Corso di Recupero per Astemi #42

I vitigni fondamentali #13/17

Raboso veronese
Questo vitigno, diffuso principalmente nel Veneto, prende il nome dall'omonimo torrente nei pressi di Conegliano. Prende anche il nome di Raboso di Verona o Terrano d'Istria. È un'uva rossa a grappoli piuttosto grandi, resistenti ad ogni malattia.
Nella zona del Piave viene prodotto un Raboso di eccellenti qualità, molto adatto all'invecchiamento.

Refosco dal pécol rosso
Questo vitigno di uva rossa è coltivato nel Friuli-Venezia Giulia e nell'Istria, ora sotto la ex-Iugoslavia. Di antichissima origine, citato da Plinio il Vecchio, si riconosce per il peduncolo (pécol). È detto anche Terrano del Carso o Terrano d'Istria. Presenta un grappolo di formato piuttosto grande; il colore degli acini è blu intenso, la polpa sciolta e di buon sapore. Se ne ricavano vini di colore intenso, assai tannici, ma profumati e piacevoli. Il Refosco dei Colli Orientali Friulani ha un colore rosso violaceo intenso, profumo caratteristico, sapore asciutto e pieno, un po' amarognolo. Piccola, ma significativa la produzione del Terrano del Carso.

Ribolla gialla
È un vitigno diffuso soprattutto nell'Udinese e nel Goriziano, mentre la Ribolla nera si trova in piccole quantità nei dintorni di Trieste. Viene chiamato anche Rebulla o Raibola, gli Slavi dicono «Rebula ».
Presenta un grappolo piuttosto piccolo e raccolto, l'acino ha una buccia pruinosa di colore giallo alabastro. Dalla Ribolla gialla si ottiene un vino bianco leggero, fresco, sottilmente ammandorlato.
La gradazione minima è di 12°.

Riesling Italico
Il Riesling è un vitigno pregiato da uva bianca originario delle province renane, dove produce i celebri vini del Reno. Coltivato anche nella bassa Austria, in Stiria e in Alsazia, è stato importato in Italia a metà del secolo scorso. Si distingue in due varietà, il Renano e l'Italico di cui stiamo trattando. Presenta un grappolo piccolo, tozzo, compatto.
L'acino è piuttosto piccolo, la buccia pruinosa di colore giallo dorato. Simile al Riesling Italico è il Riesling Trentino. Nel Collio Goriziano fa spicco un Riesling Italico, vino di colore giallo dorato chiaro, con profumo caratteristico, sapore asciutto e armonico.

Riesling Renano
Come suggerisce il nome, proviene dalla zona del Reno, in Germania, e ha trovato ottimo ambientamento in certe nostre fasce vinicole non solo in Alto Adige e Friuli, ma anche nell' Oltrepò Pavese.
Il grappolo è piccolo e compatto, la buccia dell'acino di colore dorato carico, la polpa succosa, di sapore aromatico.
Tipici vini da Riesling Renano troviamo nell'Alto Adige, tra cui il Terlano-Riesling Renano. Il Riesling Renano dei Colli Orientali Friulani ha queste caratteristiche di base: colore giallo dorato chiaro, profumo caratteristico, sapore asciutto. È un vino da antipasti e da pesce.

(Continua con: I vitigni fondamentali #14/17)

Corso di Recupero per Astemi #41

I vitigni fondamentali #12/17

Pinot Bianco
L'importante gruppo di vitigni (Pinot bianco, Pinot Grigio e Pinot nero) è originario della Francia, dove è stato alla base delle fortune vinicolo di regioni come la Bourgogne e la Champagne. Si è però bene ambientato in Italia trovando condizioni ideali in Alto Adige o in Friuli, nell'Oltrepò Pavese e in Franciacorta, È chiamato anche Borgogna bianco o Woissburgunder in Alto Adige. Il grappolo è piccolo, armonioso, piuttosto compatto. L'acino ha una buccia poco pruinosa, di colore giallo dorato, cosparsa di puntini.
Il Pinot bianco entra nella composizione di vari Pinot, tra cui il Pinot dell'Oltrepò Pavese, del Trentino, dell'Alto Adige, della Franciacorta. ln alcuni casi, come per l'Alto Adige, si tratta solo di Pinot bianco. Così dicasi per il Pinot bianco del Collio, dei Colli Orientali Friulani e dell'Isonzo, tutti ottimi vini da antipasto e da pesce.

Pinot grigio
È una derivazione del Pinot bianco e l'uva è stata ottenuta con particolari avanzate maturazioni. ln Germania e nell'Alto Adige viene chiamato Ruländer. L'origine è però sempre francese: infatti viene anche chiamato Borgogna grigio. I l grappolo è corto, di forma cilindrica, l'acino piccolo, leggermente ellittico.
La buccia presenta un colore grigio violetto, ma talvolta anche grigio rosa.
Tra i Pinot grigi sono da citare quello dell'Alto Adige, il Pinot grigio Valle Isarco, il Pinot grigio del Collio, delle Grave del Friuli, dei Colli Orientali Friulani, dell'Isonzo.

Pinot nero
Con il Pinot nero si completa la triade dei Pinot, naturalmente di origine francese, ben acclimatato anche questo in diverse zone, non solo dell'Italia settentrionale. ln Alto Adige viene chiamato Blauburgunder.
Il grappolo è di piccolo formato, compatto, di colore tendente al nero. Oltre al Pinot nero dell'Alto Adige, sono da segnalare quello del Trentino, il Pinot nero del Collio e dei Colli Orientali Friulani.
Il vino presenta, con le varianti da zona a zona, queste principali caratteristiche: colore rosso rubino più o meno intenso, profumo delicato, sapore un po' aromatico, leggermente amarognolo. Gradazione sui 12°.

Prosecco
Originario di Prosecco, frazione di Trieste, sull'altopiano carsico, questo vitigno da uva bianca è coltivato soprattutto nel Veneto e specialmente nel Trevigiano. Il grappolo è di forma allungata e raggiunge i 25 centimetri, con acini rotondi a buccia gialla e polpa dolce. Nel Trevigiano è chiamato Prosecco Balbi, Glera o Serpina nel Friuli. Ricordiamo il Prosecco di Conegliano (in versione naturale), il Prosecco di Conegliano spumante, il Prosecco superiore di Cartizze e il Prosecco di Valdobbiadene, tutti in versione spumante o naturale.

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Corso di Recupero per Astemi #40

I vitigni fondamentali #11/17

Nerello Mascalese
Con il nome di Nerello sono conosciuti diversi vitigni siciliani, tra cui il Mascalese, il Cappuccio, il Frappato. Il Mascalese è bene ambientato nella zona di Catania. Il grappolo è allungato, di aspetto medio, compatto; l'acino normale con buccia blu chiaro. Dal Nerello Mascalese, con aggiunta di un massimo del 20 per cento di Nerello Mantellato (o CappucCio) si ricavano i vini Etna rosso ed Etna rosato. Il Frappato concorre in buona parte per la produzione del Cerasuolo di Vittoria.

Nosiola
È un'antica varietà di uva esclusivamente trentina, a frutto bianco, già studiata nell'Ottocento. Molto rustica e resistente, predilige i terreni collinari ciottolosi e sassosi. Il grappolo è di media grandezza, lungo da 10 a 20 centimetri, piuttosto allungato, di forma cilindrica. Gli acini sono regolari, intensamente pruinosi e presentano un colore giallo verdastro dorato. La Nosiola prospera nella parte alta della Valle di Cembra, a Lavis e Pressano. Presente in alta Val Lagarina, a Rovereto, Nomi e Pomarolo. Oltre a un bianco caratteristico, riconosciuto vino Doc, dalla Nosiola dei vigneti posti intorno al lago di Toblino si ricava il Vino Santo.

Picolit
Con questa definizione friulana che deriva da piccolo (usato anche Piccolit) si usa indicare un vitigno da uva bianca un tempo molto coltivato nella zona dei Colli Orientali Friulani. La sua maggiore caratteristica esteriore è rappresentata dagli acini piccoli e radi su un grappolo di formato medio, piramidale.
La produzione è molto scarsa ed incostante perché va soggetto all'aborto floreale, cosa che ha sempre fatto discutere i tecnici. ln questi ultimi anni si stanno conducendo a Savorgnano del Torre degli esperimenti per migliorare la produttività del Picolit, senza intaccarne la qualità. Dal Picolit si ricava un vino pregiato, di colore paglierino chiaro o giallo dorato, delicatamente profumato, dal sapore amabile o dolce, caldo, armonico. La gradazione minima è di 15 gradi.

Pignola valtellinese
Con il nome di Pignolo (o Pignola) sono conosciuti diversi vitigni, molti dei quali danno prevalentemente uva da tavola. Il Pignola valtellinese entra nella composizione degli uvaggi per il Valtellina Superiore (Inferno, Grumello, Sassella, Valgella).
Il grappolo è piccolo, serrato, l'acino regolare di colore blu scuro.

(Continua con: I vitigni fondamentali #12/17)

Corso di Recupero per Astemi #39

I vitigni fondamentali #10/17

Müller-Thurgau
Questo particolare vitigno, presente in alcune zone dell'Italia settentrionale (Trentino-Alto Adige, Oltrepò Pavese, Colli Orientali Friulani), è stato ottenuto con incroci di Riesling e di Sylvaner. Ha un grappölo di formato piccolo, acini radi di colore giallo verdognolo con riflessi rosati. La polpa è succosa, di sapore leggermente aromatico. Il vino bianco che se ne ricava per alcune caratteristiche assomiglia al Riesling, per altre al Sylvaner. È un vino fine e raro, da antipasti e da pesce. I maggiori quantitativi di Müller-Thurgau in Italia si ottengono nel Trentino, specie nella Val di Cembra.

Nasco
Questo vitigno è fra i più antichi della Sardegna, dove è chiamato anche Nasca. Ha grappolo di media grandezza, semiserrato e acini rotondi, di colore giallo dorato, screziati di marrone. I l vino Nasco è di colore giallo dorato, con profumo muschiato e aranciato, di sapore delicato con retrogusto amarognolo. Di gradazione alcolica piuttosto alta (14,5-150) è vino da frutta o da dessert.

Nebbiolo
Questo pregiato vitigno piemontese di uva rossa da vino è coltivato in numerose località, ma su limitate estensioni per le particolari esigenze di clima e di terreno e per il fatto di essere piuttosto sensibile all'azione dei parassiti.
Chiamato Nebbieu nell'Albese, nel Vercellese e nel Novarese è detto Spanna. Ha trovato un favorevole habitat in Valtellina dove è indicato come Uva Chiavennasca (da Chiavenna) o Ciuvenasca.
Il grappolo ha grandezza media, talvolta con forma allungata, e acino rotondo con buccia sottile, pruinosa, di colore violaceo scuro.
Tra le zone di coltivazione la più importante è quella compresa nel circondario di Alba, dove si producono i grandi vini piemontesi: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo. Anche il Gattinara, il Ghemme, il Sizzano, il Fara, il Boca derivano in tutto o in gran parte dal Nebbiolo.
ln Valle d'Aosta dal Nebbiolo derivano il Carema e il Donnaz; in Valtellina il Sassella, il Grumello, l'Inferno, lo Sfurzat.

Negrara trentina
Questo vitigno di uva nera è diffuso nel Trentino e nel Veronese, dove trova impiego nell'uvaggio per i vini della Valpolicella e per il Bardolino. Il grappolo è di formato piuttosto grande, allungato. L'acino è pure grande, sferico, di colore blu-violetto.

Negro amaro
Questo vitigno è diffuso particolarmente nel Leccese, dove viene chiamato anche Uva cane. Il grappolo è di media grandezza, con forma corta e serrata. La buccia dell'acino è pruinosa, di colore violaceo. Dal vitigno Negro amaro si ricavano i vini Matino rosso, dal colore rosso rubino con sapore asciutto, e Matino rosato, rosa intenso con sapore asciutto e caratteristico.

(Continua con: I vitigni fondamentali #11/17)

Corso di Recupero per Astemi #38

I vitigni fondamentali #9/17

Monica
Questo vitigno è coltivato in Sardegna, soprattutto nel Cagliaritano. Viene chiamato anche Monaca o Passale. I l grappolo è grande e irregolare, gli acini sono serrati. La buccia è di colore nero o nero violaceo, la polpa piuttosto tenera.
L'uva è adatta per la vinificazione, ma può essere usata anche come uva da tavola.

Montepulciano
I l vitigno è coltivato nell'Italia centro-meridionale, soprattutto nelle Marche e nell'Abruzzo. Prende il nome dall'omonima cittadina in provincia di Siena. Pur avendo punti di somiglianza con il Sangiovese o Sangioveto, ne differisce. Il grappolo è di media grandezza, serrato. L'uva ha acini ovali, con buccia nera violacea e polpa rosea. La produzione è diseguale da annata ad annata, anche a parità di condizioni climatiche.
Il vino marchigiano Rosso Conero deriva dal vitigno Montepulciano, con il concorso (non superiore al 15 per cento) di Sangiovese. Anche il Rosso Piceno si avvale, per il 40 per cento, dell'apporto di Montepulciano.
Il vitigno entra in misura preponderante nella composizione del Montepulciano d'Abruzzo e del Cerasuolo d'Abruzzo, ottenuto con una vinificazione in bianco di uve Montepulciano. Il vino che si ricava da queste uve in genere presenta colore rosso granata con riflessi violacei. Ha sapore pieno, vinoso e sapido.

Moscato bianco
Sotto il nome di moscato sono raccolti un gran numero di vitigni con uve di vario colore, da vino o da tavola, dotate di un caratteristico aroma muschiato che si trasmette ai relativi vini. Fra le qualità più pregiate di moscato va classificato il Moscato bianco o d'Asti, molto coltivato in varie zone del Piemonte e particolarmente nel Monferrato. Pregio elevato raggiunge il Moscato di Canelli, con uva bianco ambrata, dolcissima, usata per la vinificazio ne, ma anche a tavola.
Il grappolo del Moscato bianco è compatto, di grandezza media; l'acino rotondo presenta un colore giallo dorato e anche ambrato nella parte esposta al sole.
Fra i moscati, che sono molto numerosi e quasi tutti pregiati, ricordiamo: il Moscato dell'Oltrepò Pavese che viene in gran parte spumantizzato, come l'Asti Spumante; il Moscato del Trentino; il Moscato dei Colli Euganei; il Moscato di Trani; il Moscato dell'Elba; il Moscato di Calabria; il Moscato di Siracusa; il Moscato di Noto; il Moscato di Pantelleria; il Moscato di Cagliari. Sono tutti vini di colore giallo più o meno dorato, naturalmente spumeggianti, di sapore in genere dolce e profumo più o meno intensamente aromatico.

(Continua con: I vitigni fondamentali #10/17)

Corso di Recupero per Astemi #37

I vitigni fondamentali #8/17

Malvasia di Sardegna
L'uva è chiamata sul posto anche Malvagia o Malmazia. I l grappolo è di grandezza media, la foglia quintolobata. L'acino, di media grandezza, ha colore giallo dorato e polpa sciolta. Dal vitigno Malvasia di Sardegna si ottiene il Malvasia di Cagliari, che è un bianco con due versioni: dolce naturale o secco, oppure in versione dolce liquoroso.

Malvasia istriana
Tutte le Malvasie sono originarie della omonima località greca, così come questa istriana coltivata sui Colli Orientali del Friuli e nel Collio Goriziano. Viene chiamata anche Malvasia bianca. Il grappolo, abbastanza compatto, è lungo circa 15 centimetri. L'acino normale presenta una buccia di colore verde giallastro. Da questo vitigno pregiato si ricava un vino assai fine da antipasti e da pesce denominato Collio Goriziano Malvasia o Collio Malvasia. Un vino simile, un po' meno pregiato, porta la denominazione Isonzo Malvasia istriana.

Marzemino
Detto anche Marzamino dal nome del villaggio della Carniola iugoslava, Marzimin, questo vitigno ha trovato l'ambiente idoneo nel Trentino, specie a Isera, vicino a Rovereto. È chiamato anche Marzemino gentile o di Isera. Viene coltivato inoltre in Lombardia, nei dintorni dei laghi di Garda e Iseo, così come in provincia di Treviso. Il grappolo è di forma allungata, l'acino di colore blu-nero, piuttosto turgido e serrato. Da questo vitigno si ricava il Marzemino Trentino, dal colore rosso rubino intenso, dal caratteristico profumo erbaceo. È un vino gradevolissimo con pollame, formaggi, arrosti.

Merlot
Questo vitigno è stato importato in Italia dalla Francia e più propriamente dal Bordolese, sua zona di origine. L'uva si è diffusa in varie zone dell'Italia settentrionale: Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli, Collio Goriziano. Ha dato buoni risultati di ambientamento anche nell'Italia centro-meridionale. Il grappolo del Merlot è di formato medio, con acino rotondo di colore blu-nero, polpa tenera e sapore tendente al dolce.
Fra i vini ricordiamo: il Merlot del Trentino, i l Merlot dell'Alto Adige. Entrambi hanno caratteristiche simili, e cioè colore rosso rubino, profumo caratteristico, sapore secco, pieno e gradevole, lievemente erbaceo. Inoltre ricordiamo il Merlot del Piave, di Pramaggiore, delle Grave del Friuli, dei Colli Orientali Friula ni, del Collio, dell'Isonzo, di Aquileia e di Latisana. Nel Lazio si produce il Merlot di Aprilia.

Molinara
Da questo vitigno scaturisce un'uva rossa così chiamata per la pruina che sembra infarinare gli acini, come uscissero da un mulino. È chiamata anche Rossara, Rossanella, Solà. È un'uva tipica veronese che concorre (in mag. gior misura) all'uvaggio del vino Bardolino, del Valpolicella e del Recioto della Valpolicella. Il grappolo ha forma piramidale o anche cilindrica, di media grandezza. L'acino rotondo presenta una buccia di color rosso violaceo chiaro.

(Continua con: I vitigni fondamentali #9/17)

Corso di Recupero per Astemi #36

I vitigni fondamentali #7/17

Lambrusco Grasparossa
Prende il suo nome dal graspo di colore vinoso, detto anche Lambrusco di Castelvetro, sua zona di origine. È diffuso in altre località come Castelfranco Emilia e Castelnuovo Rangone. Presenta un grappolo piramidale, con foglia tondeggiante. L'acino è pruinoso, di colore blu-nero, un po' rado. Il vino che ne deriva ha un colore tendente al rosso scuro ed un profumo vinoso intenso.

Lambrusco Maestri
Quest'altro vitigno della famiglia dei Lambruschi è particolarmente diffuso in provincia di Parma e viene anche chiamato Lambrusco di Spagna. Il grappolo è di formato medio, piuttosto allungato, l'acino piccolo, serrato, la buccia di colore blu-nero. Il vino che ne deriva è rosso rubino più o meno vivace, con profumo che ricorda la viola mammola, sapore gradevole,  caratteristico nel suo genere, e spumeggiante.

Lambrusco Salamino
Detto anche Lambrusco di Santa Croce, deve il suo nome alla forma del grappolo che è piccolo e serrato e ricorda appunto un salamino. È tipico di Santa Croce, una frazione del comune di Carpi. Il vino che ne deriva ha un colore rosso rubino più o meno intenso, odore vinoso intenso, con profumo caratteristico, spuma vivace ed evanescente.

Malvasia bianca di Candia
Per la particolare colorazione che assume il giovane germoglio, è chiamato anche Malvasia rossa o semplicemente Malvasia. Diffuso in varie regioni, dall'Emilia al Sud, ha grappolo grande di forma conica e acino rotondo, con buccia di colore giallo dorato.
Quest'uva bianca entra negli uvaggi di diversi vini: dal Monterosso Val d'Arda (Piacenza) al Torgiano, al Bianco Capena del Lazio.

Malvasia del Chianti
Questo vitigno è coltivato nel Chianti da molti secoli; è chiamato anche Malvasia toscana o Malvasia bianca lunga: il grappolo è di forma molto allungata, piuttosto grande e compatto. Ha acino medio o piccolo, sferico, di colore tra il verdognolo e il paglierino dorato. L'uva di questo vitigno entra fra quelle fondamentali per l'uvaggio del Chianti. La sua percentuale può variare fra il 10 e il 30 per cento; attualmente si tende a diminuire l'apporto di Malvasia per ottenere dei Chianti più tipici.

Malvasia del Lazio
Vien detta anche Malvasia puntinata per l'acino cosparso di punteggiature e macchie grigie e marrone. Il grappolo, di forma conica, e l'acino sono di media grandezza. Altri sinonimi di questo vitigno: Malvasia gentile o Malvasia nostrale, ln molti vini bianchi laziali (Frascati, Marino, Colli Albani e altri) troviamo impiegata questa tipica Malvasia.

(Continua con: I vitigni fondamentali #8/17)

Corso di Recupero per Astemi #35

I vitigni fondamentali #6/17

Greco
La principale area di diffusione si trova in provincia di Avellino e di Napoli; è detto anche Greco di Tufo, Greco del Vesuvio e Greco della Torre. Presenta un grappolo armonioso, piuttosto piccolo; acino un po' irregolare di colore grigio ambrato (nella parte rivolta verso il sole è ricoperto da punteggiature brunastre), polpa succosa e saporita.
Il vino di maggior spicco che deriva da questo vitigno è il Greco di Tufo, un bianco di classe, la cui produzione è molto limitata. Con le a li o orecchie dei grappoli è prodotto anche un vino dolce da dessert, usato spesso per la preparazione degli spumanti.

Grignolino
Questo eccellente e delicato vitigno produce un'uva tipica dell'Astigiano e dell'Alessandrino, dov'è chiamato Barbesino, Verbesino, Balestra e Arlandino. Il grappolo è serrato l'acino piuttosto piccolo, con colore violaceo riflessi rossicci scuri. Dalle uve di questo viti gno, con piccole aggiunte di Freisa, deriva i Grignolino d'Asti, di colore rosso rubino e sapore asciutto, leggermente frizzante.

Grillo
Questo vitigno da uva bianca, probabilmente originario delle Puglie e successivamente importato a Marsala, ha trovato il suo habitat ideale in provincia di Trapani. Il grappolo è di formato medio, con acini un po' radi. Ha un colore giallo dorato, polpa carnosa e succo incolore.
L'uva Grillo entra nella composizione del Marsala e anche di altri vini siciliani.

Lagrein
Chiamato anche Lagrain o Lagarino, è un vitigno tipico dell'Alto Adige, diffuso anche nel Trentino, originario della Valle Lagarina. Ha grappolo corto a piramide e acino rotondo con buccia consistente e colore blu-nero.
Il vino Lagrein può essere del tipo Lagrein Kretzer (rosato) o Lagrein Dunkel (scuro). Particolarmente pregiato quello prodotto a Gries di Bolzano. Lo scuro ha colore rosso rubino intenso, sapore asciutto un po' amarognolo, leggermente frizzante.

Lambrusco di Sorbara
Il Lambrusco è uno storico vitigno diffuso in varie zone dell'Emilia. A seconda dei Suoi cloni e delle varie località prende il diversi nomi che vanno distinti.
Il Lambrusco di Sorbara (vitigno e vino che ne discende) è tipico del centro rurale omonimo, in provincia di Modena. il grappolo è di grandezza media, piramidale con un'ala; l'acino rotondetto, la buccia pruinosa di colore blu-nero. fra i Lambruschi, quello di Sorbara, detto anche di Modena, è il più noto. Ha colore rosso rubino o granata di varia intensità, spesso frizzante con spuma rosso vivace più o meno evanescente.

(Continua con: I vitigni fondamentali #7/17)

Corso di Recupero per Astemi #34

I vitigni fondamentali #5/17

Forastera
Questo vitigno è stato introdotto con successo nell'isola d'Ischia verso la metà del secolo scorso. Il grappolo è di grandezza media, cilindrico o piramidale, qualche volta alato. La buccia dell'acino presenta colore paglierino con riflessi verdognoli.
L'uva Forastera concorre in misura del 65 per cento alla composizione dell'Ischia bianco; la percentuale scende al 50 per cento nell'Ischia bianco superiore.

Freisa
Questo vitigno è diffuso in alcune zone del Piemonte, tra Torino, Asti e Casale Monferrato, chiamato anche Spannina, Monferrina, Freisa di Chieri. II grappolo è di grandezza media, quasi cilindrico, poco alato. L'acino è molto scuro, quasi bluastro.
Particolare importanza sono tornati ad assumere i vini Freisa d'Asti e Freisa di Chieri che sono stati riconosciuti come vini Doc. Sono prodotti nei tipi secco, amabile e frizzante spumante naturale.

Gaglioppo
Si coltiva principalmente in Calabria, per lo più nel Catanzarese, la zona di produzione del vino Cirò, dove predomina su tutti gli altri vitigni. Si può trovare il Gaglioppo anche nelle Marche, Umbria e Abruzzi. Il grappolo è grande, allungato; l'acino a buccia pruinosa, con riflessi rossastri su fondo nero.

Garganega
Questo vitigno costituisce la base per la produzione di Soave, Gambellara, Bianco di Custoza e Colli Berici. Il grappolo è grande e lungo, facilmente riconoscibile; l'acino di formato medio, la buccia sottile e pruinosa; la polpa è sciolta, dal succo saporito.

Girò
È un tipico vitigno della Sardegna, chiamato anche Girone di Spagna per la sua origine, mentre in provincia di Sassari è chiamato Girone comune. Ha un grappolo piuttosto massiccio e pesante, acino nero violaceo, polpa di sapore zuccherino.
Dalle uve di questo vitigno si ricava il vino Girò di Cagliari nei tipi dolce naturale, secco, liquoroso secco e liquoroso dry.
Si tratta di un vino prevalentemente da dessert, dal colore rosso rubino tenue.

Grechetto
Diffuso prevalentemente in Umbria e in altre zone dell'Italia centro-meridionale, viene anche chiamato Grechetto nostrale, Greco spoletino, Greco bianco di Perugia, Stropoa Volpe e Pulce. Ha infatti un grappolo piuttosto piccolo e acino ovale giallo chiaro. Il Grechetto entra nella produzione di vini assai noti, come l'Orvieto (circa un 10 per cento di media) e il Torgiano bianco (15-35 per cento).

(Continua con: I vitigni fondamentali #6/17)

Corso di Recupero per Astemi #33

I vitigni fondamentali #4/17

Colorino
Tipico della Toscana, ha il grappolo a una o due ali, acino piccolo color violaceo e polpa succosa. Il Colorino è il vitigno complementare maggiormente raccomandato per la produzione del Chianti (entra per un massimo del 5 per cento).
L'uva Colorino viene messa ad appassire su graticci di canne e unita in un secondo tempo al vino già fermentato, dopo essere stata a sua volta fatta fermentare a parte.

Cortese
Questo vitigno è tipico dell'Alto Monferrato (Alessandria), nonché di alcune zone delle province di Asti, Cuneo e dell'Oltrepò Pavese. Il grappolo, di magnifico aspetto, ha l'acino di colore giallo dorato. La buccia è di media consistenza, il sapore della polpa piuttosto neutro.
Dall'uva di questo vitigno derivano il Cortese di Gavi e il Cortese dell'Oltrepò.
Un tipo simile è il Bianco di Castel Tagliolo.

Corvina veronese
Quest'uva nera è molto diffusa nelle plaghe viticole del Veronese. Ha grappolo di media grandezza, piuttosto compatto, acino blu-violetto, polpa sciolta di sapore dolce.
Il vitigno della Corvina veronese concorre in gran parte all'uvaggio per la produzione del Bardolino (fino al 65 per cento). Lo stesso dicasi per il Valpolicella e il Recioto della Valpolicella.

Croatina
Vitigno caratteristico dell'Oltrepò Pavese, dove prende anche il nome di Bonarda, Crosta o Crovattina. Presenta un grappolo di formato notevole, conico, con le ali. La polpa è succosa con sapore non troppo accentuato.
L'uva matura ai primi di ottobre ed offre produzione di solito abbondante.
La Croatina entra nell'uvaggio del Rosso dell'Oltrepò Pavese.

Dolcetto
L'origine del suo nome non ha probabilmente nulla a che fare con il dolce, ma deriverebbe da dosset, che significa dosso collinare. Si caratterizza per il suo grappolo di formato medio, piuttosto allungato, non molto compatto. L'acino ha un colore nero bluastro, con buccia sottile e polpa succosa.
Dalle sue uve vengono i vari Dolcetto: d'Acqui, di Ovada, d'Alba, di Diano d'Alba, delle Langhe Monregalesi, d'Asti, di Dogliani.

Erbaluce
Coltivato in Piemonte, in provincia di Torino e di Vercelli, nella zona dove si produce il vino Erbaluce di Caluso.
Il grappolo, di colore giallo ambrato carico, è di media grandezza, allungato, non troppo compatto. La buccia è sottile, mentre il sapore della polpa è piuttosto neutro.

(Continua con: I vitigni fondamentali #5/17)

Corso di Recupero per Astemi #32

I vitigni fondamentali #3/17

Cabernet Sauvignon
Imparentato strettamente con il Franc, si distingue per l'acino più piccolo e per una minore produttività. La buccia dell'acino è molto pruinosa, la polpa carnosa e il sapore leggermente erbaceo. È originario del Médoc, vicino a Bordeaux; sono pochi i produttori italiani che vinificano il Cabernet Sauvignon separatamente. I vitigni Cabernet hanno dato origine ai migliori vini rossi americani, quelli delle coste settentrionali della California.

Canaiolo nero
Concorre in buona misura (dal 10 anche fino al 30 per cento) alla composizione dell'uvaggio da cui si ricava il Chianti, insieme al Sangiovese, al Trebbiano e alla Malvasia del Chianti, più altre uve minori.
Il grappolo è di formato medio, la foglia piuttosto piccola. L'acino è regolare con colore violaceo, polpa carnosa. La produzione è abbondante.

Cannonau
Tipico della Sardegna, la sua uva è detta anche Canonau o Cannonadu, Se ne ricava un vino rosso, anche da dessert, di gradazione alcolica elevata, di colore carico e profumo caratteristico. Il grappolo è turgido e serrato, il colore dell'acino nero-violaceo, la polpa sciolta senza sapore particolare. Quasi simile al Cannonau (l'uva è la stessa) è l'Anghelo Rujo; inoltre l'uva Cannonau concorre alla produzione di altri vini di Sardegna, come l'Oliena e l'Ogliastra.

Catarratto bianco comune
Tipico della Sicilia, diffuso anche in altre regioni al Sud, è pure detto Catarratto bianco latino, C. Bertolaro, C. Carteddaro. Il grappolo ha forma classica, armoniosa, piuttosto conica. Il colore della buccia è giallo dorato, la polpa piuttosto succosa.
Il Catarratto entra per il 40 per cento nella produzione del vino Etna bianco e per 1'80 per cento nell'Alcamo o Bianco d'Alcamo.

Cesanese comune
È il nome di due vitigni per uve nere diffusi in alcune zone del Lazio, da cui derivano i vini Cesanese d'Affile, Cesanese di Olevano Romano e Cesanese del Piglio.
L'uva è detta anche Sanguinella o Nero Ferrigno. Il grappolo è cilindrico-conico, l'acino tende all'ovale con colore azzurrino scuro. I vini che se ne ricavano sono fini da pasto; se invecchiati di almeno un anno accompagnano egregiamente gli arrosti.

Ciliegiolo
Detto anche Ciliegino, fa parte dei vitigni minori della Toscana. Il grappolo è grosso, con forma cilindrica allungata. L'acino ben arrotondato ha colore violaceo e polpa piuttosto succosa.
Il Ciliegiolo entra, ma non sempre, tra i vitigni raccomandati per la produzione del Chianti, fino ad un massimo del 5 per cento, ma gli è preferito il Colorino. Viene impiegato anche per il Rosso delle Colline Lucchesi.

(Continua con: I vitigni fondamentali #4/17)

Corso di Recupero per Astemi #31

I vitigni fondamentali #2/17

Bianco d'Alessano
Tipico delle Murge pugliesi, produce un'uva di colore giallo tendente al verdognolo.
Entra nella composizione di vari vini, tra cui il pregiato Castel del Monte bianco.

Biancolella
Detto anche Jancolella, è caratteristico dei terreni vulcanici dell'isola d'Ischia. ln Corsica viene chiamato Petit Blanche. Il grappolo è allungato, gli acini tendono al verdognolo, La produzione non è molto abbondante, ma il vino è considerato uno dei migliori da pesce da antipasto. È vinificato a sé oppure entra nella composizione dell'Ischia bianco.

Bombino bianco
Molto diffuso nelle Puglie, assomiglia in parte al Trebbiano. Dalle sue uve si ricavano vini adatti per la produzione del vermut. Presenta un grappolo piuttosto grande, di colore dorato, tendente al giallastro. È detto anche Calpolese e Trebbiano di Teramo.

Bombino nero 
Di antichissima origine, ha grappolo grosso e piuttosto compatto, acino a sfera di colore blu. Il Bombino entra nell'uvaggio di alcuni vini rossi pugliesi.

Bonarda piemontese
Già noto nel Settecento sui colli torinesi, ha grappolo piuttosto grande, acino medio rotondo con buccia nero-violacea. L'uva è detta anche Balsamina, Bonarda di Chieri e Bonarda di Gattinara.
In alcuni luoghi dell'Oltrepò (specie a Casteggio) la Bonarda vinificata da sola offre ottimi risultati.

Brachetto
Detto anche Bracchetto, è tipico delle province di Alessandria e Asti. Presenta un grappolo non molto grande, con acino medio, di sapore succoso, aromatico e colore violaceo scuro. I l più noto dei vini che ne derivano è il Brachetto d'Acqui, da dessert, in versione naturale e spumante. Ha un colore rosso rubino tendente al rosato.

Brunello di Montalcino
Di origine toscana, è coltivato a Montalcino (Siena), ha grappolo di grandezza media, di forma cilindrica, compatto.
L'acino regolare e rotondo è rivestito da una buccia di colore nero violaceo, piuttosto consistente e pruinosa. La produzione non è abbondante, ma costante.
Il Brunello di Montalcino entra nella cerchia dei più prestigiosi vini italiani: è detto anche Sangiovese grosso.

Cabernet Franc
Importato dalla Francia nel secolo scorso dal conte Manfredo di Sambuy, viene chiamato non solo «franc» (francese) ma anche Gros Cabernet, Grosse Vidure e Cabonet.
Presenta un grappolo a piramide, alato, e acino di colore blu-nero, a polpa dolce e carnosa. È ambientato molto bene in alcune zone del Friuli e del Trentino-Alto Adige, ma lo ritroviamo anche nel Veneto.
Spesso le uve vengono mescolate con il Cabernet Sauvignon.

(Continua con: I vitigni fondamentali #3/17)

Corso di Recupero per Astemi #30

I vitigni fondamentali #1/17

Vitigno è la varietà di vite coltivata: questa definizione individua la stirpe delle uve, la loro più o meno lontana provenienza.
Esistono vitigni comuni e vitigni nobili, capaci di trasmettere al vino le caratteristiche originarie per un periodo di tempo che facilmente varca i secoli.
Trapiantati da una terra all'altra, i vitigni possono mutare le loro caratteristiche, anche se non di molto in quanto portano sempre appresso i caratteri fondamentali della loro origine. Ci sembra opportuno dare al lettore una panoramica dei principali vitigni esistenti, conoscenza utile per la successiva individuazione dei vini. Ricordiamo che la composizione del grappolo varia, col variare del vitigno, in lunghezza e peso, così come variano i graspi, la buccia e i vinaccioli. Variano, naturalmente, anche le sostanze contenute nelle varie parti e la loro funzione al momento della vinificazione.

Aglianico
Antichissimo vitigno diffuso in Campania e in Basilicata, chiamato anche Gesualdo, Ellenico, Uva nera. Presenta un grappolo di compattezza media e acino regolare di colore blu. Dall'Aglianico deriva il vino omonimo, un rosso tipico dell'Italia meridionale. Con termine vezzeggiativo, specie nei Campi Flegrei, questo vino è detto anche Aglianichello

Albana
Tipico della fascia romagnola, in provincia di Ravenna, Forlì e Bologna (in parte).
Presenta un grappolo di colore dorato e di forma allungata.

Aleatico
Diffuso in varie regioni, specie in Puglia, è originario della Toscana.
Presenta un grappolo medio come formato, acino rotondo di colore blu scuro; sapore caratteristico di moscato dolce. Vitigno molto resistente alle avversità atmosferiche, di produzione costante. Dà origine ad alcuni fra i migliori vini liquorosi italiani, tra i quali l'Aleatico dell'Elba (Portoferraio) e l'Aleatico di Gradoli (Viterbo).

Ansonica
Presenta un grappolo dal colore dorato, con formato piuttosto grosso. Sicuramente di origine preromana, di probabile provenienza siciliana, con parecchi sinonimi, come Inzolia, Zolia bianca, Ansolica, dà origine ai vini bianchi prodotti in Toscana, nel Grossetano.

Barbera
Uno fra i vitigni più noti in Italia, molto diffuso in Piemonte.
Presenta generalmente un grappolo piramidale di colore blu intenso, con buccia pruinosa, dalle sfumature grigie. Le principali suddivisioni dell'uva Barbera sono: Barbera grossa, Barbera fine, Barbera dolce. Ne esce un vino da pasto superiore dal colore rosso scuro e dall'accentuato odore vinoso, con sapore asciutto e austero.

(Continua con: I vitigni fondamentali #2/17)

Corso di Recupero per Astemi #29

L'uva e il vino (Parte nona e ultima): Malattie del vino

I progressi tecnologici compiuti in ogni campo, e naturalmente anche nell'enologia, escludono praticamente la presenza sul mercato di vini malati, come invece accadeva un tempo, quando il vino era commerciato sfuso, in damigiane e bottiglioni, non sempre ben tappati. Vale comunque la pena di conoscere malattie e difetti principali dei vini onde premunirsi in certi casi, per fortuna non frequenti. Quando si manifestano, le alterazioni sono per lo più di origine microbica, poiché taluni microrganismi trovano condizioni favorevoli per il loro sviluppo. 

«Fioretta» - E una delle malattie più comuni, causata dalla trasformazione dell'alcol etilico. Il vino colpito presenta sulla superficie un velo biancastro molto fragile, che poi assume un colore grigiastro che tende a salire lungo le pareti del recipiente, sia esso botte, fiasco o bottiglia. A livello familiare può capitare quando si infiasca in proprio e appare questo strato sul collo della damigiana, o si notano puntini biancastri affioranti sulla superficie. Non è un difetto grave, si può eliminare con filtrazioni. In gergo tecnico per far scomparire la fioretta si procede ad una scolmatura.

Acescenza o spunto - L'alterazione può essere più o meno grave e in questo caso il vino sa decisamente di aceto, per cui bisogna evitare di berlo: lo stesso palato mette in allarme il consumatore. Lo «spunto corrisponde alla fase iniziale, in uno stadio più avanzato si determina l'acescenza cioè si sviluppa quel Mycoderma aceti che fu già isolato dal grande Pasteur. Il difetto è praticamente ineliminabile. Si verifica, in genere, quando i vini sono di gradazione alcolica troppo bassa e mancano di stabilità. 

Agrodolce o fermentazione mannitica - Si sviluppa in certi casi nei vini giovani, specie in quelli di tipo amabile, con basso valore di acidità: il vino presenta delle particelle in sospensione e tende ad intorbidarsi. 
Presenta inoltre un sapore dolciastro, come un frutto che abbia superato i limiti di maturazione, con aggiunta di una punta fastidiosamente acida. Il fenomeno è provocato da microbi che trasformano gli zuccheri del vino in mannite. I vini scrupolosamente lavorati non presentano mai questo inconveniente; in fase di produzione il difetto viene eliminato con aggiunta di anidride solforosa. Tale ag-giunta va calibrata scrupolosamente; altrimenti quando il consumatore beve il vino può andare incontro a cefalee. 

II girato è una malattia che si sviluppa di solito nei mesi estivi, con il gran caldo, e l'insorgere del fenomeno è caratterizzato dallo sviluppo di bollicine di anidride carbonica. Il vino si intorbida e si scolora e prende un odore poco gradevole, come se fosse invecchiato precocemente. L'inconveniente é fra i più gravi: se affrontato dal produttore di vino all'inizio, può essere rimediato con la pastorizzazione del vino e con una filtrazione molto accurata; se si verifica nella cantina del privato, il vino è da buttare. 

II filante o grassume si verifica particolarmente a carico dei vini dolci che diventano, in questa circostanza, torbidi ed oleosi.

L' amaro è una malattia che colpisce i vini rossi nella fase di invecchiamento. Si verificano i seguenti sintomi: intorbidazione, attenuazione del colore, sapore decisamente amaro. I produttori curano questi inconvenienti con carboni vegetali attivi. 
I carboni — diciamolo per inciso — sono permessi dalla legge. Riescono quasi sempre ad eliminare gli odori estranei. 
Gli oli enologici (meglio dell'olio d'oliva che si usava un tempo) sono parimenti utili per proteggere la superficie del vino dal contatto con l'aria in botti, damigiane e fiaschi. Va precisato che sia i carboni sia gli oli sono insolubili nel vino e quindi non possono produrre alterazioni di sorta, né del gusto, né dell'aroma. Questo discorso vale per tutti gli altri additivi e coadiuvanti, tipo colle, gelatine o minerali silicei, tutti prodotti pure innocui e insolubili. Se ben impiegati, giovano al vino e ne perfezionano le caratteristiche.

(Fine de: L'uva e il vino - Continua con I vitigni fondamentali #1/8)

Corso di Recupero per Astemi #28

L'uva e il vino (Parte ottava): I componenti del vino #2/2

Sostanze coloranti - Possono essere più o me-' no presenti nel vino non solo in dipendenza di ciò che è contenuto nella buccia dell'uva, ma anche del sistema di vinificazione. 
Le uve bianche sono colorate dai flavoni che conferiscono ai vini quel colore giallo più meno accentuato. Nelle uve nere o rosse oltre ai flavoni sono presenti gli antociani, sostanze di colore che variano tra il rosso, il violaceo e l'azzurro. Tra queste sostanze si distingue l'enina, che si trova nella buccia dell'acino. 
Dalla quantità dei pigmenti presenti nell'uva e nel vino deriva l'intensità colorante degli stessi e la gamma di tonalità dei vini bianchi e rossi. In taluni vini bianchi, la clorofilla dona tonalità verdoline. 
Molto vicine alle sostanze coloranti sono le tanniche, il cui principale componente é il tannino; la sua presenza, a seconda della quantità, fa giudicare il vino aspro, astringente, allappante e ruvido. Le bucce contengono parecchio tannino, in proporzione da l a 5 in confronto alle bianche. Poiché questo composto sarebbe un calmante del sistema nervoso, si dice che i vini rossi sono più adatti dei bianchi per le persone che hanno un sistema nervoso scosso. 

Composti organici - Nel vino sono contenuti parecchi composti organici di natura complessa, che influenzano i caratteri organolettici accrescendone il valore nutritivo: sostanze azotate, mucillagginose, gommose e pectiche. Queste ultime sono degli idrati di carbonio che si trovano nel mosto allo stato colloidale e vengono anche chiamati colloidi protettori, in quanto ostacolano altre precipitazioni nocive. I protidi o sostanze azotate si trovano nel mosto in quantità minime, tuttavia la loro presenza é necessaria in quanto sono gli alimenti perì lieviti della fermentazione alcolica. Queste sostanze allo stato colloidale contribuiscono poi, in seguito a fermentazioni secondarie, a conferire il caratteristico bouquet al vino. 
Costante è la presenza dei gas: di essi l'anidride carbonica è uno dei più importanti fra quelli che si sviluppano durante la fermentazione alcolica. Ogni successiva rifermentazione, possibile nei vini aventi dello zucchero residuo, porta alla creazione di nuova anidride carbonica; lo stesso avviene nel corso della fermentazione malolattica. 
L'ossigeno è indispensabile per la moltiplicazione dei lieviti nella prima fase della fermentazione alcolica ed è necessario all'affinamento dei vini pregiati. 
E' con questo mezzo che avviene la conservazione per lunghi anni nei recipienti di legno. Un gas che si manifesta sovente nei vini e che può conferire un cattivo odore di uova fradice è l'idrogeno solforato. II difetto viene elimina to mediante l'aerazione. E' infine presente l'azoto, che però resta inerte e non avvertibile alla degustazione.
I processi enzimatici, quali l'invertasi, entrano nei processi di scomposizione del saccarosio in glucosio e fruttosio. Infine, parte delle vitamine contenute nell'uva si ritrovano nel vino. La vitamina C ha tra l'altro un effetto antiossidante. Siccome le vitamine sono sensibili ai troppo bruschi sbalzi di temperatura, quando i mette in opera la pastorizzazione del vino i solito eseguita per rendere più stabili vini i consumo corrente restano distrutte. 

Analisi chimica 

Ha lo scopo di determinare la quantità dei vari componenti del vino. Ciò può dare utili indicazioni, sia per giudicare il suo stato di evoluzione che per stabilire i trattamenti e le cure eventuali cui sottoporlo. Le analisi compiute di solito (a parte altre indagini più complesse) riguardano la determinazione dell'alcol, degli acidi fissi e volatili, degli zuccheri e infine delle sostanze estrattive.
La determinazione dell'alcol si effettua per mezzo di apparecchi chiamati ebulliometri. 
L'acidità totale viene espressa in acido tartarico (tot grammi per litro) anche se a determinarla concorrono gli innumerevoli acidi presenti nel vino, sia in forma libera sia salificati. Servendosi della stessa reazione chimica svolta per determinare l'acidità totale, con gli esami di laboratorio si può stabilire il quantitativo di acidi volatili, che vengono separati l dagli acidi fissi mediante un flusso di vapore acqueo. Sempre attraverso l'analisi chimica si può determinare la quantità di zuccheri, ancora espressa in grammi per litro. 
Per estratto secco si intende l'insieme di quelle sostanze non volatili che restano dopo che il vino è stato fatto evaporare. Esso comprende quindi gli acidi fissi, le sostanze minerali assorbite dalla vite attraverso il terreno, quali gli acidi inorganici salificati con potassio, magnesio, calcio e sodio; la glicerina, gli zuccheri, gli amidi, le pectine, le gomme, mucillaggini, sostanze azotate e coloranti.
Questo complesso che costituisce il «corpo del vino» varia da un minimo di 15 a un massimo di 30 grammi per litro, eccezion fatta per lo zucchero. Sono due i sistemi di determinazione: diretto e indiretto. Il primo mediante evaporazione e pesatura dei residui, il secondo tramite un rapporto tra la densità del vino e quella del suo distillato alcolico. 

Grado alcolico 

Il tenore di alcol svolto nei vini asciutti (completamente fermentati) e il tenore dell'alcol complessivo nei vini amabili servono come base nelle contrattazioni per stabilire il prezzo, in quanto si suppone che ad alte percentuali alcoliche corrispondano vini più sani e più buoni. La gradazione legale minima per i vini immessi ai consumo è fissata dalla legge in 10 gradi. Per i vini Doc la gradazione legale è stabilita dal disciplinare di produzione. Per determinare i pregi dei grandi vini, oltre al fattore alcolico, intervengono valori assai più importanti. Per ottenere il prezzo di un ettolitro di vino si moltiplica il prezzo per grado per il numero dei gradi riscontrati nel vino. Esempio: vino da 11 gradi, moltiplicati per lire al grado uguale a lire 44 000 all'ettolitro.

(Continua con L'uva e il vino (Parte nona): Malattie del vino

Corso di Recupero per Astemi #27

L'uva e il vino (Parte settima): I componenti del vino #1/2

Per chi si occupa di vitivinicoltura ed enologia, anche a livello di semplice appassionato, è importante dare almeno uno sguardo alla composizione del vino, per cercare di penetrare i segreti della sua intima struttura. Intanto, poiché il vino deriva dal mosto (che si ricava dall'uva fresca mediante pigiatura, sgrondatura o torchiatura), è evidente che molte sostanze dal mosto passano al vino e qualcuna di esse diminuisce percentualmente mentre altre aumentano. 
Che cos'è il vino? Domanda semplice, ma vediamo cosa dice in proposito la legislazione italiana: Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica totale o parziale dell'uva fresca ammostata con gradazione alcolica di almeno tre quinti della gradazione complessiva. L'enotecnico potrebbe aggiungere che questa bevanda è una soluzione idroalcolica (vale a dire un composto di acqua e alcol) nella quale si trovano disciolti numerosi componenti acidi, salini, organici, aromatici che a tale soluzione conferiscono particolari proprietà organolettiche e sapori variatissimi. 
Sotto l'aspetto più compiutamente chimico, la soluzione idroalcolica é molto complessa ed è formata da numerose specie molecolari, aventi un andamento evolutivo promosso dagli enzimi e portato a compimento dai microrganismi presenti nella sostanza in cui hanno il loro ambiente naturale, che varia a seconda dei rapporti in cui si trovano i suoi componenti e con reazioni diverse a seconda dei trattamenti che il vino ha subito ad opera di coloro che lo producono e lo portano a maturazione. 
Probabilmente non esiste un altro alimento tanto complesso per tutte quelle sostanze che si formano durante la fermentazione alcolica, la fermentazione malolattica, le fermentazioni secondarie e durante il periodo di invecchiamento. 
Nella sua costituzione sono stati ravvisati oltre duecento elementi, ma si parla di un numero ben superiore, anche se non ancora totalmente definito. 
Vediamo di analizzare brevemente la composizione del vino. 

Acqua - Considerazioni scherzose a parte, è la principale componente del vino. Si trova nella stessa quantità presente nel mosto, con una percentuale che varia dal 70 all'85 per cento. 

Alcol etilico - In ordine di importanza viene subito dopo l'acqua ed è presente in quantitativi che variano dal 4,5 al 19 per cento per i vini fortemente alcolici. Esso deriva dalla fermentazione degli zuccheri presenti nel mosto (glucosio e fruttosio) ad opera dei lieviti. La gradazione alcolica può essere "svolta": è l'alcol effettivamente contenuto nel vino. La gradazione potenziale fa riferimento all'alcol che si svilupperà se si farà fermentare lo zucchero indecomposto ancora contenuto nel vino. La gradazione complessiva infine altro non è che la somma di quella svolta e di quella potenziale. 
L'alcol etilico ha grande importanza nel vino perché, oltre al "carattere", conferisce al prodotto un margine di sicurezza contro l'attacco di microbi patogeni che diminuirebbero la sua conservabilità.

Altri alcoli - Sia pure presenti in modesta quantità, hanno la loro importanza in quanto concorrono durante l'invecchiamento alla formazione degli esteri, sostanze che influiscono sullo sviluppo degli aromi. Citiamo —oltre all'alcol metilico — il propilico, il butilico e l'amilico, nonché la glicerina, alcol trivalen-te: questa conferisce al vino morbidezza. 

Acidi - L'insieme degli acidi organici e inorganici costituisce l'acidità, molto importante dal punto di vista della degustazione (viene subito dopo gli alcoli). 
L'acido tartarico é quantitativamente il più importante, poi vengono l'acido malico e l'acido citrico, già presenti. nel mosto. L'acido succinico e il lattico derivano invece dal processo fermentativo. 
Tra gli acidi volatili il più importante é l'acido acetico, che però deve essere moderatamente presente nei vini provenienti da uve sane. L'insieme dell'acido acetico e dell'acido lattico, nonché degli esteri volatili e dell'aldeide, compongono la cosiddetta «acidità volatile», a volatile (perché si separa mediante distillazione) insieme all'acidità fissa (che è l'insieme degli acidi organici contenuti nell'uva) forma l'acidità totale, da cui dipendono la salute, la freschezza e la buona conservazione del vino. 
Secondo la legislazione italiana, i vini per il consumo diretto non debbono avere un contenuto in acidi volatili che superi un decimo della gradazione alcolica.

Minerali - Oltre agli acidi organici, il vino contiene gli anioni degli acidi minerali (come il solforico, il cloridrico, il fosforico, il salicilico e altri) che sono totalmente combinati, ovvero salificati, dai cationi (potassio, calcio, magnesio, sodio, alluminio, ferro, manganese, rame, arsenico), tutti elementi che la vite assorbe dal terreno e che ritroviamo nel vino. Tali componenti possono variare da poche decine di milligrammi a 300 o 400 milligrammi per litro. 

Zuccheri - Nei vini secchi rimangono pochissime tracce di zuccheri dopo la fermentazione alcolica. Comunque essi non mancano mai e contribuiscono a rendere il gusto più o meno morbido. Si parla di vini amabili quando gli zuccheri presenti nel vino sono nell'ordine dall'1 al 3 per cento. Quantità maggiori danno luogo ai vini dolci. I filtrati dolci possono arrivare anche a 70 grammi di zucchero per litro. Oltre al glucosio e fruttosio, sono presenti anche altri zuccheri speciali.

(Continua con L'uva e il vino (Parte ottava): I componenti del vino #2/2)

Corso di Recupero per Astemi #26

L'uva e il vino (Parte sesta): Come si fa il vino #2/2

I classici sistemi di vinificazione 

In bianco - Questo sistema è generalmente usato per i bianchi, per i quali si richiede un leggero colore, gusto liscio, delicato, senza tannicità. Principalmente consiste nella separazione immediata, dopo la pigiatura, delle vinacce dal mosto, il quale comincia a fermentare soltanto dopo tale separazione. 

In rosso
- Questo sistema consiste nel far fermentare il mosto di uve nere a contatto delle vinacce per alcuni giorni, durante i quali una certa percentuale di zucchero subisce la trasformazione in alcol. La durata del contatto dipende dalla qualità dell'uva e dal tipo di vino da produrre, nonché da fattori ambientali.

In rosato - Consiste nella fermentazione in bianco-rosato di mosti ricavati da uve nere. Questo sta a significare che il vino rosato non deriva dal semplice taglio fra vini bianchi e rossi, sistema troppo semplicistico, ma da una scrupolosa e appropriata tecnica di lavorazione di determinate uve. Il «cerasuolo, ad esempio, è un vino con qualità intermedie fra il rosato e il rosso. 

Cure al vino nuovo 

Sono molto importanti e consistono nelle colmature, nei travasi e nei controlli analitici. Come ho già accennato, la presenza di aria sulla superficie del vino è dannosa, per cui va ripristinato il massimo livello con aggiunta di altro vino sicuramente sano e di buona qualità. Talvolta è necessario ricorrere ad uno strato di vaselina pura per preservare il vino dal contatto con l'aria. 

Travasi - Questi passaggi del vino da un recipiente all'altro vanno eseguiti con molta cura. ll primo avviene a fermentazione ultimata: il vino viene «svisato» e posto nelle botti. E' ancora molto torbido, però grazie all'abbassamento della temperatura ambiente (d'inverno) e alla quiete, deposita le sostanze che ha ancora in sospensione e che provengono dalle parti solide dell'uva. 
I vini rossi di buona costituzione, ricchi tannino, diventano presto limpidissimi. Si rende allora necessario il travaso in altre botti da effettuarsi a dicembre; un altro segue a marzo; poi un altro ancora a settembre quando si approssima o è già in corso un'altra vendemmia. 
Per i vini da invecchiamento, negli anni successivi, é sufficiente un solo travaso all'anno. Al termine di queste operazioni di chiarificazione e precipitazione spontanee, il vino risulta più stabile e brillante, a meno che non siano nel frattempo intervenute azioni batteriche nocive. Va tenuto presente che il miglior vino é quello che presenta un minor numero di scorie o di residui superflui. 
Va seguita con attenzione l'evaporazione che si verifica nelle botti, attraverso i pori del legno. Occorre procedere alla colmatura delle botti, almeno una volta alla settimana, con vino sano. Per questa operazione si segue il calo di appositi bicchieri posti sulla sommità della botte, o con altri sistemi, che segnalano i mutamenti avvenuti.

Intorbidamento - Un inconveniente cui quasi tutti i vini vanno più o meno soggetti è l'intorbidamento, causato dall'insolubilità del cremortartaro.
Un rimedio naturale é rappresentato dall'abbassarsi della temperatura, tramite il freddo invernale. 
Ma esistono anche altri sistemi maggiormente tecnici perché gli sbalzi termici troppo bruschi possono danneggiare il vino. 
Una filtrazione accurata si ottiene con il passaggio del vino attraverso strati filtranti, composti con tela, cellulosa, amianto in fibre. Logicamente con i travasi la chiarificazione avviene spontaneamente tramite la forza di gravità. Tuttavia vari agenti esterni possono favorirla, oppure ostacolarla, provocando delle coagulazioni e degli intorbidamenti che formeranno egualmente dei depositi, sempre fastidiosi. I bianchi e i vini provenienti da uve immature presentano maggiori difficoltà. In tal caso si procede alla chiarificazione dei vini con varie sostanze, come il bianco d'uovo e le gelatine.

(Continua con L'uva e il vino (Parte settima): I componenti del vino #1/2)

Corso di Recupero per Astemi #25

L'uva e il vino (Parte quinta): Come si fa il vino #1/2

La prima operazione conseguente alla vendemmia è la pigiatura dell'uva, ossia la riduzione dell'uva in mosto. La pigiatura ha lo scopo di provocare la rottura della buccia e la fuoruscita della polpa dell'acino. Solo alcune piccole aziende di carattere familiare pigiano l'uva con i piedi nudi in vasche rettangolari di legno a un solo fondo o su doppi fondi. Se si pigia su un fondo solo, il mosto va asportato subito affinché non crei ostacoli per l'altra uva. Logicamente, la pigiatura meccanica è considerata il miglior sistema e anche il più economico per una vinificazione razionale. Con i metodi più aggiornati si ottiene subito la separazione del mosto dalle scorie che sono rappresentate dai graspi, dai vinaccioli e dalle bucce, quell'insieme che forma le cosiddette vinacce.
Queste vinacce vengono fatte macerare, per un periodo più o meno lungo, in alcuni tipi di vinificazione unite al mosto nella fase di fermentazione, ma la pratica della separazione delle scorie principali, e cioè i graspi, è ormai entrata nell'uso corrente. 
Le pigiatrici sono macchine dotate di una tramoggia nella quale viene immessa l'uva da pigiare. Dalla tramoggia l'uva passa tra due cilindri scanalati i quali, ruotando in senso opposto tra di loro, eseguono un lavoro di schiacciamento degli acini. Il pigiato cade in un cilindro metallico forato che mediante un sistema rotante riesce ad eliminare i graspi che non andranno a fermentare nei tini. La buccia, i vinaccioli e il mosto liquido cadono in un tino sottostante. 
Senza addentrarci in spiegazioni troppo particolareggiate, diciamo che i sistemi di diraspatura (senza i graspi) e non diraspatura (con i graspi) presentano i loro vantaggi e svantaggi. La presenza dei graspi, ad esempio, é utile per i vini che si vogliono particolarmente tannici, colorati o aromatici, in quanto essi facilitano la solubilizzazione del tannino; ne viene anche accelerata la fermentazione stessa. 

La fermentazione 
Questa complessa operazione per trasformare il mosto in vino si conosceva fino dal tempo degli Assiri, ma furono i Romani a perfezionarla. Fermentazione viene dal latino fervére e significa bollire. Infatti assomiglia molto al sobbollimento di un liquido. Quello ottenuto dalla pigiatura si presenta torbido, denso, appiccicaticcio, di sapore dolce e nello stesso tempo acido. Viene posto a fermentare negli appositi tini, dove viene lasciato per un certo periodo di tempo. Non bisogna abbandonare il mosto in fermentazione in balia di se stesso: si potrebbero ottenere risultati disastrosi. 
Il mosto è composto da una parte liquida e da una parte solida (le bucce e i vinaccioli). Queste parti solide, avendo peso specifico inferiore al liquido, tendono a salire in superficie e quindi a separarsi dal liquido. La loro risalita é facilitata dall'anidride carbonica che rigonfia le parti solide. La vinaccia che risale in superficie e che si separa dal liquido prende il nome di «cappello». A contatto con l'aria il cappello si ossida e non bisogna permettere che questo si verifichi. Ecco perché si dice che la vinificazione, di solito, avviene a «cappello sommerso». Per affondare questo cappello ci si serve di bastoni muniti di pioli che si chiamano "follatori" oppure si dispone sulla parte superiore del tino un graticcio di listelli di legno. Nelle grandi vasche di fermentazione si usa il sistema del cappello emerso perché il recipiente ha un soffitto, quindi non è scoperto.
La fermentazione alcolica viene divisa in due periodi: fermentazione tumultuosa e fermentazione lenta. La prima fa seguito alla pigiatura dell'uva e va fino alla svinatura; la «lenta» prosegue poi fino alla completa trasformazione degli zuccheri in alcol. 
La svinatura è l'operazione che permette di separare le vinacce dal mosto fermentato che si avvia a diventare vino; il prodotto che se ne i ottiene viene chiamato «vino fiore».

(Continua con L'uva e il vino (Parte sesta): Come si fa il vino #2/2)

Corso di Recupero per Astemi #24

L'uva e il vino (Parte quarta): La vendemmia

La conclusione delle fatiche che durano ininterrottamente tutto l'anno si ha con la vendemmia. Questa pittoresca operazione di raccolta dell'uva che ha stimolato tante fantasie descrittive e pittoriche, ma per la quale è difficile reclutare operatori volonterosi e capaci (anche in considerazione del fatto che si conclude in brevi termini), può essere fatta in un arco di tempo che varia tra i mesi di luglio e ottobre, più raramente novembre. In genere si raccolgono prima le uve bianche, per gran parte delle quali viene consigliato ai vignaioli di non oltrepassare il limite di giusta maturazione, caso mai di anticiparlo. 
Le uve nere si vendemmiano quasi sempre nel mese di ottobre. Le prime uve si ottengono di solito nell'Italia meridionale, ma certi Pinot vengono vendemmiati in agosto anche in settentrione. Uve tardive possono essere considerate quelle dei vitigni Sangiovese e Montepulciano delle Marche e degli Abruzzi; con l'Aglianico della Basilicata si va a novembre. Diverse volte si vendemmia in novembre anche nella zona dei Nebbioli piemontesi e dei Barbaresco, in provincia di Cuneo. Può essere considerato un vantaggio cogliere le prime nebbie, a patto che l'umidità non sia troppo elevata e segua subito dopo il sole.
Con la specializzazione e il progressivo abbandono delle colture miste, tipo vite e olivo, la produzione di uva per ettaro é generalmente, aumentata. I disciplinari che regolano la produzione dei vini Doc (denominazione di origine controllata) però stabiliscono delle limitazioni precise. Per il Barbaresco e per il Barolo, ad esempio, sono ammesse produzioni non superiori, in ogni caso, a 80 quintali per ettaro. Per il Chianti 125 quintali per ettaro, per il Chianti Classico 115 quintali, per il Frascati 130 quintali, per l'Ischia bianco o rosso 100 quintali. Alcune rese sono state criticate perché ritenute troppo abbondanti, ma in genere i risultati delle vendemmie sono sempre inferiori al massimo, che si ottiene solo nelle annate estremamente favorevoli. Come abbiamo detto, la conclusione annuale delle lunghe fatiche nella vigna é costituita dalla vendemmia. Valutare il momento di cogliere l'uva non è facile, anche perché possono incombere sfavorevoli e imprevisti eventi meteorologici. Ogni volta sorgono dubbi e paure, il vignaiolo scruta sovente il cielo con molta trepidazione. Talvolta si pente di avere anticipato l'operazione di raccolta.
L'uva va vendemmiata nel momento della sua giusta maturazione fisiologica. L'epoca può essere leggermente spostata a seconda delle condizioni atmosferiche o del tipo di vino che si vuole ottenere. Occorre seguire scrupolosamente la maturazione fino al momento in cui l'acino da verde diventa giallognolo o giallo per le uve bianche e violaceo per le rosse; contemporaneamente l'acino aumenta anche di volume. Si verifica, in questa fase, il fenomeno più importante, la formazione di zuccheri; il «tenore zuccherino» viene misurato con appositi strumenti. 
Per rendersi conto del grado di maturazione è preferibile non affidarsi al metodo empirico dell'assaggio, ma attendere il responso dei mostimetri e refrattometri dei laboratori gestiti dai consorzi o da altri enti. 
La vitivinicoltura moderna non si affida più ai proverbi di stampo contadino, ma agli enotecnici e agli specialisti degli ispettorati agrari. Per i vini bianchi, che necessitano di alta percentuale di acidità, é sempre bene anticipare il raccolto. Specie per le uve Pinot, dalle quali si ricavano gli spumanti, la raccolta anticipata costituisce un fattore determinante. Quando, a causa di piogge persistenti, esiste il timore di uve malsane dalle quali discenderanno vini altrettanto imperfetti, soggetti alla "fioretta" (Mycoderma vini), si raccoglie l'uva anticipatamente per evitare danni maggiori. 
Esistono delle regole per la raccolta dell'uva che è bene seguire. Intanto è sconsigliabile staccare i grappoli nelle primissime ore del mattino o subito dopo la pioggia. In questi casi si verifica una diminuzione del tenore zuccherino.
Inoltre, il grappolo a causa dell'umidità risulta più facilmente attaccabile dalle muffe. Molto importante è la «cernita» delle uve che va fatta subito al momento del raccolto. Di solito vengono separate da una parte le uve per il vino «scelto», dall'altra le uve per vini meno pregiati. Vanno scartati decisamente i grappoli intaccati dal marciume perché guastano anche quelli sani e conferiscono, come minimo, cattivi sapori al vino. 
Il raccolto più razionale si ottiene impiegando ceste o cassette di legno o di plastica e maneggiando l'uva con molta accuratezza. Specie in colline dai pendii aspri, vengono adoperati bigonci che possono contenere anche 50 chili o più. Non è però conveniente ammassare troppo l'uva. 
La raccolta dell'uva fatta con apposite macchine, come si usa comunemente nei vigneti della California, trova molte difficoltà ad essere applicata in Italia. Siamo ancora nella fase sperimentale, tenendo conto che questo sistema non può essere usato nei vigneti impiantati su terreni in notevole pendenza o addirittura scoscesi, come accade ad esempio in Valtellina. 
Per le uve di grande pregio, la raccolta meccanizzata risulta totalmente inadatta, trattandosi di un prodotto particolarmente delicato che richiede cure amorose e molte precauzioni nel maneggiarlo.

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Corso di Recupero per Astemi #23

L'uva e il vino (Parte terza): La coltivazione

La vite può moltiplicarsi per via gamica — il seme — o per via agamica, cioè con talee e propaggini. Non si usa la moltiplicazione per semi se non per produrre nuove varietà e nuovi ibridi. In tutti gli altri casi si utilizzano le talee o barbatelle, che sono piante giovanissime fornite di radici fittizie a forma di barba. Si chiamano anche margotte di vite e ci sono appositi vivai specializzati per i rifornimenti. Questi appezzamenti di terra si chiamano barbatellai ed esercitano una funzione importante nel campo vitivinicolo.
Generalmente come talea viene utilizzato un pezzo di tralcio di un anno, con almeno due gemme. A uno o due anni dall'innesto, le barbatelle o pianticine vengono trapiantate nel vigneto, preferibilmente in autunno, a una distanza che varia secondo la forma di allevamento. Le colture più diffuse sono a spalliera, cioè sorrette da un'intelaiatura, e a pergolato. In questo caso, l'impalcatura a sostegno delle viti è costituita da due file di pali, o colonnette di cemento, congiunti al vertice da elementi orizzontali ad un'altezza dal suolo tale da consentire il passaggio di addetti alla lavorazione o all'immutabile rito della vendemmia. La coltura ad alberello, così tradizionale nell'Italia centro-meridionale, cioè con piante singole potate a forma di albero, sempre di bassa statura, va gradatamente scomparendo anche in Puglia, per far posto a sistemi più aggiornati.
Nei vigneti specializzati le viti variano come numero da 2000 a 10000. Per i sistemi si tiene conto dei terreni, dei climi e delle pendenze. Si cerca di rendere stabili più che si può le attrezzature perché i costi sono elevati e il materiale facilmente deteriorabile. Anche i pittoreschi vigneti con le viti maritate agli alberi (aceri o olmi), tradizionali nella zona di produzione del Lambrusco e in Campania, vanno gradatamente scomparendo e ne prendono il posto i sistemi tipo Guyot, Sylvoz e altri, sempre di impronta specialistica. 
II terreno, nel caso di nuovi impianti, va preparato a volte con profondi scassi, o sbancamenti di rocce. Occorre una concimazione frequente ed anche l'irrigazione. Annualmente la vite richiede almeno tre lavorazioni del terreno: una più profonda nel periodo di riposo, una media in primavera, una superficiale nel mese di agosto. Tralasciando le altre operazioni secondarie relative al terreno, sono invece di grande importanza i trattamenti antiparassitari contro le principali malattie crittogamiche quali l'oidio e la peronospora.

(Continua con L'uva e il vino (Parte quarta): La vendemmia)