Corso di Recupero per Astemi #34

I vitigni fondamentali #5/17

Forastera
Questo vitigno è stato introdotto con successo nell'isola d'Ischia verso la metà del secolo scorso. Il grappolo è di grandezza media, cilindrico o piramidale, qualche volta alato. La buccia dell'acino presenta colore paglierino con riflessi verdognoli.
L'uva Forastera concorre in misura del 65 per cento alla composizione dell'Ischia bianco; la percentuale scende al 50 per cento nell'Ischia bianco superiore.

Freisa
Questo vitigno è diffuso in alcune zone del Piemonte, tra Torino, Asti e Casale Monferrato, chiamato anche Spannina, Monferrina, Freisa di Chieri. II grappolo è di grandezza media, quasi cilindrico, poco alato. L'acino è molto scuro, quasi bluastro.
Particolare importanza sono tornati ad assumere i vini Freisa d'Asti e Freisa di Chieri che sono stati riconosciuti come vini Doc. Sono prodotti nei tipi secco, amabile e frizzante spumante naturale.

Gaglioppo
Si coltiva principalmente in Calabria, per lo più nel Catanzarese, la zona di produzione del vino Cirò, dove predomina su tutti gli altri vitigni. Si può trovare il Gaglioppo anche nelle Marche, Umbria e Abruzzi. Il grappolo è grande, allungato; l'acino a buccia pruinosa, con riflessi rossastri su fondo nero.

Garganega
Questo vitigno costituisce la base per la produzione di Soave, Gambellara, Bianco di Custoza e Colli Berici. Il grappolo è grande e lungo, facilmente riconoscibile; l'acino di formato medio, la buccia sottile e pruinosa; la polpa è sciolta, dal succo saporito.

Girò
È un tipico vitigno della Sardegna, chiamato anche Girone di Spagna per la sua origine, mentre in provincia di Sassari è chiamato Girone comune. Ha un grappolo piuttosto massiccio e pesante, acino nero violaceo, polpa di sapore zuccherino.
Dalle uve di questo vitigno si ricava il vino Girò di Cagliari nei tipi dolce naturale, secco, liquoroso secco e liquoroso dry.
Si tratta di un vino prevalentemente da dessert, dal colore rosso rubino tenue.

Grechetto
Diffuso prevalentemente in Umbria e in altre zone dell'Italia centro-meridionale, viene anche chiamato Grechetto nostrale, Greco spoletino, Greco bianco di Perugia, Stropoa Volpe e Pulce. Ha infatti un grappolo piuttosto piccolo e acino ovale giallo chiaro. Il Grechetto entra nella produzione di vini assai noti, come l'Orvieto (circa un 10 per cento di media) e il Torgiano bianco (15-35 per cento).

(Continua con: I vitigni fondamentali #6/17)

Corso di Recupero per Astemi #33

I vitigni fondamentali #4/17

Colorino
Tipico della Toscana, ha il grappolo a una o due ali, acino piccolo color violaceo e polpa succosa. Il Colorino è il vitigno complementare maggiormente raccomandato per la produzione del Chianti (entra per un massimo del 5 per cento).
L'uva Colorino viene messa ad appassire su graticci di canne e unita in un secondo tempo al vino già fermentato, dopo essere stata a sua volta fatta fermentare a parte.

Cortese
Questo vitigno è tipico dell'Alto Monferrato (Alessandria), nonché di alcune zone delle province di Asti, Cuneo e dell'Oltrepò Pavese. Il grappolo, di magnifico aspetto, ha l'acino di colore giallo dorato. La buccia è di media consistenza, il sapore della polpa piuttosto neutro.
Dall'uva di questo vitigno derivano il Cortese di Gavi e il Cortese dell'Oltrepò.
Un tipo simile è il Bianco di Castel Tagliolo.

Corvina veronese
Quest'uva nera è molto diffusa nelle plaghe viticole del Veronese. Ha grappolo di media grandezza, piuttosto compatto, acino blu-violetto, polpa sciolta di sapore dolce.
Il vitigno della Corvina veronese concorre in gran parte all'uvaggio per la produzione del Bardolino (fino al 65 per cento). Lo stesso dicasi per il Valpolicella e il Recioto della Valpolicella.

Croatina
Vitigno caratteristico dell'Oltrepò Pavese, dove prende anche il nome di Bonarda, Crosta o Crovattina. Presenta un grappolo di formato notevole, conico, con le ali. La polpa è succosa con sapore non troppo accentuato.
L'uva matura ai primi di ottobre ed offre produzione di solito abbondante.
La Croatina entra nell'uvaggio del Rosso dell'Oltrepò Pavese.

Dolcetto
L'origine del suo nome non ha probabilmente nulla a che fare con il dolce, ma deriverebbe da dosset, che significa dosso collinare. Si caratterizza per il suo grappolo di formato medio, piuttosto allungato, non molto compatto. L'acino ha un colore nero bluastro, con buccia sottile e polpa succosa.
Dalle sue uve vengono i vari Dolcetto: d'Acqui, di Ovada, d'Alba, di Diano d'Alba, delle Langhe Monregalesi, d'Asti, di Dogliani.

Erbaluce
Coltivato in Piemonte, in provincia di Torino e di Vercelli, nella zona dove si produce il vino Erbaluce di Caluso.
Il grappolo, di colore giallo ambrato carico, è di media grandezza, allungato, non troppo compatto. La buccia è sottile, mentre il sapore della polpa è piuttosto neutro.

(Continua con: I vitigni fondamentali #5/17)

Corso di Recupero per Astemi #32

I vitigni fondamentali #3/17

Cabernet Sauvignon
Imparentato strettamente con il Franc, si distingue per l'acino più piccolo e per una minore produttività. La buccia dell'acino è molto pruinosa, la polpa carnosa e il sapore leggermente erbaceo. È originario del Médoc, vicino a Bordeaux; sono pochi i produttori italiani che vinificano il Cabernet Sauvignon separatamente. I vitigni Cabernet hanno dato origine ai migliori vini rossi americani, quelli delle coste settentrionali della California.

Canaiolo nero
Concorre in buona misura (dal 10 anche fino al 30 per cento) alla composizione dell'uvaggio da cui si ricava il Chianti, insieme al Sangiovese, al Trebbiano e alla Malvasia del Chianti, più altre uve minori.
Il grappolo è di formato medio, la foglia piuttosto piccola. L'acino è regolare con colore violaceo, polpa carnosa. La produzione è abbondante.

Cannonau
Tipico della Sardegna, la sua uva è detta anche Canonau o Cannonadu, Se ne ricava un vino rosso, anche da dessert, di gradazione alcolica elevata, di colore carico e profumo caratteristico. Il grappolo è turgido e serrato, il colore dell'acino nero-violaceo, la polpa sciolta senza sapore particolare. Quasi simile al Cannonau (l'uva è la stessa) è l'Anghelo Rujo; inoltre l'uva Cannonau concorre alla produzione di altri vini di Sardegna, come l'Oliena e l'Ogliastra.

Catarratto bianco comune
Tipico della Sicilia, diffuso anche in altre regioni al Sud, è pure detto Catarratto bianco latino, C. Bertolaro, C. Carteddaro. Il grappolo ha forma classica, armoniosa, piuttosto conica. Il colore della buccia è giallo dorato, la polpa piuttosto succosa.
Il Catarratto entra per il 40 per cento nella produzione del vino Etna bianco e per 1'80 per cento nell'Alcamo o Bianco d'Alcamo.

Cesanese comune
È il nome di due vitigni per uve nere diffusi in alcune zone del Lazio, da cui derivano i vini Cesanese d'Affile, Cesanese di Olevano Romano e Cesanese del Piglio.
L'uva è detta anche Sanguinella o Nero Ferrigno. Il grappolo è cilindrico-conico, l'acino tende all'ovale con colore azzurrino scuro. I vini che se ne ricavano sono fini da pasto; se invecchiati di almeno un anno accompagnano egregiamente gli arrosti.

Ciliegiolo
Detto anche Ciliegino, fa parte dei vitigni minori della Toscana. Il grappolo è grosso, con forma cilindrica allungata. L'acino ben arrotondato ha colore violaceo e polpa piuttosto succosa.
Il Ciliegiolo entra, ma non sempre, tra i vitigni raccomandati per la produzione del Chianti, fino ad un massimo del 5 per cento, ma gli è preferito il Colorino. Viene impiegato anche per il Rosso delle Colline Lucchesi.

(Continua con: I vitigni fondamentali #4/17)

Corso di Recupero per Astemi #31

I vitigni fondamentali #2/17

Bianco d'Alessano
Tipico delle Murge pugliesi, produce un'uva di colore giallo tendente al verdognolo.
Entra nella composizione di vari vini, tra cui il pregiato Castel del Monte bianco.

Biancolella
Detto anche Jancolella, è caratteristico dei terreni vulcanici dell'isola d'Ischia. ln Corsica viene chiamato Petit Blanche. Il grappolo è allungato, gli acini tendono al verdognolo, La produzione non è molto abbondante, ma il vino è considerato uno dei migliori da pesce da antipasto. È vinificato a sé oppure entra nella composizione dell'Ischia bianco.

Bombino bianco
Molto diffuso nelle Puglie, assomiglia in parte al Trebbiano. Dalle sue uve si ricavano vini adatti per la produzione del vermut. Presenta un grappolo piuttosto grande, di colore dorato, tendente al giallastro. È detto anche Calpolese e Trebbiano di Teramo.

Bombino nero 
Di antichissima origine, ha grappolo grosso e piuttosto compatto, acino a sfera di colore blu. Il Bombino entra nell'uvaggio di alcuni vini rossi pugliesi.

Bonarda piemontese
Già noto nel Settecento sui colli torinesi, ha grappolo piuttosto grande, acino medio rotondo con buccia nero-violacea. L'uva è detta anche Balsamina, Bonarda di Chieri e Bonarda di Gattinara.
In alcuni luoghi dell'Oltrepò (specie a Casteggio) la Bonarda vinificata da sola offre ottimi risultati.

Brachetto
Detto anche Bracchetto, è tipico delle province di Alessandria e Asti. Presenta un grappolo non molto grande, con acino medio, di sapore succoso, aromatico e colore violaceo scuro. I l più noto dei vini che ne derivano è il Brachetto d'Acqui, da dessert, in versione naturale e spumante. Ha un colore rosso rubino tendente al rosato.

Brunello di Montalcino
Di origine toscana, è coltivato a Montalcino (Siena), ha grappolo di grandezza media, di forma cilindrica, compatto.
L'acino regolare e rotondo è rivestito da una buccia di colore nero violaceo, piuttosto consistente e pruinosa. La produzione non è abbondante, ma costante.
Il Brunello di Montalcino entra nella cerchia dei più prestigiosi vini italiani: è detto anche Sangiovese grosso.

Cabernet Franc
Importato dalla Francia nel secolo scorso dal conte Manfredo di Sambuy, viene chiamato non solo «franc» (francese) ma anche Gros Cabernet, Grosse Vidure e Cabonet.
Presenta un grappolo a piramide, alato, e acino di colore blu-nero, a polpa dolce e carnosa. È ambientato molto bene in alcune zone del Friuli e del Trentino-Alto Adige, ma lo ritroviamo anche nel Veneto.
Spesso le uve vengono mescolate con il Cabernet Sauvignon.

(Continua con: I vitigni fondamentali #3/17)

Corso di Recupero per Astemi #30

I vitigni fondamentali #1/17

Vitigno è la varietà di vite coltivata: questa definizione individua la stirpe delle uve, la loro più o meno lontana provenienza.
Esistono vitigni comuni e vitigni nobili, capaci di trasmettere al vino le caratteristiche originarie per un periodo di tempo che facilmente varca i secoli.
Trapiantati da una terra all'altra, i vitigni possono mutare le loro caratteristiche, anche se non di molto in quanto portano sempre appresso i caratteri fondamentali della loro origine. Ci sembra opportuno dare al lettore una panoramica dei principali vitigni esistenti, conoscenza utile per la successiva individuazione dei vini. Ricordiamo che la composizione del grappolo varia, col variare del vitigno, in lunghezza e peso, così come variano i graspi, la buccia e i vinaccioli. Variano, naturalmente, anche le sostanze contenute nelle varie parti e la loro funzione al momento della vinificazione.

Aglianico
Antichissimo vitigno diffuso in Campania e in Basilicata, chiamato anche Gesualdo, Ellenico, Uva nera. Presenta un grappolo di compattezza media e acino regolare di colore blu. Dall'Aglianico deriva il vino omonimo, un rosso tipico dell'Italia meridionale. Con termine vezzeggiativo, specie nei Campi Flegrei, questo vino è detto anche Aglianichello

Albana
Tipico della fascia romagnola, in provincia di Ravenna, Forlì e Bologna (in parte).
Presenta un grappolo di colore dorato e di forma allungata.

Aleatico
Diffuso in varie regioni, specie in Puglia, è originario della Toscana.
Presenta un grappolo medio come formato, acino rotondo di colore blu scuro; sapore caratteristico di moscato dolce. Vitigno molto resistente alle avversità atmosferiche, di produzione costante. Dà origine ad alcuni fra i migliori vini liquorosi italiani, tra i quali l'Aleatico dell'Elba (Portoferraio) e l'Aleatico di Gradoli (Viterbo).

Ansonica
Presenta un grappolo dal colore dorato, con formato piuttosto grosso. Sicuramente di origine preromana, di probabile provenienza siciliana, con parecchi sinonimi, come Inzolia, Zolia bianca, Ansolica, dà origine ai vini bianchi prodotti in Toscana, nel Grossetano.

Barbera
Uno fra i vitigni più noti in Italia, molto diffuso in Piemonte.
Presenta generalmente un grappolo piramidale di colore blu intenso, con buccia pruinosa, dalle sfumature grigie. Le principali suddivisioni dell'uva Barbera sono: Barbera grossa, Barbera fine, Barbera dolce. Ne esce un vino da pasto superiore dal colore rosso scuro e dall'accentuato odore vinoso, con sapore asciutto e austero.

(Continua con: I vitigni fondamentali #2/17)

Corso di Recupero per Astemi #29

L'uva e il vino (Parte nona e ultima): Malattie del vino

I progressi tecnologici compiuti in ogni campo, e naturalmente anche nell'enologia, escludono praticamente la presenza sul mercato di vini malati, come invece accadeva un tempo, quando il vino era commerciato sfuso, in damigiane e bottiglioni, non sempre ben tappati. Vale comunque la pena di conoscere malattie e difetti principali dei vini onde premunirsi in certi casi, per fortuna non frequenti. Quando si manifestano, le alterazioni sono per lo più di origine microbica, poiché taluni microrganismi trovano condizioni favorevoli per il loro sviluppo. 

«Fioretta» - E una delle malattie più comuni, causata dalla trasformazione dell'alcol etilico. Il vino colpito presenta sulla superficie un velo biancastro molto fragile, che poi assume un colore grigiastro che tende a salire lungo le pareti del recipiente, sia esso botte, fiasco o bottiglia. A livello familiare può capitare quando si infiasca in proprio e appare questo strato sul collo della damigiana, o si notano puntini biancastri affioranti sulla superficie. Non è un difetto grave, si può eliminare con filtrazioni. In gergo tecnico per far scomparire la fioretta si procede ad una scolmatura.

Acescenza o spunto - L'alterazione può essere più o meno grave e in questo caso il vino sa decisamente di aceto, per cui bisogna evitare di berlo: lo stesso palato mette in allarme il consumatore. Lo «spunto corrisponde alla fase iniziale, in uno stadio più avanzato si determina l'acescenza cioè si sviluppa quel Mycoderma aceti che fu già isolato dal grande Pasteur. Il difetto è praticamente ineliminabile. Si verifica, in genere, quando i vini sono di gradazione alcolica troppo bassa e mancano di stabilità. 

Agrodolce o fermentazione mannitica - Si sviluppa in certi casi nei vini giovani, specie in quelli di tipo amabile, con basso valore di acidità: il vino presenta delle particelle in sospensione e tende ad intorbidarsi. 
Presenta inoltre un sapore dolciastro, come un frutto che abbia superato i limiti di maturazione, con aggiunta di una punta fastidiosamente acida. Il fenomeno è provocato da microbi che trasformano gli zuccheri del vino in mannite. I vini scrupolosamente lavorati non presentano mai questo inconveniente; in fase di produzione il difetto viene eliminato con aggiunta di anidride solforosa. Tale ag-giunta va calibrata scrupolosamente; altrimenti quando il consumatore beve il vino può andare incontro a cefalee. 

II girato è una malattia che si sviluppa di solito nei mesi estivi, con il gran caldo, e l'insorgere del fenomeno è caratterizzato dallo sviluppo di bollicine di anidride carbonica. Il vino si intorbida e si scolora e prende un odore poco gradevole, come se fosse invecchiato precocemente. L'inconveniente é fra i più gravi: se affrontato dal produttore di vino all'inizio, può essere rimediato con la pastorizzazione del vino e con una filtrazione molto accurata; se si verifica nella cantina del privato, il vino è da buttare. 

II filante o grassume si verifica particolarmente a carico dei vini dolci che diventano, in questa circostanza, torbidi ed oleosi.

L' amaro è una malattia che colpisce i vini rossi nella fase di invecchiamento. Si verificano i seguenti sintomi: intorbidazione, attenuazione del colore, sapore decisamente amaro. I produttori curano questi inconvenienti con carboni vegetali attivi. 
I carboni — diciamolo per inciso — sono permessi dalla legge. Riescono quasi sempre ad eliminare gli odori estranei. 
Gli oli enologici (meglio dell'olio d'oliva che si usava un tempo) sono parimenti utili per proteggere la superficie del vino dal contatto con l'aria in botti, damigiane e fiaschi. Va precisato che sia i carboni sia gli oli sono insolubili nel vino e quindi non possono produrre alterazioni di sorta, né del gusto, né dell'aroma. Questo discorso vale per tutti gli altri additivi e coadiuvanti, tipo colle, gelatine o minerali silicei, tutti prodotti pure innocui e insolubili. Se ben impiegati, giovano al vino e ne perfezionano le caratteristiche.

(Fine de: L'uva e il vino - Continua con I vitigni fondamentali #1/8)

Corso di Recupero per Astemi #28

L'uva e il vino (Parte ottava): I componenti del vino #2/2

Sostanze coloranti - Possono essere più o me-' no presenti nel vino non solo in dipendenza di ciò che è contenuto nella buccia dell'uva, ma anche del sistema di vinificazione. 
Le uve bianche sono colorate dai flavoni che conferiscono ai vini quel colore giallo più meno accentuato. Nelle uve nere o rosse oltre ai flavoni sono presenti gli antociani, sostanze di colore che variano tra il rosso, il violaceo e l'azzurro. Tra queste sostanze si distingue l'enina, che si trova nella buccia dell'acino. 
Dalla quantità dei pigmenti presenti nell'uva e nel vino deriva l'intensità colorante degli stessi e la gamma di tonalità dei vini bianchi e rossi. In taluni vini bianchi, la clorofilla dona tonalità verdoline. 
Molto vicine alle sostanze coloranti sono le tanniche, il cui principale componente é il tannino; la sua presenza, a seconda della quantità, fa giudicare il vino aspro, astringente, allappante e ruvido. Le bucce contengono parecchio tannino, in proporzione da l a 5 in confronto alle bianche. Poiché questo composto sarebbe un calmante del sistema nervoso, si dice che i vini rossi sono più adatti dei bianchi per le persone che hanno un sistema nervoso scosso. 

Composti organici - Nel vino sono contenuti parecchi composti organici di natura complessa, che influenzano i caratteri organolettici accrescendone il valore nutritivo: sostanze azotate, mucillagginose, gommose e pectiche. Queste ultime sono degli idrati di carbonio che si trovano nel mosto allo stato colloidale e vengono anche chiamati colloidi protettori, in quanto ostacolano altre precipitazioni nocive. I protidi o sostanze azotate si trovano nel mosto in quantità minime, tuttavia la loro presenza é necessaria in quanto sono gli alimenti perì lieviti della fermentazione alcolica. Queste sostanze allo stato colloidale contribuiscono poi, in seguito a fermentazioni secondarie, a conferire il caratteristico bouquet al vino. 
Costante è la presenza dei gas: di essi l'anidride carbonica è uno dei più importanti fra quelli che si sviluppano durante la fermentazione alcolica. Ogni successiva rifermentazione, possibile nei vini aventi dello zucchero residuo, porta alla creazione di nuova anidride carbonica; lo stesso avviene nel corso della fermentazione malolattica. 
L'ossigeno è indispensabile per la moltiplicazione dei lieviti nella prima fase della fermentazione alcolica ed è necessario all'affinamento dei vini pregiati. 
E' con questo mezzo che avviene la conservazione per lunghi anni nei recipienti di legno. Un gas che si manifesta sovente nei vini e che può conferire un cattivo odore di uova fradice è l'idrogeno solforato. II difetto viene elimina to mediante l'aerazione. E' infine presente l'azoto, che però resta inerte e non avvertibile alla degustazione.
I processi enzimatici, quali l'invertasi, entrano nei processi di scomposizione del saccarosio in glucosio e fruttosio. Infine, parte delle vitamine contenute nell'uva si ritrovano nel vino. La vitamina C ha tra l'altro un effetto antiossidante. Siccome le vitamine sono sensibili ai troppo bruschi sbalzi di temperatura, quando i mette in opera la pastorizzazione del vino i solito eseguita per rendere più stabili vini i consumo corrente restano distrutte. 

Analisi chimica 

Ha lo scopo di determinare la quantità dei vari componenti del vino. Ciò può dare utili indicazioni, sia per giudicare il suo stato di evoluzione che per stabilire i trattamenti e le cure eventuali cui sottoporlo. Le analisi compiute di solito (a parte altre indagini più complesse) riguardano la determinazione dell'alcol, degli acidi fissi e volatili, degli zuccheri e infine delle sostanze estrattive.
La determinazione dell'alcol si effettua per mezzo di apparecchi chiamati ebulliometri. 
L'acidità totale viene espressa in acido tartarico (tot grammi per litro) anche se a determinarla concorrono gli innumerevoli acidi presenti nel vino, sia in forma libera sia salificati. Servendosi della stessa reazione chimica svolta per determinare l'acidità totale, con gli esami di laboratorio si può stabilire il quantitativo di acidi volatili, che vengono separati l dagli acidi fissi mediante un flusso di vapore acqueo. Sempre attraverso l'analisi chimica si può determinare la quantità di zuccheri, ancora espressa in grammi per litro. 
Per estratto secco si intende l'insieme di quelle sostanze non volatili che restano dopo che il vino è stato fatto evaporare. Esso comprende quindi gli acidi fissi, le sostanze minerali assorbite dalla vite attraverso il terreno, quali gli acidi inorganici salificati con potassio, magnesio, calcio e sodio; la glicerina, gli zuccheri, gli amidi, le pectine, le gomme, mucillaggini, sostanze azotate e coloranti.
Questo complesso che costituisce il «corpo del vino» varia da un minimo di 15 a un massimo di 30 grammi per litro, eccezion fatta per lo zucchero. Sono due i sistemi di determinazione: diretto e indiretto. Il primo mediante evaporazione e pesatura dei residui, il secondo tramite un rapporto tra la densità del vino e quella del suo distillato alcolico. 

Grado alcolico 

Il tenore di alcol svolto nei vini asciutti (completamente fermentati) e il tenore dell'alcol complessivo nei vini amabili servono come base nelle contrattazioni per stabilire il prezzo, in quanto si suppone che ad alte percentuali alcoliche corrispondano vini più sani e più buoni. La gradazione legale minima per i vini immessi ai consumo è fissata dalla legge in 10 gradi. Per i vini Doc la gradazione legale è stabilita dal disciplinare di produzione. Per determinare i pregi dei grandi vini, oltre al fattore alcolico, intervengono valori assai più importanti. Per ottenere il prezzo di un ettolitro di vino si moltiplica il prezzo per grado per il numero dei gradi riscontrati nel vino. Esempio: vino da 11 gradi, moltiplicati per lire al grado uguale a lire 44 000 all'ettolitro.

(Continua con L'uva e il vino (Parte nona): Malattie del vino

Corso di Recupero per Astemi #27

L'uva e il vino (Parte settima): I componenti del vino #1/2

Per chi si occupa di vitivinicoltura ed enologia, anche a livello di semplice appassionato, è importante dare almeno uno sguardo alla composizione del vino, per cercare di penetrare i segreti della sua intima struttura. Intanto, poiché il vino deriva dal mosto (che si ricava dall'uva fresca mediante pigiatura, sgrondatura o torchiatura), è evidente che molte sostanze dal mosto passano al vino e qualcuna di esse diminuisce percentualmente mentre altre aumentano. 
Che cos'è il vino? Domanda semplice, ma vediamo cosa dice in proposito la legislazione italiana: Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica totale o parziale dell'uva fresca ammostata con gradazione alcolica di almeno tre quinti della gradazione complessiva. L'enotecnico potrebbe aggiungere che questa bevanda è una soluzione idroalcolica (vale a dire un composto di acqua e alcol) nella quale si trovano disciolti numerosi componenti acidi, salini, organici, aromatici che a tale soluzione conferiscono particolari proprietà organolettiche e sapori variatissimi. 
Sotto l'aspetto più compiutamente chimico, la soluzione idroalcolica é molto complessa ed è formata da numerose specie molecolari, aventi un andamento evolutivo promosso dagli enzimi e portato a compimento dai microrganismi presenti nella sostanza in cui hanno il loro ambiente naturale, che varia a seconda dei rapporti in cui si trovano i suoi componenti e con reazioni diverse a seconda dei trattamenti che il vino ha subito ad opera di coloro che lo producono e lo portano a maturazione. 
Probabilmente non esiste un altro alimento tanto complesso per tutte quelle sostanze che si formano durante la fermentazione alcolica, la fermentazione malolattica, le fermentazioni secondarie e durante il periodo di invecchiamento. 
Nella sua costituzione sono stati ravvisati oltre duecento elementi, ma si parla di un numero ben superiore, anche se non ancora totalmente definito. 
Vediamo di analizzare brevemente la composizione del vino. 

Acqua - Considerazioni scherzose a parte, è la principale componente del vino. Si trova nella stessa quantità presente nel mosto, con una percentuale che varia dal 70 all'85 per cento. 

Alcol etilico - In ordine di importanza viene subito dopo l'acqua ed è presente in quantitativi che variano dal 4,5 al 19 per cento per i vini fortemente alcolici. Esso deriva dalla fermentazione degli zuccheri presenti nel mosto (glucosio e fruttosio) ad opera dei lieviti. La gradazione alcolica può essere "svolta": è l'alcol effettivamente contenuto nel vino. La gradazione potenziale fa riferimento all'alcol che si svilupperà se si farà fermentare lo zucchero indecomposto ancora contenuto nel vino. La gradazione complessiva infine altro non è che la somma di quella svolta e di quella potenziale. 
L'alcol etilico ha grande importanza nel vino perché, oltre al "carattere", conferisce al prodotto un margine di sicurezza contro l'attacco di microbi patogeni che diminuirebbero la sua conservabilità.

Altri alcoli - Sia pure presenti in modesta quantità, hanno la loro importanza in quanto concorrono durante l'invecchiamento alla formazione degli esteri, sostanze che influiscono sullo sviluppo degli aromi. Citiamo —oltre all'alcol metilico — il propilico, il butilico e l'amilico, nonché la glicerina, alcol trivalen-te: questa conferisce al vino morbidezza. 

Acidi - L'insieme degli acidi organici e inorganici costituisce l'acidità, molto importante dal punto di vista della degustazione (viene subito dopo gli alcoli). 
L'acido tartarico é quantitativamente il più importante, poi vengono l'acido malico e l'acido citrico, già presenti. nel mosto. L'acido succinico e il lattico derivano invece dal processo fermentativo. 
Tra gli acidi volatili il più importante é l'acido acetico, che però deve essere moderatamente presente nei vini provenienti da uve sane. L'insieme dell'acido acetico e dell'acido lattico, nonché degli esteri volatili e dell'aldeide, compongono la cosiddetta «acidità volatile», a volatile (perché si separa mediante distillazione) insieme all'acidità fissa (che è l'insieme degli acidi organici contenuti nell'uva) forma l'acidità totale, da cui dipendono la salute, la freschezza e la buona conservazione del vino. 
Secondo la legislazione italiana, i vini per il consumo diretto non debbono avere un contenuto in acidi volatili che superi un decimo della gradazione alcolica.

Minerali - Oltre agli acidi organici, il vino contiene gli anioni degli acidi minerali (come il solforico, il cloridrico, il fosforico, il salicilico e altri) che sono totalmente combinati, ovvero salificati, dai cationi (potassio, calcio, magnesio, sodio, alluminio, ferro, manganese, rame, arsenico), tutti elementi che la vite assorbe dal terreno e che ritroviamo nel vino. Tali componenti possono variare da poche decine di milligrammi a 300 o 400 milligrammi per litro. 

Zuccheri - Nei vini secchi rimangono pochissime tracce di zuccheri dopo la fermentazione alcolica. Comunque essi non mancano mai e contribuiscono a rendere il gusto più o meno morbido. Si parla di vini amabili quando gli zuccheri presenti nel vino sono nell'ordine dall'1 al 3 per cento. Quantità maggiori danno luogo ai vini dolci. I filtrati dolci possono arrivare anche a 70 grammi di zucchero per litro. Oltre al glucosio e fruttosio, sono presenti anche altri zuccheri speciali.

(Continua con L'uva e il vino (Parte ottava): I componenti del vino #2/2)

Corso di Recupero per Astemi #26

L'uva e il vino (Parte sesta): Come si fa il vino #2/2

I classici sistemi di vinificazione 

In bianco - Questo sistema è generalmente usato per i bianchi, per i quali si richiede un leggero colore, gusto liscio, delicato, senza tannicità. Principalmente consiste nella separazione immediata, dopo la pigiatura, delle vinacce dal mosto, il quale comincia a fermentare soltanto dopo tale separazione. 

In rosso
- Questo sistema consiste nel far fermentare il mosto di uve nere a contatto delle vinacce per alcuni giorni, durante i quali una certa percentuale di zucchero subisce la trasformazione in alcol. La durata del contatto dipende dalla qualità dell'uva e dal tipo di vino da produrre, nonché da fattori ambientali.

In rosato - Consiste nella fermentazione in bianco-rosato di mosti ricavati da uve nere. Questo sta a significare che il vino rosato non deriva dal semplice taglio fra vini bianchi e rossi, sistema troppo semplicistico, ma da una scrupolosa e appropriata tecnica di lavorazione di determinate uve. Il «cerasuolo, ad esempio, è un vino con qualità intermedie fra il rosato e il rosso. 

Cure al vino nuovo 

Sono molto importanti e consistono nelle colmature, nei travasi e nei controlli analitici. Come ho già accennato, la presenza di aria sulla superficie del vino è dannosa, per cui va ripristinato il massimo livello con aggiunta di altro vino sicuramente sano e di buona qualità. Talvolta è necessario ricorrere ad uno strato di vaselina pura per preservare il vino dal contatto con l'aria. 

Travasi - Questi passaggi del vino da un recipiente all'altro vanno eseguiti con molta cura. ll primo avviene a fermentazione ultimata: il vino viene «svisato» e posto nelle botti. E' ancora molto torbido, però grazie all'abbassamento della temperatura ambiente (d'inverno) e alla quiete, deposita le sostanze che ha ancora in sospensione e che provengono dalle parti solide dell'uva. 
I vini rossi di buona costituzione, ricchi tannino, diventano presto limpidissimi. Si rende allora necessario il travaso in altre botti da effettuarsi a dicembre; un altro segue a marzo; poi un altro ancora a settembre quando si approssima o è già in corso un'altra vendemmia. 
Per i vini da invecchiamento, negli anni successivi, é sufficiente un solo travaso all'anno. Al termine di queste operazioni di chiarificazione e precipitazione spontanee, il vino risulta più stabile e brillante, a meno che non siano nel frattempo intervenute azioni batteriche nocive. Va tenuto presente che il miglior vino é quello che presenta un minor numero di scorie o di residui superflui. 
Va seguita con attenzione l'evaporazione che si verifica nelle botti, attraverso i pori del legno. Occorre procedere alla colmatura delle botti, almeno una volta alla settimana, con vino sano. Per questa operazione si segue il calo di appositi bicchieri posti sulla sommità della botte, o con altri sistemi, che segnalano i mutamenti avvenuti.

Intorbidamento - Un inconveniente cui quasi tutti i vini vanno più o meno soggetti è l'intorbidamento, causato dall'insolubilità del cremortartaro.
Un rimedio naturale é rappresentato dall'abbassarsi della temperatura, tramite il freddo invernale. 
Ma esistono anche altri sistemi maggiormente tecnici perché gli sbalzi termici troppo bruschi possono danneggiare il vino. 
Una filtrazione accurata si ottiene con il passaggio del vino attraverso strati filtranti, composti con tela, cellulosa, amianto in fibre. Logicamente con i travasi la chiarificazione avviene spontaneamente tramite la forza di gravità. Tuttavia vari agenti esterni possono favorirla, oppure ostacolarla, provocando delle coagulazioni e degli intorbidamenti che formeranno egualmente dei depositi, sempre fastidiosi. I bianchi e i vini provenienti da uve immature presentano maggiori difficoltà. In tal caso si procede alla chiarificazione dei vini con varie sostanze, come il bianco d'uovo e le gelatine.

(Continua con L'uva e il vino (Parte settima): I componenti del vino #1/2)

Corso di Recupero per Astemi #25

L'uva e il vino (Parte quinta): Come si fa il vino #1/2

La prima operazione conseguente alla vendemmia è la pigiatura dell'uva, ossia la riduzione dell'uva in mosto. La pigiatura ha lo scopo di provocare la rottura della buccia e la fuoruscita della polpa dell'acino. Solo alcune piccole aziende di carattere familiare pigiano l'uva con i piedi nudi in vasche rettangolari di legno a un solo fondo o su doppi fondi. Se si pigia su un fondo solo, il mosto va asportato subito affinché non crei ostacoli per l'altra uva. Logicamente, la pigiatura meccanica è considerata il miglior sistema e anche il più economico per una vinificazione razionale. Con i metodi più aggiornati si ottiene subito la separazione del mosto dalle scorie che sono rappresentate dai graspi, dai vinaccioli e dalle bucce, quell'insieme che forma le cosiddette vinacce.
Queste vinacce vengono fatte macerare, per un periodo più o meno lungo, in alcuni tipi di vinificazione unite al mosto nella fase di fermentazione, ma la pratica della separazione delle scorie principali, e cioè i graspi, è ormai entrata nell'uso corrente. 
Le pigiatrici sono macchine dotate di una tramoggia nella quale viene immessa l'uva da pigiare. Dalla tramoggia l'uva passa tra due cilindri scanalati i quali, ruotando in senso opposto tra di loro, eseguono un lavoro di schiacciamento degli acini. Il pigiato cade in un cilindro metallico forato che mediante un sistema rotante riesce ad eliminare i graspi che non andranno a fermentare nei tini. La buccia, i vinaccioli e il mosto liquido cadono in un tino sottostante. 
Senza addentrarci in spiegazioni troppo particolareggiate, diciamo che i sistemi di diraspatura (senza i graspi) e non diraspatura (con i graspi) presentano i loro vantaggi e svantaggi. La presenza dei graspi, ad esempio, é utile per i vini che si vogliono particolarmente tannici, colorati o aromatici, in quanto essi facilitano la solubilizzazione del tannino; ne viene anche accelerata la fermentazione stessa. 

La fermentazione 
Questa complessa operazione per trasformare il mosto in vino si conosceva fino dal tempo degli Assiri, ma furono i Romani a perfezionarla. Fermentazione viene dal latino fervére e significa bollire. Infatti assomiglia molto al sobbollimento di un liquido. Quello ottenuto dalla pigiatura si presenta torbido, denso, appiccicaticcio, di sapore dolce e nello stesso tempo acido. Viene posto a fermentare negli appositi tini, dove viene lasciato per un certo periodo di tempo. Non bisogna abbandonare il mosto in fermentazione in balia di se stesso: si potrebbero ottenere risultati disastrosi. 
Il mosto è composto da una parte liquida e da una parte solida (le bucce e i vinaccioli). Queste parti solide, avendo peso specifico inferiore al liquido, tendono a salire in superficie e quindi a separarsi dal liquido. La loro risalita é facilitata dall'anidride carbonica che rigonfia le parti solide. La vinaccia che risale in superficie e che si separa dal liquido prende il nome di «cappello». A contatto con l'aria il cappello si ossida e non bisogna permettere che questo si verifichi. Ecco perché si dice che la vinificazione, di solito, avviene a «cappello sommerso». Per affondare questo cappello ci si serve di bastoni muniti di pioli che si chiamano "follatori" oppure si dispone sulla parte superiore del tino un graticcio di listelli di legno. Nelle grandi vasche di fermentazione si usa il sistema del cappello emerso perché il recipiente ha un soffitto, quindi non è scoperto.
La fermentazione alcolica viene divisa in due periodi: fermentazione tumultuosa e fermentazione lenta. La prima fa seguito alla pigiatura dell'uva e va fino alla svinatura; la «lenta» prosegue poi fino alla completa trasformazione degli zuccheri in alcol. 
La svinatura è l'operazione che permette di separare le vinacce dal mosto fermentato che si avvia a diventare vino; il prodotto che se ne i ottiene viene chiamato «vino fiore».

(Continua con L'uva e il vino (Parte sesta): Come si fa il vino #2/2)

Corso di Recupero per Astemi #24

L'uva e il vino (Parte quarta): La vendemmia

La conclusione delle fatiche che durano ininterrottamente tutto l'anno si ha con la vendemmia. Questa pittoresca operazione di raccolta dell'uva che ha stimolato tante fantasie descrittive e pittoriche, ma per la quale è difficile reclutare operatori volonterosi e capaci (anche in considerazione del fatto che si conclude in brevi termini), può essere fatta in un arco di tempo che varia tra i mesi di luglio e ottobre, più raramente novembre. In genere si raccolgono prima le uve bianche, per gran parte delle quali viene consigliato ai vignaioli di non oltrepassare il limite di giusta maturazione, caso mai di anticiparlo. 
Le uve nere si vendemmiano quasi sempre nel mese di ottobre. Le prime uve si ottengono di solito nell'Italia meridionale, ma certi Pinot vengono vendemmiati in agosto anche in settentrione. Uve tardive possono essere considerate quelle dei vitigni Sangiovese e Montepulciano delle Marche e degli Abruzzi; con l'Aglianico della Basilicata si va a novembre. Diverse volte si vendemmia in novembre anche nella zona dei Nebbioli piemontesi e dei Barbaresco, in provincia di Cuneo. Può essere considerato un vantaggio cogliere le prime nebbie, a patto che l'umidità non sia troppo elevata e segua subito dopo il sole.
Con la specializzazione e il progressivo abbandono delle colture miste, tipo vite e olivo, la produzione di uva per ettaro é generalmente, aumentata. I disciplinari che regolano la produzione dei vini Doc (denominazione di origine controllata) però stabiliscono delle limitazioni precise. Per il Barbaresco e per il Barolo, ad esempio, sono ammesse produzioni non superiori, in ogni caso, a 80 quintali per ettaro. Per il Chianti 125 quintali per ettaro, per il Chianti Classico 115 quintali, per il Frascati 130 quintali, per l'Ischia bianco o rosso 100 quintali. Alcune rese sono state criticate perché ritenute troppo abbondanti, ma in genere i risultati delle vendemmie sono sempre inferiori al massimo, che si ottiene solo nelle annate estremamente favorevoli. Come abbiamo detto, la conclusione annuale delle lunghe fatiche nella vigna é costituita dalla vendemmia. Valutare il momento di cogliere l'uva non è facile, anche perché possono incombere sfavorevoli e imprevisti eventi meteorologici. Ogni volta sorgono dubbi e paure, il vignaiolo scruta sovente il cielo con molta trepidazione. Talvolta si pente di avere anticipato l'operazione di raccolta.
L'uva va vendemmiata nel momento della sua giusta maturazione fisiologica. L'epoca può essere leggermente spostata a seconda delle condizioni atmosferiche o del tipo di vino che si vuole ottenere. Occorre seguire scrupolosamente la maturazione fino al momento in cui l'acino da verde diventa giallognolo o giallo per le uve bianche e violaceo per le rosse; contemporaneamente l'acino aumenta anche di volume. Si verifica, in questa fase, il fenomeno più importante, la formazione di zuccheri; il «tenore zuccherino» viene misurato con appositi strumenti. 
Per rendersi conto del grado di maturazione è preferibile non affidarsi al metodo empirico dell'assaggio, ma attendere il responso dei mostimetri e refrattometri dei laboratori gestiti dai consorzi o da altri enti. 
La vitivinicoltura moderna non si affida più ai proverbi di stampo contadino, ma agli enotecnici e agli specialisti degli ispettorati agrari. Per i vini bianchi, che necessitano di alta percentuale di acidità, é sempre bene anticipare il raccolto. Specie per le uve Pinot, dalle quali si ricavano gli spumanti, la raccolta anticipata costituisce un fattore determinante. Quando, a causa di piogge persistenti, esiste il timore di uve malsane dalle quali discenderanno vini altrettanto imperfetti, soggetti alla "fioretta" (Mycoderma vini), si raccoglie l'uva anticipatamente per evitare danni maggiori. 
Esistono delle regole per la raccolta dell'uva che è bene seguire. Intanto è sconsigliabile staccare i grappoli nelle primissime ore del mattino o subito dopo la pioggia. In questi casi si verifica una diminuzione del tenore zuccherino.
Inoltre, il grappolo a causa dell'umidità risulta più facilmente attaccabile dalle muffe. Molto importante è la «cernita» delle uve che va fatta subito al momento del raccolto. Di solito vengono separate da una parte le uve per il vino «scelto», dall'altra le uve per vini meno pregiati. Vanno scartati decisamente i grappoli intaccati dal marciume perché guastano anche quelli sani e conferiscono, come minimo, cattivi sapori al vino. 
Il raccolto più razionale si ottiene impiegando ceste o cassette di legno o di plastica e maneggiando l'uva con molta accuratezza. Specie in colline dai pendii aspri, vengono adoperati bigonci che possono contenere anche 50 chili o più. Non è però conveniente ammassare troppo l'uva. 
La raccolta dell'uva fatta con apposite macchine, come si usa comunemente nei vigneti della California, trova molte difficoltà ad essere applicata in Italia. Siamo ancora nella fase sperimentale, tenendo conto che questo sistema non può essere usato nei vigneti impiantati su terreni in notevole pendenza o addirittura scoscesi, come accade ad esempio in Valtellina. 
Per le uve di grande pregio, la raccolta meccanizzata risulta totalmente inadatta, trattandosi di un prodotto particolarmente delicato che richiede cure amorose e molte precauzioni nel maneggiarlo.

(Continua con L'uva e il vino (Parte quinta): Come si fa il vino)

Corso di Recupero per Astemi #23

L'uva e il vino (Parte terza): La coltivazione

La vite può moltiplicarsi per via gamica — il seme — o per via agamica, cioè con talee e propaggini. Non si usa la moltiplicazione per semi se non per produrre nuove varietà e nuovi ibridi. In tutti gli altri casi si utilizzano le talee o barbatelle, che sono piante giovanissime fornite di radici fittizie a forma di barba. Si chiamano anche margotte di vite e ci sono appositi vivai specializzati per i rifornimenti. Questi appezzamenti di terra si chiamano barbatellai ed esercitano una funzione importante nel campo vitivinicolo.
Generalmente come talea viene utilizzato un pezzo di tralcio di un anno, con almeno due gemme. A uno o due anni dall'innesto, le barbatelle o pianticine vengono trapiantate nel vigneto, preferibilmente in autunno, a una distanza che varia secondo la forma di allevamento. Le colture più diffuse sono a spalliera, cioè sorrette da un'intelaiatura, e a pergolato. In questo caso, l'impalcatura a sostegno delle viti è costituita da due file di pali, o colonnette di cemento, congiunti al vertice da elementi orizzontali ad un'altezza dal suolo tale da consentire il passaggio di addetti alla lavorazione o all'immutabile rito della vendemmia. La coltura ad alberello, così tradizionale nell'Italia centro-meridionale, cioè con piante singole potate a forma di albero, sempre di bassa statura, va gradatamente scomparendo anche in Puglia, per far posto a sistemi più aggiornati.
Nei vigneti specializzati le viti variano come numero da 2000 a 10000. Per i sistemi si tiene conto dei terreni, dei climi e delle pendenze. Si cerca di rendere stabili più che si può le attrezzature perché i costi sono elevati e il materiale facilmente deteriorabile. Anche i pittoreschi vigneti con le viti maritate agli alberi (aceri o olmi), tradizionali nella zona di produzione del Lambrusco e in Campania, vanno gradatamente scomparendo e ne prendono il posto i sistemi tipo Guyot, Sylvoz e altri, sempre di impronta specialistica. 
II terreno, nel caso di nuovi impianti, va preparato a volte con profondi scassi, o sbancamenti di rocce. Occorre una concimazione frequente ed anche l'irrigazione. Annualmente la vite richiede almeno tre lavorazioni del terreno: una più profonda nel periodo di riposo, una media in primavera, una superficiale nel mese di agosto. Tralasciando le altre operazioni secondarie relative al terreno, sono invece di grande importanza i trattamenti antiparassitari contro le principali malattie crittogamiche quali l'oidio e la peronospora.

(Continua con L'uva e il vino (Parte quarta): La vendemmia)

Corso di Recupero per Astemi #22

L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

La vite ha una grande capacità di adattamento all'ambiente, tollera anche estremi termici notevoli, ma occorrono determinate temperature minime per i suoi principali fenomeni vitali. Per esempio, perché avvenga la fioritura, la temperatura deve raggiungere almeno i 16 °C. Per la maturazione occorrono da 18 a 23 °C. Talvolta può essere la luce a supplire a qualche difetto di temperatura. Un eccesso di precipitazioni, inoltre, in tutte le fasi vegetative, favorisce lo sviluppo delle malattie crittogamiche. Più che la siccità, la vite teme l'umidità, le brine primaverili, le nebbie troppo frequenti, le rugiade troppo abbondanti, i venti impetuosi. Salvo alcuni tratti della pianura padana, non c'è praticamente regione italiana dove la vite non sia coltivata. In Valle d'Aosta, in Valtellina, nel Trentino-Alto Adige, la vite si spinge a limiti decisamente notevoli, non tanto come latitudine, ma come altitudine. I vigneti da cui si ricava il Blanc de Morgex sorgono su fasce di terreno che superano i 1000 metri di quota. Va segnalato che, di regola, il limite è di 600 metri, ma in Valtellina e nel Trentino-Alto Adige molti vigneti si spingono fino a 800-900 metri sul livello del mare. Come dice Guyot, la vite chiede "quel po' di acqua, di nutrimento e di sole che le sono strettamente necessari". Però dal punto di vista enologIco ed agro-economico il problema si fa più complicato. A seconda delle varie zone vinicole, per le quali va accertata la vocazione», occorre innanzitutto scegliere le varietà di vitigni di sicuro successo, anche per quanto concerne l'accrescimento e la maturazione dell'uva. Con la sua lunga estensione in latitudine, la Penisola comporta differenze notevoli di clima e di temperatura. Abbiamo a disposizibne una varietà di vitigni eccezionale, gran parte dei quali collaudati per esperienza secolare, ma per la scelta è di norma preferibile attenersi alle varietà locali. 
Infatti ogni vitigno è adatto specialmente all'ambiente in cui è sorto o nel quale è coltivato da secoli. Il ricorrere a varietà proprie di altre regioni costituisce sempre un rischio: in alcune zone dove sono stati introdotti vitigni impropri per la ricerca di una maggiore produttività non sempre si sono ottenuti risultati validi. I fattori che influenzano maggiormente la qualità dell'uva sono: il vitigno, il clima e il terreno. Per un'uva di buona qualità viene richiesto di norma un clima mite, di media collina, ventilato, senza ristagno di umidità primaverile o estiva, con giusto grado di insolazione e di piovosità. 
I terreni migliori per i vigneti — dicono i tecnici — sono quelli di medio impasto, fertili, di composizione equilibrata, ricchi di potassio, bene esposti, possibilmente in leggero declivio. Riassumendo, si può dire che il vino buono deriva dall'uva sana e adatta a quel tipo di vino (o da una mescolanza di uve, sempre sane). Quest'uva ideale, ripetiamo, è in funzione di un trinomio: vitigno, clima e terreno.

(Continua con L'uva e il vino (Parte terza): La coltivazione)

Corso di Recupero per Astemi #21

L'uva e il vino (Parte prima)

L'uva, ossia il frutto della vite, formato da bacche (acini) riunite in un'infruttescenza (o grappolo), fornisce la materia prima per la preparazione del vino. Il grappolo è costituito da un raspo e da vari peduncoli con pedicelli sui quali si inseriscono gli acini. Questi si compongono di buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e semi o vinaccioli (endocarpo). L'insieme della polpa è costituito da acqua, zuccheri, acidi, mucillaggini, sali e altre sostanze minerali, azotate, pertiche, vitamine; infine dai vinaccioli o semi. 
La buccia dell'acino contiene essenzialmente materie coloranti (da cui deriva il colore dei vari vini), inoltre aromi, tannino e sostanze minerali. Ha una funzione protettiva e reca esternamente la pruina, una specie di cera che ha il compito di proteggere l'acino dall'umidità, dall'evaporazione eccessiva e dal permanere in superficie di gocce d'acqua. 
Una prolungata e insistente umidità favorisce l'attacco di un fungo microscopico che apre nella buccia delle fessure, mettendo allo scoperto la polpa dell'uva e asportandone le sostanze nutritive. La Botrytis o, come dicono comunemente i vignaioli, "botrite", può avere conseguenze disastrose per il raccolto. In alcuni casi particolari e per certi tipi di vini speciali si lascia sviluppare apposta la botrite perché conferisce pregio alle uve, insieme al d altri fattori connessi con la ritardata maturazione. Le sostanze che avvolgono la buccia sono chiamate in questi casi "muffe nobili". Vini che si avvalgono dell'apporto della "pourriture noble" sono il Tokaj ungherese e lo Chàteau d'Yquem, ma ne abbiamo parecchi anche in Italia, tra cui il Picolit. 
Va anche ricordato che le sostanze minerali contenute nella polpa sono date dai sali che la vite ha assorbito dal terreno e che costituiscono le ceneri del mosto e del vino. 
Elementi temibili per la stabilità del futuro vino sono il ferro e il calcio. Il primo, se presente in notevoli proporzioni, provoca dannosi intorbidamenti. L'uva e il mosto contengono vitamina A, B, C ed altre in quantità variabile. I vinaccioli cedono al mosto soprattutto tannino, in quantità tanto maggiore quanto più lungo è il tempo di contatto.

(Continua con L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

Corso di Recupero per Astemi #20

Lessico (Parte ottava e ultima)

Sottile - Vino di buona composizione ed armonia, con tutti i componenti in misura modesta che diano sensazioni apprezzabili ed eleganti, ma flebili.

Sottofondo - Sensazioni sottili che vanno intercettate quasi fra le pieghe di quelle principali — più appariscenti — e che completano piacevolmente l'armonia dell'insieme.

Spogliato - Si dice di un vino in via di maturazione in cui, per cause varie, sia avvenuta una sedimentazione eccessiva, tale da impoverirlo in alcuni componenti, lasciando una sensazione di squilibrio e di vuoto.

Spumanti - Vini sottoposti ad una particolare rifermentazione in grandi recipienti (metodo Charmat) o direttamente in bottiglia (metodo classico o Champenois) in modo che assumano la «presa di spuma» dovuta allo sviluppo dell'anidride carbonica in misura non inferiore alle cinque atmosfere, per legge. Sono di solito bianchi, più raramente rosati o rossi, con sapore amabile, mezzo secco o totalmente secco (demi-sec, brut, extra brut).

Spumeggiante - Si attribuisce a vini contenenti una certa percentuale di zucchero residuo che rifermenta naturalmente in bottiglia conferendo il tipico frizzante. A volte lasciano un leggero sedimento.

Spunto - Vedi «Acescenza ».

Stabile - Si dice di un vino ben strutturato e di sicura conservabilità, indipendentemente da considerazioni qualitative.

Stoffa - Designa l'insieme dei componenti, la personalità e il carattere del vino. Può essere distinta, consistente, elegante, oppure tenue, ruvida eccetera.

Tannico - Vino molto ricco di tannini, sostanze organiche complesse presenti nella buccia, nel graspo e nei semi dell'uva. Si trovano soprattutto nei vini giovani rossi e sono destinati a combinarsi formando sostanze insolubili che precipitano. Dal tannino, durante l'invecchiamento, vengono generati i profumi.

Tappo (gusto di) - Il "gusto di tappo" viene conferito al vino dal sughero non stagionato o attaccato dalle muffe ed è molto sgradevole. Se si tratta di un sentore leggero, può scomparire quasi totalmente lasciando la bottiglia aperta per qualche minuto.

Tenue - Vedi «Sfumato». 

Terroso - Si attribuisce a vini nati da uve poste su terreni di particolare composizione che conferiscono loro un sapore sgradevole e marcato, specifico della zona di provenienza.

Torbido - Si dice di un vino la cui limpidezza sia alterata in maniera molto notevole da materie in sospensione destinate a decantare successivamente (alla svinatura). Può anche dipendere da malattie causate da microrganismi che portano alla distruzione del prodotto.

Vecchio - Vino che ha raggiunto o superato lo stadio della «maturazione», assumendo caratteri ben affermati di colore, profumo e sapore. L'accezione del termine è molto relativa perché varia secondo i vini cui viene applicato: in genere si intende un periodo di tempo compreso fra i 5 e i 15 anni.

Velato - Si dice di un vino la cui limpidezza è alterata da piccole particelle in sospensione. E' tipico nei vini giovani negli stadi successivi alla fermentazione principale: scompare per sedimentazione dopo un certo tempo. In qualche caso può essere dovuto a malattie.

Vellutato - Si attribuisce a carezzevoli impressioni gustative che richiamano quelle tattili del velluto. Si tratta sempre di vini invecchiati di buona armonia, con acidità totale moderata e ricchi di glicerina.

Vena - Leggero sentore amabile che si avverte in vini bianchi o rossi contenenti residui zuccherini indecomposti. A volte devia dal sapore principale.

Verde - Vino ottenuto da uve non perfettamente mature che gli hanno trasmesso torme acide anomale. Se l'acidità non è troppo elevata, l'equilibrio può anche essere raggiunto successivamente ed il vino assumerà un durevole tono di freschezza.

Vigoroso - Vedi «Consistente » e «Generoso ».

Vinoso - Si dice di un vino giovane dotato di buona struttura, equilibrio e gradazione alcolica, con carattere ben affermato nelle impressioni olfattive e gustative.

Vivace - Vedi "Fresco"

Vuoto - Ha un significato analogo a quello di «debole», ma in senso peggiorativo.

(Fine del Lessico - Continua con L'uva e il vino - parte prima)

Corso di Recupero per Astemi #19

Lessico (Parte settima)

Salmastro - Vino in cui si ravvisa il sapore del sale da cucina, il che accade in certi vini ottenuti da uve coltivate in terreni salati di bonifica e presso il mare. In alcuni casi il vino è anche «resinato» (prende la resina) quando rimane per un certo tempo in fusti di abete, di larice o di altre piante resinose.

Sapido - Gradevole sensazione gustativa che si rileva in vini di buona razza, nati su terreni particolarmente ricchi di sali minerali. Si impiega anche il termine «salato».

Sapore - Designa le quattro sensazioni fondamentali (acido, amaro, salato, dolce), e il loro insieme, derivate dallo stimolo dei recettori gustativi della lingua e dovute alle proprietà dei corpi che inducono questo stimolo.

Sbattuto - Si dice di un vino, sia sfuso che in bottiglia, che abbia subito un "trauma" dovuto al trasporto o a particolari pratiche di cantina, come travasi o pompaggi. E uno stato transitorio, più o meno lungo, al termine del quale il vino ritrova il suo equilibrio.

Sbollito - Sensazione di fiacchezza che si rileva in un vino che non ha seguito un processo d'invecchiamento favorevole e che ha perso nerbo e personalità.

«Scappa in bocca» - Vino che può dare sensazioni anche gradevoli ma troppo sfuggenti, così da riuscire deludente.

Scarno - Qualifica un vino di scarsa gradazione alcolica, relativamente corretto, ma con sapore e odore insufficienti.

Schiuma - Si forma alla sommità di un recipiente versando il vino. Può essere fuggevole, in vini nervosi, o persistente, in vini grassi o colpiti da malattie. Dal suo colore si possono anche giudicare la salute e l'età del vino.

Scolorito - Vino che rivela macroscopicamente una decolorazione netta rispetto al suo standard ordinario. E normale nei vini rossi invecchiati per la naturale precipitazione delle materie coloranti.

Scorrevole - Designa semplicemente un vino fresco e leggero che scivola facilmente e gradevolmente in gola.

Secco - Si dice di un vino in cui lo zucchero si sia trasformato completamente in alcoli primari nel corso della fermentazione, o sia presente in minime tracce non avvertibili alla degustazione. Se questo vino é ricco di glicerina, può apparire morbido anche se non ha zucchero residuo.

Sedimento - Naturale deposito di sostanze insolubili che si forma a causa della salificazione degli acidi organici presenti nel vino (particolarmente acido tartarico) e della precipitazione delle materie coloranti combinate. Si separa mediante travaso.

Selvatico - Sensazione olfattiva o gustativa, anche molto marcata, tipica dei vini derivanti da vitigni ibridi produttori diretti. Può provenire anche da particolari malattie, come si rileva negli champagnes molto invecchiati.

Sfumato - Si dice di un vino che non dia sensazioni nette e precise, ma solo accennate e sfuggenti, nel colore, nell'odore e nel sapore.

Smaccato - Designa, in senso negativo, un odore o un sapore che si rivelano pesantemente ai nostri sensi. Si riferisce, in particolare, a sapori dolci o fruttati piuttosto ordinari e sgradevolmente persistenti.

(Continua con Lessico Parte Ottava)

Corso di Recupero per Astemi #18

Lessico (Parte sesta)

Neutro - E' un vino correttamente impostato che non ha particolare «marca» derivante dai vitigno di provenienza o dal terreno. Ha sempre acidità totale piuttosto modesta.

Odore - Sensazione percepita dall'organo dell'olfatto nell'aspirare composti volatili. Può designare sia i composti volatili in se stessi sia la qualità delle sensazioni particolari che essi provocano.

Oleoso - E' un vino malato attaccato da particolari batteri anaerobici che ne alterano la struttura rendendolo filante: versandolo non produce rumore. E' tipico di vini bianchi già imbottigliati poveri di alcol e di tannino: diventano opalescenti e insipidi.

Opalescenza - Alterazione del colore e della limpidezza dovuta a cause varie e non sempre ben identificabili, principalmente ad eccesso di sostanze azotate in sospensione o per rapide escursioni termiche.

Ossidazione - Malattia del vino, dovuta a prolungato contatto con l'ossigeno dell'aria, che attacca soprattutto i vini bianchi, alterandone il colore e il sapore.

Passante - Caratteristica di vini leggeri con tenore alcolico e struttura modesti, tali da potersi bere con facilità.

Perlage - In italiano "fontanella". Bollicine di gas carbonico tipiche dei vini spumanti, che si liberano partendo dalle depressioni del vetro del bicchiere — in genere dal fondo — per salire continuamente verso la superficie, espandendosi.

Persistenza - Tempo durante il quale persiste — apparentemente in bocca — una sensazione di aroma dopo che il prodotto degustato è stato espulso dalla bocca, ed è dovuta in prevalenza non ai costituenti volatili del vino, ma a quelli estrattivi.
Si distingue dal retrogusto per il fatto che le sensazioni aromatiche che comporta sono identiche o molto vicine a quelle che erano state percepite mentre il vino era ancora nella cavità orale.

Personalità - Vedi "Carattere".

Pieno - Si applica ad un vino di buon tenore alcolico; corposo ed equilibrato.

Profumo - Insieme delle sensazioni olfattive di un vino. Risulta dalla combinazione dell'aroma dovuto al vitigno e dal profumo vero e proprio, dovuto sia all'attività dei lieviti (fermenti) sia alla progressiva ossidazione che avviene nel corso dell'invecchiamento.

"Pronta beva" - Espressione del vernacolo toscano per designare quei vini che giungono molto presto a maturazione e che quindi vanno bevuti giovani.

Retrogusto - Sensazione gustativa e olfattiva che appare permanendo anche a lungo dopo che il vino è stato espulso dalla bocca a seguito della degustazione. In genere, ha senso positivo e differisce dalle sensazioni percepite inizialmente in bocca.

Retronasale - Designa le sensazioni olfattive i cui stimoli vengono condotti sulle mucose olfattive mediante l'espirazione, partendo dal vino messo in bocca per la degustazione.

Robusto - Vedi "Consistente".

Rotondo - Vino cui la glicerina (alcol superiore), gli zuccheri residui e la moderata acidità totale danno piacevole morbidezza.

Ruvido - Vedi "Angoloso" e "Aspro".

(Continua con Lessico Parte Settima)

Corso di Recupero per Astemi #17

Lessico (Parte quinta)

Grasso - Si attribuisce a un vino molto ricco di glicerina, in genere ancora con residuo zuccherino. Si rivela all'assaggio per la tipica sensazione di untuosità, ed è osservabile anche sulle pareti del bicchiere perché si formano le cosiddette "lacrime" dovute alla maggior tensione superficiale della glicerina rispetto a quella degli altri componenti.

Gusto - Insieme delle sensazioni olfattive e gustative del senso chimico comune dovute alle proprietà del prodotto in esame. In senso stretto, in fisiologia, é sinonimo di sapore.

Immaturo - Si dice di un vino che non abbia ancora raggiunto la pienezza e la completezza del sapore e del profumo. In alcuni casi, quando il vino è conservato in ambienti troppo freddi ed in vasche di cemento, stenta a raggiungere la maturazione anche dopo parecchio tempo.

Inebriante - Sono i vini che si ossidano molto rapidamente nell'organismo umano sottraendo ossigeno dal sangue e causando così uno stato di ebbrezza. A digiuno questo effetto viene raggiunto facilmente.

Leggero - Vino dotato di modesta gradazione alcolica ma di buon equilibrio: è caratteristica apprezzabile in certi vini (Lambrusco, Bardolino, Erbaluce) che si possono bere in quantità senza conseguenze inebrianti.

Limpido - Dopo «brillante» e «limpidissimo», questo termine designa una qualità molto apprezzata dai consumatori, specie nei vini bianchi. Se non raggiunta naturalmente, si ricorre a semplici pratiche enologiche (travasi, filtrazioni, chiarificazione) badando a non sminuire il profumo e l'aroma del vino.

Maderizzato - Vino — per solito bianco o rosato di modesta struttura — che abbia subito un processo di ossidazione naturale mutando gli alcoli in aldeidi. II sapore si infiacchisce e ricorda, degenerato, il Madera o il Marsala invecchiati, e il colore si incupisce.

Magro - Attributo di vini deboli di estratto che Però hanno buon nerbo e sapidità dovuti a ricchezza di sali minerali. In certi vini è caratteristica molto apprezzabile.

Marsalato - Vedi "Maderizzato".

Millesimo - Termine di derivazione francese, attribuito in particolare agli champagnes, che sta ad indicare un'annata di produzione particolarmente felice.

Morbido - Si intende con lo stesso significato di «carezzevole», ma in senso meno nobile.

Muffa - Gusto sgradevole conferito al vino da uve attaccate da funghi unicellulari (Botrytis) in annate particolarmente umide. Si può intendere in senso positivo solo nel caso della «muffa nobile» che fa aumentare. il tenore zuccherino dell'uva e dà al vino un sapore gradevolissimo assolutamente eccezionale: Moscato trentino, Sauternes, Picolit, passiti.

Muschio o Muschiato - Gradevole aroma specifico del vitigno «Moscato» che tende ad attenuarsi nel corso della fermentazione alcolica. Nei tipi dolci è molto più marcato che in quelli secchi.

Nerbo - Qualità positiva legata ad una struttura acida ben equilibrata. Conferisce sempre tono e mette in risalto tutte le buone caratteristiche di un vino che viene anche definito «nervoso».

Netto - Si intende nello stesso senso di «franco» ma può significare la sensazione data da un vino che «chiude bene» in bocca senza ripercussioni di retrogusto.

(Continua con Lessico Parte Sesta)

Corso di Recupero per Astemi #16

Lessico (Parte quarta)

Estratto - L'insieme delle sostanze rimaste dopo che il vino è stato sottoposto a ebollizione prolungata. Se il liquido evapora del tutto, si ha "l'estratto secco". La ricchezza di estratto determina il "corpo" del vino.

Fiacco - Vino che manca di nerbo e che tende a perdere facilmente il proprio equilibrio dopo qualsiasi normale pratica di cantina. 

Finezza - Caratteristica distintiva della provenienza da un vitigno nobile. Si può riferire anche a vini che abbiano un gusto delicato ed un profumo sottile.

Finisce bene - Si dice di un vino i cui elementi costitutivi sono in perfetta sintonia. Dopo aver favorevolmente impressionato l'olfatto e il palato, la buona sensazione è avvertita anche dallo stomaco. 

Fluidità - Si rileva visivamente mentre si versa il vino nel bicchiere e se ne osserva il comportamento. La fluidità è in rapporto con il contenuto alcolico e la glicerina. Se scorrevole, iI vino è "fluido" ma può anche essere denso, oleoso e vischioso. 

Fondo - Vedi "Sedimento".

Fragranza - Sensazione olfattiva e gustativa che ricorda fiori o frutti maturi, o anche le due cose insieme, ed è dovuta all'attività dei lieviti (microorganismi unicellulari presenti sulla buccia dell'uva, dove sono trattenuti da una sostanza cerosa detta "pruina".) 

Franco -  E un vino che da sensazioni nette e ben precise sia all'olfatto che al gusto.

Fresco - Caratteristica tipica di certi vini giovani nei quali si assommano felicemente vivacità, fruttato e gradevole acidità.

Frizzante - Caratteristico sviluppo di gas acido carbonico dovuto a naturali fermentazioni secondarie in bottiglia a spese dello zucchero residuo. Varia di intensità a seconda del contenuto zuccherino. Es.: Moscato naturale, lambrusco, Brachetto eccetera.

Fusto (gusto di) - Sgradevole sapore conferito al vino da recipienti di legno non perfettamente puliti, o lasciati a lungo inutilizzati, o attaccati da muffe. 

Gagliardo - Vino molto robusto e ricco di alcol che sale in fretta alla testa e risulta inebriante. 

Generoso - Vino caldo e vigoroso che dà una gradevole sensazione di benessere producendo un effetto tonico senza inebriare. 

Giovane - Termine che assume significati diversi a seconda dei vini cui sl riferisce. Si applica sia ai vini giovani di età sia a vini che — pur invecchiati per qualche tempo — abbiano mantenuto caratteristiche giovanili. 

Goudron - Tradotto letteralmente "catrame". Caratteristico profumo di vini vecchi ben strutturati che ricorda — in forma nobilitata— gli oli essenziali del catrame.

Gradevole - Vino che all'assaggio sia equilibrato e armonico e finisca bene in bocca.

(Continua con Lessico Parte Quinta)

Corso di Recupero per Astemi #15

Lessico (Parte terza)

Completo - Vino di ottima costituzione che riunisce in sé tutte le qualità positive: profumo, eleganza, finezza, razza ed armonia; si riscontra solo nelle grandi annate. 

Consistente - Designa un vino dotato di struttura molto robusta, i cui componenti siano presenti in misura rilevante, indipendentemente da considerazioni qualitative. 

Corpo o Corposo - Insieme degli elementi che compongono la struttura di un vino, con particolare riferimento alle materie estrattive. 
Il secondo termine indica ricchezza di alcol, di estratto secco, di colore e di sapore. 

Corroborante - Si dice di un vino molto ricco di alcol e di estratto, con deciso sapore amaro gradevole, che agisce come un tonico e viene quindi consigliato negli stati di deperimento organico.

Cultivar - Termine botanico che distingue le diverse sottospecie di uno stesso vitigno.

Debole - Vino scarsamente dotato per carenza qualitativa e quantitativa di componenti, in particolare alcol ed estratto.

Deciso - Si dice di un sapore franco e marcato che si rivela con immediatezza.

Decrepito - Vino sottoposto a un invecchiamento troppo prolungato, nel corso del quale i suoi componenti hanno subito un intenso processo di degenerazione che rende impossibile qualsiasi valutazione degustativa.

Delicato - Attributo di un sapore o di un profumo scarsamente rilevati ma dotati di finezza ed armonia.

Deposito - Vedi "Sedimento".

Distinto - Vedi "Elegante".

Dolce - Termine che sta ad indicare unicamente la presenza di zucchero, in misura variabile ma rilevante — naturale o aggiunto —nettamente percepibile alla degustazione.
In generale definisce un sapore gradevole, ma in modo vago e impreciso, e assume significati diversi secondo i vini cui si riferisce. 

Dolciastro - Vino in cui il dolce appare quasi isolato dagli altri componenti, come se tosse stato aggiunto. Ciò si verifica quando vengono impiegati zuccheri di scarto, dosi di saccarina ed altri metodi proibiti dalla legge. 

Duro - Si dice di un vino rosso giovane o disarmonico troppo ricco di acidità e di tannino in rapporto alla gradazione alcolica. Si attenua di norma con l'invecchiamento. 

Elegante - Questa proprietà si attribuisce ad un vino — solitamente di buona razza — in cui siano fuse armonicamente le caratteristiche più pregevoli.

Equilibrato - Si riferisce ad un vino i cui elementi costitutivi siano presenti in giuste porzioni, in modo che nessuno prova sugli altri, ma che tutti siano armoniosamente fusi. 
Se anche uno solo dei componenti eccede o difetta, si avrà un prodotto squilibrato.

Erbaceo - Particolare sapore conferito a determinati vini (Merlot trentino, Freisa piemontese) dal vitigno di provenienza.
Può anche essere dovuto alla permanenza del vino sui graspi nel corso della fermentazione.

(Continua con Lessico Parte Quarta)