola, il limite è di 600 metri, ma in Valtellina e nel Trentino-Alto Adige molti vigneti si spingono fino a 800-900 metri sul livello del mare. Come dice Guyot, la vite chiede "quel po' di acqua, di nutrimento e di sole che le sono strettamente necessari". Però dal punto di vista enologIco ed agro-economico il problema si fa più complicato. A seconda delle varie zone vinicole, per le quali va accertata la vocazione», occorre innanzitutto scegliere le varietà di vitigni di sicuro successo, anche per quanto concerne l'accrescimento e la maturazione dell'uva. Con la sua lunga estensione in latitudine, la Penisola comporta differenze notevoli di clima e di temperatura. Abbiamo a disposizibne una varietà di vitigni eccezionale, gran parte dei quali collaudati per esperienza secolare, ma per la scelta è di norma preferibile attenersi alle varietà locali. 
Infatti ogni vitigno è adatto specialmente all'ambiente in cui è sorto o nel quale è coltivato da secoli. Il ricorrere a varietà proprie di altre regioni costituisce sempre un rischio: in alcune zone dove sono stati introdotti vitigni impropri per la ricerca di una maggiore produttività non sempre si sono ottenuti risultati validi. I fattori che influenzano maggiormente la qualità dell'uva sono: il vitigno, il clima e il terreno. Per un'uva di buona qualità viene richiesto di norma un clima mite, di media collina, ventilato, senza ristagno di umidità primaverile o estiva, con giusto grado di insolazione e di piovosità. 
I terreni migliori per i vigneti — dicono i tecnici — sono quelli di medio impasto, fertili, di composizione equilibrata, ricchi di potassio, bene esposti, possibilmente in leggero declivio. Riassumendo, si può dire che il vino buono deriva dall'uva sana e adatta a quel tipo di vino (o da una mescolanza di uve, sempre sane). Quest'uva ideale, ripetiamo, è in funzione di un trinomio: vitigno, clima e terreno.

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Corso di Recupero per Astemi #21

L'uva e il vino (Parte prima)

L'uva, ossia il frutto della vite, formato da bacche (acini) riunite in un'infruttescenza (o grappolo), fornisce la materia prima per la preparazione del vino. Il grappolo è costituito da un raspo e da vari peduncoli con pedicelli sui quali si inseriscono gli acini. Questi si compongono di buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e semi o vinaccioli (endocarpo). L'insieme della polpa è costituito da acqua, zuccheri, acidi, mucillaggini, sali e altre sostanze minerali, azotate, pertiche, vitamine; infine dai vinaccioli o semi. 
La buccia dell'acino contiene essenzialmente materie coloranti (da cui deriva il colore dei vari vini), inoltre aromi, tannino e sostanze minerali. Ha una funzione protettiva e reca esternamente la pruina, una specie di cera che ha il compito di proteggere l'acino dall'umidità, dall'evaporazione eccessiva e dal permanere in superficie di gocce d'acqua. 
Una prolungata e insistente umidità favorisce l'attacco di un fungo microscopico che apre nella buccia delle fessure, mettendo allo scoperto la polpa dell'uva e asportandone le sostanze nutritive. La Botrytis o, come dicono comunemente i vignaioli, "botrite", può avere conseguenze disastrose per il raccolto. In alcuni casi particolari e per certi tipi di vini speciali si lascia sviluppare apposta la botrite perché conferisce pregio alle uve, insieme al d altri fattori connessi con la ritardata maturazione. Le sostanze che avvolgono la buccia sono chiamate in questi casi "muffe nobili". Vini che si avvalgono dell'apporto della "pourriture noble" sono il Tokaj ungherese e lo Chàteau d'Yquem, ma ne abbiamo parecchi anche in Italia, tra cui il Picolit. 
Va anche ricordato che le sostanze minerali contenute nella polpa sono date dai sali che la vite ha assorbito dal terreno e che costituiscono le ceneri del mosto e del vino. 
Elementi temibili per la stabilità del futuro vino sono il ferro e il calcio. Il primo, se presente in notevoli proporzioni, provoca dannosi intorbidamenti. L'uva e il mosto contengono vitamina A, B, C ed altre in quantità variabile. I vinaccioli cedono al mosto soprattutto tannino, in quantità tanto maggiore quanto più lungo è il tempo di contatto.

(Continua con L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

Corso di Recupero per Astemi #20

Lessico (Parte ottava e ultima)

Sottile - Vino di buona composizione ed armonia, con tutti i componenti in misura modesta che diano sensazioni apprezzabili ed eleganti, ma flebili.

Sottofondo - Sensazioni sottili che vanno intercettate quasi fra le pieghe di quelle principali — più appariscenti — e che completano piacevolmente l'armonia dell'insieme.

Spogliato - Si dice di un vino in via di maturazione in cui, per cause varie, sia avvenuta una sedimentazione eccessiva, tale da impoverirlo in alcuni componenti, lasciando una sensazione di squilibrio e di vuoto.

Spumanti - Vini sottoposti ad una particolare rifermentazione in grandi recipienti (metodo Charmat) o direttamente in bottiglia (metodo classico o Champenois) in modo che assumano la «presa di spuma» dovuta allo sviluppo dell'anidride carbonica in misura non inferiore alle cinque atmosfere, per legge. Sono di solito bianchi, più raramente rosati o rossi, con sapore amabile, mezzo secco o totalmente secco (demi-sec, brut, extra brut).

Spumeggiante - Si attribuisce a vini contenenti una certa percentuale di zucchero residuo che rifermenta naturalmente in bottiglia conferendo il tipico frizzante. A volte lasciano un leggero sedimento.

Spunto - Vedi «Acescenza ».

Stabile - Si dice di un vino ben strutturato e di sicura conservabilità, indipendentemente da considerazioni qualitative.

Stoffa - Designa l'insieme dei componenti, la personalità e il carattere del vino. Può essere distinta, consistente, elegante, oppure tenue, ruvida eccetera.

Tannico - Vino molto ricco di tannini, sostanze organiche complesse presenti nella buccia, nel graspo e nei semi dell'uva. Si trovano soprattutto nei vini giovani rossi e sono destinati a combinarsi formando sostanze insolubili che precipitano. Dal tannino, durante l'invecchiamento, vengono generati i profumi.

Tappo (gusto di) - Il "gusto di tappo" viene conferito al vino dal sughero non stagionato o attaccato dalle muffe ed è molto sgradevole. Se si tratta di un sentore leggero, può scomparire quasi totalmente lasciando la bottiglia aperta per qualche minuto.

Tenue - Vedi «Sfumato». 

Terroso - Si attribuisce a vini nati da uve poste su terreni di particolare composizione che conferiscono loro un sapore sgradevole e marcato, specifico della zona di provenienza.

Torbido - Si dice di un vino la cui limpidezza sia alterata in maniera molto notevole da materie in sospensione destinate a decantare successivamente (alla svinatura). Può anche dipendere da malattie causate da microrganismi che portano alla distruzione del prodotto.

Vecchio - Vino che ha raggiunto o superato lo stadio della «maturazione», assumendo caratteri ben affermati di colore, profumo e sapore. L'accezione del termine è molto relativa perché varia secondo i vini cui viene applicato: in genere si intende un periodo di tempo compreso fra i 5 e i 15 anni.

Velato - Si dice di un vino la cui limpidezza è alterata da piccole particelle in sospensione. E' tipico nei vini giovani negli stadi successivi alla fermentazione principale: scompare per sedimentazione dopo un certo tempo. In qualche caso può essere dovuto a malattie.

Vellutato - Si attribuisce a carezzevoli impressioni gustative che richiamano quelle tattili del velluto. Si tratta sempre di vini invecchiati di buona armonia, con acidità totale moderata e ricchi di glicerina.

Vena - Leggero sentore amabile che si avverte in vini bianchi o rossi contenenti residui zuccherini indecomposti. A volte devia dal sapore principale.

Verde - Vino ottenuto da uve non perfettamente mature che gli hanno trasmesso torme acide anomale. Se l'acidità non è troppo elevata, l'equilibrio può anche essere raggiunto successivamente ed il vino assumerà un durevole tono di freschezza.

Vigoroso - Vedi «Consistente » e «Generoso ».

Vinoso - Si dice di un vino giovane dotato di buona struttura, equilibrio e gradazione alcolica, con carattere ben affermato nelle impressioni olfattive e gustative.

Vivace - Vedi "Fresco"

Vuoto - Ha un significato analogo a quello di «debole», ma in senso peggiorativo.

(Fine del Lessico - Continua con L'uva e il vino - parte prima)

Corso di Recupero per Astemi #19

Lessico (Parte settima)

Salmastro - Vino in cui si ravvisa il sapore del sale da cucina, il che accade in certi vini ottenuti da uve coltivate in terreni salati di bonifica e presso il mare. In alcuni casi il vino è anche «resinato» (prende la resina) quando rimane per un certo tempo in fusti di abete, di larice o di altre piante resinose.

Sapido - Gradevole sensazione gustativa che si rileva in vini di buona razza, nati su terreni particolarmente ricchi di sali minerali. Si impiega anche il termine «salato».

Sapore - Designa le quattro sensazioni fondamentali (acido, amaro, salato, dolce), e il loro insieme, derivate dallo stimolo dei recettori gustativi della lingua e dovute alle proprietà dei corpi che inducono questo stimolo.

Sbattuto - Si dice di un vino, sia sfuso che in bottiglia, che abbia subito un "trauma" dovuto al trasporto o a particolari pratiche di cantina, come travasi o pompaggi. E uno stato transitorio, più o meno lungo, al termine del quale il vino ritrova il suo equilibrio.

Sbollito - Sensazione di fiacchezza che si rileva in un vino che non ha seguito un processo d'invecchiamento favorevole e che ha perso nerbo e personalità.

«Scappa in bocca» - Vino che può dare sensazioni anche gradevoli ma troppo sfuggenti, così da riuscire deludente.

Scarno - Qualifica un vino di scarsa gradazione alcolica, relativamente corretto, ma con sapore e odore insufficienti.

Schiuma - Si forma alla sommità di un recipiente versando il vino. Può essere fuggevole, in vini nervosi, o persistente, in vini grassi o colpiti da malattie. Dal suo colore si possono anche giudicare la salute e l'età del vino.

Scolorito - Vino che rivela macroscopicamente una decolorazione netta rispetto al suo standard ordinario. E normale nei vini rossi invecchiati per la naturale precipitazione delle materie coloranti.

Scorrevole - Designa semplicemente un vino fresco e leggero che scivola facilmente e gradevolmente in gola.

Secco - Si dice di un vino in cui lo zucchero si sia trasformato completamente in alcoli primari nel corso della fermentazione, o sia presente in minime tracce non avvertibili alla degustazione. Se questo vino é ricco di glicerina, può apparire morbido anche se non ha zucchero residuo.

Sedimento - Naturale deposito di sostanze insolubili che si forma a causa della salificazione degli acidi organici presenti nel vino (particolarmente acido tartarico) e della precipitazione delle materie coloranti combinate. Si separa mediante travaso.

Selvatico - Sensazione olfattiva o gustativa, anche molto marcata, tipica dei vini derivanti da vitigni ibridi produttori diretti. Può provenire anche da particolari malattie, come si rileva negli champagnes molto invecchiati.

Sfumato - Si dice di un vino che non dia sensazioni nette e precise, ma solo accennate e sfuggenti, nel colore, nell'odore e nel sapore.

Smaccato - Designa, in senso negativo, un odore o un sapore che si rivelano pesantemente ai nostri sensi. Si riferisce, in particolare, a sapori dolci o fruttati piuttosto ordinari e sgradevolmente persistenti.

(Continua con Lessico Parte Ottava)

Corso di Recupero per Astemi #18

Lessico (Parte sesta)

Neutro - E' un vino correttamente impostato che non ha particolare «marca» derivante dai vitigno di provenienza o dal terreno. Ha sempre acidità totale piuttosto modesta.

Odore - Sensazione percepita dall'organo dell'olfatto nell'aspirare composti volatili. Può designare sia i composti volatili in se stessi sia la qualità delle sensazioni particolari che essi provocano.

Oleoso - E' un vino malato attaccato da particolari batteri anaerobici che ne alterano la struttura rendendolo filante: versandolo non produce rumore. E' tipico di vini bianchi già imbottigliati poveri di alcol e di tannino: diventano opalescenti e insipidi.

Opalescenza - Alterazione del colore e della limpidezza dovuta a cause varie e non sempre ben identificabili, principalmente ad eccesso di sostanze azotate in sospensione o per rapide escursioni termiche.

Ossidazione - Malattia del vino, dovuta a prolungato contatto con l'ossigeno dell'aria, che attacca soprattutto i vini bianchi, alterandone il colore e il sapore.

Passante - Caratteristica di vini leggeri con tenore alcolico e struttura modesti, tali da potersi bere con facilità.

Perlage - In italiano "fontanella". Bollicine di gas carbonico tipiche dei vini spumanti, che si liberano partendo dalle depressioni del vetro del bicchiere — in genere dal fondo — per salire continuamente verso la superficie, espandendosi.

Persistenza - Tempo durante il quale persiste — apparentemente in bocca — una sensazione di aroma dopo che il prodotto degustato è stato espulso dalla bocca, ed è dovuta in prevalenza non ai costituenti volatili del vino, ma a quelli estrattivi.
Si distingue dal retrogusto per il fatto che le sensazioni aromatiche che comporta sono identiche o molto vicine a quelle che erano state percepite mentre il vino era ancora nella cavità orale.

Personalità - Vedi "Carattere".

Pieno - Si applica ad un vino di buon tenore alcolico; corposo ed equilibrato.

Profumo - Insieme delle sensazioni olfattive di un vino. Risulta dalla combinazione dell'aroma dovuto al vitigno e dal profumo vero e proprio, dovuto sia all'attività dei lieviti (fermenti) sia alla progressiva ossidazione che avviene nel corso dell'invecchiamento.

"Pronta beva" - Espressione del vernacolo toscano per designare quei vini che giungono molto presto a maturazione e che quindi vanno bevuti giovani.

Retrogusto - Sensazione gustativa e olfattiva che appare permanendo anche a lungo dopo che il vino è stato espulso dalla bocca a seguito della degustazione. In genere, ha senso positivo e differisce dalle sensazioni percepite inizialmente in bocca.

Retronasale - Designa le sensazioni olfattive i cui stimoli vengono condotti sulle mucose olfattive mediante l'espirazione, partendo dal vino messo in bocca per la degustazione.

Robusto - Vedi "Consistente".

Rotondo - Vino cui la glicerina (alcol superiore), gli zuccheri residui e la moderata acidità totale danno piacevole morbidezza.

Ruvido - Vedi "Angoloso" e "Aspro".

(Continua con Lessico Parte Settima)