Accanto ai conventi funzionava quasi sempre un centro vitivinicolo, per cui i legami tra il vino e la religione diventavano sempre più stretti; così pure i feudatari facevano a gara nel coltivare vigneti sempre più belli intorno alle mura dei castelli.
I vini più famosi del Medioevo erano, in Italia, la Vernaza bresciana, il Ribolla, il Terrano e la Malvasia istriana; la Liguria vantava il vino delle Cinque Terre; la Toscana il Trebbiano, la Malvasia, il Sangioveto, il Vermiglio, l'Aleatico, i vini di Montepulciano e la Vernaccia di San Gimignano; ricercata la Vernaccia delle Marche; per il Lazio primeggiavano il Greco, la Romeca, la Guernaccia. Grandemente apprezzati i vari Moscati e la Malvasia di Lipari. Il Piemonte non aveva ancora la fama vinicola raggiunta nell'Ottocento e incrementata sempre più nel secolo attuale. Si espresse più tardi quando venne capita l'importanza del celebre vitigno Nebbiolo il quale dà origine a numerosi prodotti locali, secondo i territori dove viene coltivato, e va da Barolo a Barbaresco a Gattinara, salendo fino in Valtellina. Intanto, storie e leggende, proverbi e canzoni continuavano a fiorire sul vino. Naturalmente la leggenda più diffusa è quella di Bacco che, tra l'altro, sarebbe nato due volte. II suo legame con il mondo del vino sarebbe nato dal fatto che egli, mentre si riposava presso un albero, lo vide tanto bello da volerlo portare con sé. Dopo vari magici espedienti, non farlo seccare, lo piantò a Nisa e si accorse, sua grande meraviglia, che erano cresciuti grappoli meravigliosi che, spremuti, davano agli uomini una bevanda degna di sua madre Sèmele (in greco significa "strepito"), quindi strepitosa. Va detto anche che alla comparsa del vino le altre bevande, tipo idromele, furono del tutto trascurate. Il coro delle Baccanti di Euripide afferma che il vino è il nettare che rallegra la tavola degli dei, ne aumenta la felicità, il sonno e l'oblio dei mali.
Tornando alla storia del vino, che per necessita di spazio sono costretto a riassumere per ciò che riguarda i periodi di transizione, si può dire che nel corso del Rinascimento la carta viticola europea e i sistemi di vinificazione non hanno subito apprezzabili spostamenti. I più sensibili e vasti mutamenti si ebbero con l'espansione del colonialismo. Con i pionieri la viticoltura arrivò in California, nell'America Centrale e nel Sudamerica. La Francia portò, insieme con l'Italia, le viti in alcuni Paesi dell'Africa settentrionale, come l'Algeria e la Tunisia, mentre la Spagna si occupò del Marocco. La comparsa dei flagelli venuti da oltre oceano, cioè l'oidio, la fillossera e la peronospora, oltre ad avere l'effetto delle grandi pestilenze perché distrussero un'incalcolabile quantità di vigneti, causarono anche una vera e propria rivoluzione nella coltura della vite, che da statica divenne dinamica e da empirica si trasformò in scientifica.
I vini più famosi del Medioevo erano, in Italia, la Vernaza bresciana, il Ribolla, il Terrano e la Malvasia istriana; la Liguria vantava il vino delle Cinque Terre; la Toscana il Trebbiano, la Malvasia, il Sangioveto, il Vermiglio, l'Aleatico, i vini di Montepulciano e la Vernaccia di San Gimignano; ricercata la Vernaccia delle Marche; per il Lazio primeggiavano il Greco, la Romeca, la Guernaccia. Grandemente apprezzati i vari Moscati e la Malvasia di Lipari. Il Piemonte non aveva ancora la fama vinicola raggiunta nell'Ottocento e incrementata sempre più nel secolo attuale. Si espresse più tardi quando venne capita l'importanza del celebre vitigno Nebbiolo il quale dà origine a numerosi prodotti locali, secondo i territori dove viene coltivato, e va da Barolo a Barbaresco a Gattinara, salendo fino in Valtellina. Intanto, storie e leggende, proverbi e canzoni continuavano a fiorire sul vino. Naturalmente la leggenda più diffusa è quella di Bacco che, tra l'altro, sarebbe nato due volte. II suo legame con il mondo del vino sarebbe nato dal fatto che egli, mentre si riposava presso un albero, lo vide tanto bello da volerlo portare con sé. Dopo vari magici espedienti, non farlo seccare, lo piantò a Nisa e si accorse, sua grande meraviglia, che erano cresciuti grappoli meravigliosi che, spremuti, davano agli uomini una bevanda degna di sua madre Sèmele (in greco significa "strepito"), quindi strepitosa. Va detto anche che alla comparsa del vino le altre bevande, tipo idromele, furono del tutto trascurate. Il coro delle Baccanti di Euripide afferma che il vino è il nettare che rallegra la tavola degli dei, ne aumenta la felicità, il sonno e l'oblio dei mali.
Tornando alla storia del vino, che per necessita di spazio sono costretto a riassumere per ciò che riguarda i periodi di transizione, si può dire che nel corso del Rinascimento la carta viticola europea e i sistemi di vinificazione non hanno subito apprezzabili spostamenti. I più sensibili e vasti mutamenti si ebbero con l'espansione del colonialismo. Con i pionieri la viticoltura arrivò in California, nell'America Centrale e nel Sudamerica. La Francia portò, insieme con l'Italia, le viti in alcuni Paesi dell'Africa settentrionale, come l'Algeria e la Tunisia, mentre la Spagna si occupò del Marocco. La comparsa dei flagelli venuti da oltre oceano, cioè l'oidio, la fillossera e la peronospora, oltre ad avere l'effetto delle grandi pestilenze perché distrussero un'incalcolabile quantità di vigneti, causarono anche una vera e propria rivoluzione nella coltura della vite, che da statica divenne dinamica e da empirica si trasformò in scientifica.
(Continua con Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo (Parte Terza e ultima)
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