Il vino 100 domande e 100 risposte #25
Conviene diraspare?
Contrariamente a quanto è avvenuto fino agli anni Cinquanta, oggi si tende a separare i graspi dal mosto in fermentazione. I graspi comunicano una maggior astringenza, che era molto gradita ai consumatori di allora ma non lo è più a quelli di oggi. Inoltre i graspi trattengono in parte il colore; anni fa questo fatto non rappresentava però un problema, poiché il prolungato contatto del mosto con le proprie bucce comportava una notevole estrazione dei pigmenti colorati, per cui una certa diminuzione di colore dovuta all'assorbimento sui graspi non costituiva uno svantaggio. Peraltro si è visto che, in determinati casi, l'intensità colorante è più elevata nei vini ottenuti da vinificazione con graspi, poiché si verifica un'interazione tra antociani e tannini dei graspi stessi.
Nel caso di uva ammuffita, gli enzimi (laccasi) rilasciati dalla muffa grigia (Botrytis cinerea) preferiscono attaccare e ossidare i polifenoli del graspo anziché i polifenoli coloranti, per cui il vino resta protetto in parte da un'alterazione nota come intorbidamento enzimatico (o casse ossidasica). Inoltre, se non viene effettuata la diraspatura, il vino risulta più tannico e perciò più resistente all'invecchiamento e agli attacchi batterici.
Certo è difficile conciliare la presenza di graspi con l'ottenimento di un prodotto di alta qualità: occorre una perfezionata tecnica di vinificazione, affinamento e conservazione.
Comunque nel caso del vino bianco si preferisce non diraspare in fase di pigiatura, in modo che la presenza dei graspi faciliti il successivo sgrondo; sia ben chiaro che la fermentazione si effettua successivamente senza graspi.
In presenza dei graspi la fermentazione alcolica è più attiva, essendo essi ricchi di lieviti.
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