Corso di Recupero per Astemi #22

L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

La vite ha una grande capacità di adattamento all'ambiente, tollera anche estremi termici notevoli, ma occorrono determinate temperature minime per i suoi principali fenomeni vitali. Per esempio, perché avvenga la fioritura, la temperatura deve raggiungere almeno i 16 °C. Per la maturazione occorrono da 18 a 23 °C. Talvolta può essere la luce a supplire a qualche difetto di temperatura. Un eccesso di precipitazioni, inoltre, in tutte le fasi vegetative, favorisce lo sviluppo delle malattie crittogamiche. Più che la siccità, la vite teme l'umidità, le brine primaverili, le nebbie troppo frequenti, le rugiade troppo abbondanti, i venti impetuosi. Salvo alcuni tratti della pianura padana, non c'è praticamente regione italiana dove la vite non sia coltivata. In Valle d'Aosta, in Valtellina, nel Trentino-Alto Adige, la vite si spinge a limiti decisamente notevoli, non tanto come latitudine, ma come altitudine. I vigneti da cui si ricava il Blanc de Morgex sorgono su fasce di terreno che superano i 1000 metri di quota. Va segnalato che, di regola, il limite è di 600 metri, ma in Valtellina e nel Trentino-Alto Adige molti vigneti si spingono fino a 800-900 metri sul livello del mare. Come dice Guyot, la vite chiede "quel po' di acqua, di nutrimento e di sole che le sono strettamente necessari". Però dal punto di vista enologIco ed agro-economico il problema si fa più complicato. A seconda delle varie zone vinicole, per le quali va accertata la vocazione», occorre innanzitutto scegliere le varietà di vitigni di sicuro successo, anche per quanto concerne l'accrescimento e la maturazione dell'uva. Con la sua lunga estensione in latitudine, la Penisola comporta differenze notevoli di clima e di temperatura. Abbiamo a disposizibne una varietà di vitigni eccezionale, gran parte dei quali collaudati per esperienza secolare, ma per la scelta è di norma preferibile attenersi alle varietà locali. 
Infatti ogni vitigno è adatto specialmente all'ambiente in cui è sorto o nel quale è coltivato da secoli. Il ricorrere a varietà proprie di altre regioni costituisce sempre un rischio: in alcune zone dove sono stati introdotti vitigni impropri per la ricerca di una maggiore produttività non sempre si sono ottenuti risultati validi. I fattori che influenzano maggiormente la qualità dell'uva sono: il vitigno, il clima e il terreno. Per un'uva di buona qualità viene richiesto di norma un clima mite, di media collina, ventilato, senza ristagno di umidità primaverile o estiva, con giusto grado di insolazione e di piovosità. 
I terreni migliori per i vigneti — dicono i tecnici — sono quelli di medio impasto, fertili, di composizione equilibrata, ricchi di potassio, bene esposti, possibilmente in leggero declivio. Riassumendo, si può dire che il vino buono deriva dall'uva sana e adatta a quel tipo di vino (o da una mescolanza di uve, sempre sane). Quest'uva ideale, ripetiamo, è in funzione di un trinomio: vitigno, clima e terreno.

(Continua con L'uva e il vino (Parte terza): La coltivazione)

Corso di Recupero per Astemi #21

L'uva e il vino (Parte prima)

L'uva, ossia il frutto della vite, formato da bacche (acini) riunite in un'infruttescenza (o grappolo), fornisce la materia prima per la preparazione del vino. Il grappolo è costituito da un raspo e da vari peduncoli con pedicelli sui quali si inseriscono gli acini. Questi si compongono di buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e semi o vinaccioli (endocarpo). L'insieme della polpa è costituito da acqua, zuccheri, acidi, mucillaggini, sali e altre sostanze minerali, azotate, pertiche, vitamine; infine dai vinaccioli o semi. 
La buccia dell'acino contiene essenzialmente materie coloranti (da cui deriva il colore dei vari vini), inoltre aromi, tannino e sostanze minerali. Ha una funzione protettiva e reca esternamente la pruina, una specie di cera che ha il compito di proteggere l'acino dall'umidità, dall'evaporazione eccessiva e dal permanere in superficie di gocce d'acqua. 
Una prolungata e insistente umidità favorisce l'attacco di un fungo microscopico che apre nella buccia delle fessure, mettendo allo scoperto la polpa dell'uva e asportandone le sostanze nutritive. La Botrytis o, come dicono comunemente i vignaioli, "botrite", può avere conseguenze disastrose per il raccolto. In alcuni casi particolari e per certi tipi di vini speciali si lascia sviluppare apposta la botrite perché conferisce pregio alle uve, insieme al d altri fattori connessi con la ritardata maturazione. Le sostanze che avvolgono la buccia sono chiamate in questi casi "muffe nobili". Vini che si avvalgono dell'apporto della "pourriture noble" sono il Tokaj ungherese e lo Chàteau d'Yquem, ma ne abbiamo parecchi anche in Italia, tra cui il Picolit. 
Va anche ricordato che le sostanze minerali contenute nella polpa sono date dai sali che la vite ha assorbito dal terreno e che costituiscono le ceneri del mosto e del vino. 
Elementi temibili per la stabilità del futuro vino sono il ferro e il calcio. Il primo, se presente in notevoli proporzioni, provoca dannosi intorbidamenti. L'uva e il mosto contengono vitamina A, B, C ed altre in quantità variabile. I vinaccioli cedono al mosto soprattutto tannino, in quantità tanto maggiore quanto più lungo è il tempo di contatto.

(Continua con L'uva e il vino (Parte seconda): Influenza dell'ambiente

Corso di Recupero per Astemi #20

Lessico (Parte ottava e ultima)

Sottile - Vino di buona composizione ed armonia, con tutti i componenti in misura modesta che diano sensazioni apprezzabili ed eleganti, ma flebili.

Sottofondo - Sensazioni sottili che vanno intercettate quasi fra le pieghe di quelle principali — più appariscenti — e che completano piacevolmente l'armonia dell'insieme.

Spogliato - Si dice di un vino in via di maturazione in cui, per cause varie, sia avvenuta una sedimentazione eccessiva, tale da impoverirlo in alcuni componenti, lasciando una sensazione di squilibrio e di vuoto.

Spumanti - Vini sottoposti ad una particolare rifermentazione in grandi recipienti (metodo Charmat) o direttamente in bottiglia (metodo classico o Champenois) in modo che assumano la «presa di spuma» dovuta allo sviluppo dell'anidride carbonica in misura non inferiore alle cinque atmosfere, per legge. Sono di solito bianchi, più raramente rosati o rossi, con sapore amabile, mezzo secco o totalmente secco (demi-sec, brut, extra brut).

Spumeggiante - Si attribuisce a vini contenenti una certa percentuale di zucchero residuo che rifermenta naturalmente in bottiglia conferendo il tipico frizzante. A volte lasciano un leggero sedimento.

Spunto - Vedi «Acescenza ».

Stabile - Si dice di un vino ben strutturato e di sicura conservabilità, indipendentemente da considerazioni qualitative.

Stoffa - Designa l'insieme dei componenti, la personalità e il carattere del vino. Può essere distinta, consistente, elegante, oppure tenue, ruvida eccetera.

Tannico - Vino molto ricco di tannini, sostanze organiche complesse presenti nella buccia, nel graspo e nei semi dell'uva. Si trovano soprattutto nei vini giovani rossi e sono destinati a combinarsi formando sostanze insolubili che precipitano. Dal tannino, durante l'invecchiamento, vengono generati i profumi.

Tappo (gusto di) - Il "gusto di tappo" viene conferito al vino dal sughero non stagionato o attaccato dalle muffe ed è molto sgradevole. Se si tratta di un sentore leggero, può scomparire quasi totalmente lasciando la bottiglia aperta per qualche minuto.

Tenue - Vedi «Sfumato». 

Terroso - Si attribuisce a vini nati da uve poste su terreni di particolare composizione che conferiscono loro un sapore sgradevole e marcato, specifico della zona di provenienza.

Torbido - Si dice di un vino la cui limpidezza sia alterata in maniera molto notevole da materie in sospensione destinate a decantare successivamente (alla svinatura). Può anche dipendere da malattie causate da microrganismi che portano alla distruzione del prodotto.

Vecchio - Vino che ha raggiunto o superato lo stadio della «maturazione», assumendo caratteri ben affermati di colore, profumo e sapore. L'accezione del termine è molto relativa perché varia secondo i vini cui viene applicato: in genere si intende un periodo di tempo compreso fra i 5 e i 15 anni.

Velato - Si dice di un vino la cui limpidezza è alterata da piccole particelle in sospensione. E' tipico nei vini giovani negli stadi successivi alla fermentazione principale: scompare per sedimentazione dopo un certo tempo. In qualche caso può essere dovuto a malattie.

Vellutato - Si attribuisce a carezzevoli impressioni gustative che richiamano quelle tattili del velluto. Si tratta sempre di vini invecchiati di buona armonia, con acidità totale moderata e ricchi di glicerina.

Vena - Leggero sentore amabile che si avverte in vini bianchi o rossi contenenti residui zuccherini indecomposti. A volte devia dal sapore principale.

Verde - Vino ottenuto da uve non perfettamente mature che gli hanno trasmesso torme acide anomale. Se l'acidità non è troppo elevata, l'equilibrio può anche essere raggiunto successivamente ed il vino assumerà un durevole tono di freschezza.

Vigoroso - Vedi «Consistente » e «Generoso ».

Vinoso - Si dice di un vino giovane dotato di buona struttura, equilibrio e gradazione alcolica, con carattere ben affermato nelle impressioni olfattive e gustative.

Vivace - Vedi "Fresco"

Vuoto - Ha un significato analogo a quello di «debole», ma in senso peggiorativo.

(Fine del Lessico - Continua con L'uva e il vino - parte prima)

Corso di Recupero per Astemi #19

Lessico (Parte settima)

Salmastro - Vino in cui si ravvisa il sapore del sale da cucina, il che accade in certi vini ottenuti da uve coltivate in terreni salati di bonifica e presso il mare. In alcuni casi il vino è anche «resinato» (prende la resina) quando rimane per un certo tempo in fusti di abete, di larice o di altre piante resinose.

Sapido - Gradevole sensazione gustativa che si rileva in vini di buona razza, nati su terreni particolarmente ricchi di sali minerali. Si impiega anche il termine «salato».

Sapore - Designa le quattro sensazioni fondamentali (acido, amaro, salato, dolce), e il loro insieme, derivate dallo stimolo dei recettori gustativi della lingua e dovute alle proprietà dei corpi che inducono questo stimolo.

Sbattuto - Si dice di un vino, sia sfuso che in bottiglia, che abbia subito un "trauma" dovuto al trasporto o a particolari pratiche di cantina, come travasi o pompaggi. E uno stato transitorio, più o meno lungo, al termine del quale il vino ritrova il suo equilibrio.

Sbollito - Sensazione di fiacchezza che si rileva in un vino che non ha seguito un processo d'invecchiamento favorevole e che ha perso nerbo e personalità.

«Scappa in bocca» - Vino che può dare sensazioni anche gradevoli ma troppo sfuggenti, così da riuscire deludente.

Scarno - Qualifica un vino di scarsa gradazione alcolica, relativamente corretto, ma con sapore e odore insufficienti.

Schiuma - Si forma alla sommità di un recipiente versando il vino. Può essere fuggevole, in vini nervosi, o persistente, in vini grassi o colpiti da malattie. Dal suo colore si possono anche giudicare la salute e l'età del vino.

Scolorito - Vino che rivela macroscopicamente una decolorazione netta rispetto al suo standard ordinario. E normale nei vini rossi invecchiati per la naturale precipitazione delle materie coloranti.

Scorrevole - Designa semplicemente un vino fresco e leggero che scivola facilmente e gradevolmente in gola.

Secco - Si dice di un vino in cui lo zucchero si sia trasformato completamente in alcoli primari nel corso della fermentazione, o sia presente in minime tracce non avvertibili alla degustazione. Se questo vino é ricco di glicerina, può apparire morbido anche se non ha zucchero residuo.

Sedimento - Naturale deposito di sostanze insolubili che si forma a causa della salificazione degli acidi organici presenti nel vino (particolarmente acido tartarico) e della precipitazione delle materie coloranti combinate. Si separa mediante travaso.

Selvatico - Sensazione olfattiva o gustativa, anche molto marcata, tipica dei vini derivanti da vitigni ibridi produttori diretti. Può provenire anche da particolari malattie, come si rileva negli champagnes molto invecchiati.

Sfumato - Si dice di un vino che non dia sensazioni nette e precise, ma solo accennate e sfuggenti, nel colore, nell'odore e nel sapore.

Smaccato - Designa, in senso negativo, un odore o un sapore che si rivelano pesantemente ai nostri sensi. Si riferisce, in particolare, a sapori dolci o fruttati piuttosto ordinari e sgradevolmente persistenti.

(Continua con Lessico Parte Ottava)

Corso di Recupero per Astemi #18

Lessico (Parte sesta)

Neutro - E' un vino correttamente impostato che non ha particolare «marca» derivante dai vitigno di provenienza o dal terreno. Ha sempre acidità totale piuttosto modesta.

Odore - Sensazione percepita dall'organo dell'olfatto nell'aspirare composti volatili. Può designare sia i composti volatili in se stessi sia la qualità delle sensazioni particolari che essi provocano.

Oleoso - E' un vino malato attaccato da particolari batteri anaerobici che ne alterano la struttura rendendolo filante: versandolo non produce rumore. E' tipico di vini bianchi già imbottigliati poveri di alcol e di tannino: diventano opalescenti e insipidi.

Opalescenza - Alterazione del colore e della limpidezza dovuta a cause varie e non sempre ben identificabili, principalmente ad eccesso di sostanze azotate in sospensione o per rapide escursioni termiche.

Ossidazione - Malattia del vino, dovuta a prolungato contatto con l'ossigeno dell'aria, che attacca soprattutto i vini bianchi, alterandone il colore e il sapore.

Passante - Caratteristica di vini leggeri con tenore alcolico e struttura modesti, tali da potersi bere con facilità.

Perlage - In italiano "fontanella". Bollicine di gas carbonico tipiche dei vini spumanti, che si liberano partendo dalle depressioni del vetro del bicchiere — in genere dal fondo — per salire continuamente verso la superficie, espandendosi.

Persistenza - Tempo durante il quale persiste — apparentemente in bocca — una sensazione di aroma dopo che il prodotto degustato è stato espulso dalla bocca, ed è dovuta in prevalenza non ai costituenti volatili del vino, ma a quelli estrattivi.
Si distingue dal retrogusto per il fatto che le sensazioni aromatiche che comporta sono identiche o molto vicine a quelle che erano state percepite mentre il vino era ancora nella cavità orale.

Personalità - Vedi "Carattere".

Pieno - Si applica ad un vino di buon tenore alcolico; corposo ed equilibrato.

Profumo - Insieme delle sensazioni olfattive di un vino. Risulta dalla combinazione dell'aroma dovuto al vitigno e dal profumo vero e proprio, dovuto sia all'attività dei lieviti (fermenti) sia alla progressiva ossidazione che avviene nel corso dell'invecchiamento.

"Pronta beva" - Espressione del vernacolo toscano per designare quei vini che giungono molto presto a maturazione e che quindi vanno bevuti giovani.

Retrogusto - Sensazione gustativa e olfattiva che appare permanendo anche a lungo dopo che il vino è stato espulso dalla bocca a seguito della degustazione. In genere, ha senso positivo e differisce dalle sensazioni percepite inizialmente in bocca.

Retronasale - Designa le sensazioni olfattive i cui stimoli vengono condotti sulle mucose olfattive mediante l'espirazione, partendo dal vino messo in bocca per la degustazione.

Robusto - Vedi "Consistente".

Rotondo - Vino cui la glicerina (alcol superiore), gli zuccheri residui e la moderata acidità totale danno piacevole morbidezza.

Ruvido - Vedi "Angoloso" e "Aspro".

(Continua con Lessico Parte Settima)

Corso di Recupero per Astemi #17

Lessico (Parte quinta)

Grasso - Si attribuisce a un vino molto ricco di glicerina, in genere ancora con residuo zuccherino. Si rivela all'assaggio per la tipica sensazione di untuosità, ed è osservabile anche sulle pareti del bicchiere perché si formano le cosiddette "lacrime" dovute alla maggior tensione superficiale della glicerina rispetto a quella degli altri componenti.

Gusto - Insieme delle sensazioni olfattive e gustative del senso chimico comune dovute alle proprietà del prodotto in esame. In senso stretto, in fisiologia, é sinonimo di sapore.

Immaturo - Si dice di un vino che non abbia ancora raggiunto la pienezza e la completezza del sapore e del profumo. In alcuni casi, quando il vino è conservato in ambienti troppo freddi ed in vasche di cemento, stenta a raggiungere la maturazione anche dopo parecchio tempo.

Inebriante - Sono i vini che si ossidano molto rapidamente nell'organismo umano sottraendo ossigeno dal sangue e causando così uno stato di ebbrezza. A digiuno questo effetto viene raggiunto facilmente.

Leggero - Vino dotato di modesta gradazione alcolica ma di buon equilibrio: è caratteristica apprezzabile in certi vini (Lambrusco, Bardolino, Erbaluce) che si possono bere in quantità senza conseguenze inebrianti.

Limpido - Dopo «brillante» e «limpidissimo», questo termine designa una qualità molto apprezzata dai consumatori, specie nei vini bianchi. Se non raggiunta naturalmente, si ricorre a semplici pratiche enologiche (travasi, filtrazioni, chiarificazione) badando a non sminuire il profumo e l'aroma del vino.

Maderizzato - Vino — per solito bianco o rosato di modesta struttura — che abbia subito un processo di ossidazione naturale mutando gli alcoli in aldeidi. II sapore si infiacchisce e ricorda, degenerato, il Madera o il Marsala invecchiati, e il colore si incupisce.

Magro - Attributo di vini deboli di estratto che Però hanno buon nerbo e sapidità dovuti a ricchezza di sali minerali. In certi vini è caratteristica molto apprezzabile.

Marsalato - Vedi "Maderizzato".

Millesimo - Termine di derivazione francese, attribuito in particolare agli champagnes, che sta ad indicare un'annata di produzione particolarmente felice.

Morbido - Si intende con lo stesso significato di «carezzevole», ma in senso meno nobile.

Muffa - Gusto sgradevole conferito al vino da uve attaccate da funghi unicellulari (Botrytis) in annate particolarmente umide. Si può intendere in senso positivo solo nel caso della «muffa nobile» che fa aumentare. il tenore zuccherino dell'uva e dà al vino un sapore gradevolissimo assolutamente eccezionale: Moscato trentino, Sauternes, Picolit, passiti.

Muschio o Muschiato - Gradevole aroma specifico del vitigno «Moscato» che tende ad attenuarsi nel corso della fermentazione alcolica. Nei tipi dolci è molto più marcato che in quelli secchi.

Nerbo - Qualità positiva legata ad una struttura acida ben equilibrata. Conferisce sempre tono e mette in risalto tutte le buone caratteristiche di un vino che viene anche definito «nervoso».

Netto - Si intende nello stesso senso di «franco» ma può significare la sensazione data da un vino che «chiude bene» in bocca senza ripercussioni di retrogusto.

(Continua con Lessico Parte Sesta)

Corso di Recupero per Astemi #16

Lessico (Parte quarta)

Estratto - L'insieme delle sostanze rimaste dopo che il vino è stato sottoposto a ebollizione prolungata. Se il liquido evapora del tutto, si ha "l'estratto secco". La ricchezza di estratto determina il "corpo" del vino.

Fiacco - Vino che manca di nerbo e che tende a perdere facilmente il proprio equilibrio dopo qualsiasi normale pratica di cantina. 

Finezza - Caratteristica distintiva della provenienza da un vitigno nobile. Si può riferire anche a vini che abbiano un gusto delicato ed un profumo sottile.

Finisce bene - Si dice di un vino i cui elementi costitutivi sono in perfetta sintonia. Dopo aver favorevolmente impressionato l'olfatto e il palato, la buona sensazione è avvertita anche dallo stomaco. 

Fluidità - Si rileva visivamente mentre si versa il vino nel bicchiere e se ne osserva il comportamento. La fluidità è in rapporto con il contenuto alcolico e la glicerina. Se scorrevole, iI vino è "fluido" ma può anche essere denso, oleoso e vischioso. 

Fondo - Vedi "Sedimento".

Fragranza - Sensazione olfattiva e gustativa che ricorda fiori o frutti maturi, o anche le due cose insieme, ed è dovuta all'attività dei lieviti (microorganismi unicellulari presenti sulla buccia dell'uva, dove sono trattenuti da una sostanza cerosa detta "pruina".) 

Franco -  E un vino che da sensazioni nette e ben precise sia all'olfatto che al gusto.

Fresco - Caratteristica tipica di certi vini giovani nei quali si assommano felicemente vivacità, fruttato e gradevole acidità.

Frizzante - Caratteristico sviluppo di gas acido carbonico dovuto a naturali fermentazioni secondarie in bottiglia a spese dello zucchero residuo. Varia di intensità a seconda del contenuto zuccherino. Es.: Moscato naturale, lambrusco, Brachetto eccetera.

Fusto (gusto di) - Sgradevole sapore conferito al vino da recipienti di legno non perfettamente puliti, o lasciati a lungo inutilizzati, o attaccati da muffe. 

Gagliardo - Vino molto robusto e ricco di alcol che sale in fretta alla testa e risulta inebriante. 

Generoso - Vino caldo e vigoroso che dà una gradevole sensazione di benessere producendo un effetto tonico senza inebriare. 

Giovane - Termine che assume significati diversi a seconda dei vini cui sl riferisce. Si applica sia ai vini giovani di età sia a vini che — pur invecchiati per qualche tempo — abbiano mantenuto caratteristiche giovanili. 

Goudron - Tradotto letteralmente "catrame". Caratteristico profumo di vini vecchi ben strutturati che ricorda — in forma nobilitata— gli oli essenziali del catrame.

Gradevole - Vino che all'assaggio sia equilibrato e armonico e finisca bene in bocca.

(Continua con Lessico Parte Quinta)

Corso di Recupero per Astemi #15

Lessico (Parte terza)

Completo - Vino di ottima costituzione che riunisce in sé tutte le qualità positive: profumo, eleganza, finezza, razza ed armonia; si riscontra solo nelle grandi annate. 

Consistente - Designa un vino dotato di struttura molto robusta, i cui componenti siano presenti in misura rilevante, indipendentemente da considerazioni qualitative. 

Corpo o Corposo - Insieme degli elementi che compongono la struttura di un vino, con particolare riferimento alle materie estrattive. 
Il secondo termine indica ricchezza di alcol, di estratto secco, di colore e di sapore. 

Corroborante - Si dice di un vino molto ricco di alcol e di estratto, con deciso sapore amaro gradevole, che agisce come un tonico e viene quindi consigliato negli stati di deperimento organico.

Cultivar - Termine botanico che distingue le diverse sottospecie di uno stesso vitigno.

Debole - Vino scarsamente dotato per carenza qualitativa e quantitativa di componenti, in particolare alcol ed estratto.

Deciso - Si dice di un sapore franco e marcato che si rivela con immediatezza.

Decrepito - Vino sottoposto a un invecchiamento troppo prolungato, nel corso del quale i suoi componenti hanno subito un intenso processo di degenerazione che rende impossibile qualsiasi valutazione degustativa.

Delicato - Attributo di un sapore o di un profumo scarsamente rilevati ma dotati di finezza ed armonia.

Deposito - Vedi "Sedimento".

Distinto - Vedi "Elegante".

Dolce - Termine che sta ad indicare unicamente la presenza di zucchero, in misura variabile ma rilevante — naturale o aggiunto —nettamente percepibile alla degustazione.
In generale definisce un sapore gradevole, ma in modo vago e impreciso, e assume significati diversi secondo i vini cui si riferisce. 

Dolciastro - Vino in cui il dolce appare quasi isolato dagli altri componenti, come se tosse stato aggiunto. Ciò si verifica quando vengono impiegati zuccheri di scarto, dosi di saccarina ed altri metodi proibiti dalla legge. 

Duro - Si dice di un vino rosso giovane o disarmonico troppo ricco di acidità e di tannino in rapporto alla gradazione alcolica. Si attenua di norma con l'invecchiamento. 

Elegante - Questa proprietà si attribuisce ad un vino — solitamente di buona razza — in cui siano fuse armonicamente le caratteristiche più pregevoli.

Equilibrato - Si riferisce ad un vino i cui elementi costitutivi siano presenti in giuste porzioni, in modo che nessuno prova sugli altri, ma che tutti siano armoniosamente fusi. 
Se anche uno solo dei componenti eccede o difetta, si avrà un prodotto squilibrato.

Erbaceo - Particolare sapore conferito a determinati vini (Merlot trentino, Freisa piemontese) dal vitigno di provenienza.
Può anche essere dovuto alla permanenza del vino sui graspi nel corso della fermentazione.

(Continua con Lessico Parte Quarta)

Corso di Recupero per Astemi #14

Lessico (Parte seconda)

Aristocratico - Si dice di un vino dotato di eccezionali doti di finezza, in genere conferitegli dalla nobiltà del vitigno di provenienza.

Armonico - Termine che designa l'insieme delle sensazioni gradevoli che suscita un vino di distinta ed equilibrata composizione.

Aroma - Sensazione olfattiva e gustativa, in genere di carattere positivo, derivante dal vitigno di provenienza, che costituisce specifica caratteristica distintiva e si percepisce per via retronasale. 
E generato da una serie di sostanze poste appena al disotto della buccia dell'acino e tende a diminuire nel corso della fermentazione tumultuosa; ecco perché i vini dolci sono più aromatici di quelli secchi. Tipici i moscati, le malvasie, gli aleatici eccetera.

Aromatizzazione - Pratica enologica consistente nell'aggiunta di sostanze aromatizzanti (china, salvia sclarea, arancio amaro, vaniglia eccetera) in vini di norma ad elevato tenore alcolico — secchi o amabili — quando la legge lo consente. Tipico il caso del vermut italiano.

Asciutto - Termine che sembra in contrasto in un elemento liquido: si dice di un vino il cui sapore finisce in bocca con una gradevole sensazione di «asciutto» e di pulito.

Aspro - Sensazione di ruvidità che sembra raschiare la lingua e le mucose della bocca. E dovuto ad eccesso di tannino o di acidi organici che, col tempo, precipitano per salificazione rendendo il vino più gradevole. 
"Aspro" é più che "angoloso".

Astringente - In genere é sinonimo di "allapante", ed é dovuto all'eccesso di tannino nei vini giovani, ma si può intendere anche in senso diverso: alcuni vini vecchi danno le medesime sensazioni — sia pure in forme più attenuate —dovute però alla presenza di altri composti polifenolici. 

Austero - Caratteristica molto apprezzabile di alcuni grandi vini rossi italiani invecchiati. E' dovuta alla presenza di tannini residui che tendono a soverchiare gli altri componenti impedendo loro di emergere nel corso dell'assaggio. La sensazione varia o relazione alla temperatura a cui il vino viene degustato. 

Bouquet - Espressione tipica dei Francesi, traducibile in italiano con "mazzo di fiori". Designa l'insieme delle sensazioni olfattive che procura un vino di buona provenienza dopo un giusto periodo d'invecchiamento.

Brillante - E' il termine più elevato nella scala del valori attribuiti alla limpidezza di un vino. Di norma si riferisce a champagnes e spumanti. 

Caldo - Sensazione pseudocalorica che si rileva nei vini ad elevata gradazione e ricchi di glicerina: è dovuta alla rapida ossidazione degli alcoli. 

Camicia - Pellicola che riveste le pareti interne delle bottiglie di vini rossi, intensamente colorati, sottoposti a lungo invecchiamento: è costituita, in prevalenza, dalle materie coloranti — naturali componenti del vino — che tendono a separarsi col tempo. Il processo si accelera se il vetro è chiaro. 

Carattere - Si dice che un vino «ha carattere» quando afferma decisamente, attraverso i suoi componenti, la sua tipicità. 

Caratteristico - Termine che si attribuiste a vini facilmente riconoscibili per uno o più elementi specifici di particolare tipicità: colore, odore o sapore. 

Carezzevole - Gradevole impressione di fluidità che si riporta nell'assaggio di vini ricchi di glicerina, armoniosi e ben equilibrati.

(Continua con Lessico Parte terza)

Corso di Recupero per Astemi #13

Lessico (Parte prima)

Abboccato - Si dice di un vino che contiene una percentuale di zucchero naturale (non fermentato) modesta ma avvertibile nel corso della degustazione.

Acerbo - Sgradevole caratteristica di un vino proveniente da uve immature, e quindi molto ricco di acidi organici, che gli conferiscono un gusto come di mela acerba.

Acescenza - Detta anche «spunto» o « fortore ». Malattia del vino originata dal Bacterium aceti che (specie nei vini deboli d'alcol e di struttura) scompone l'alcol etilico in acido acetico e acqua: il vino, prima infiacchito e insipido, diviene acescente.

Acidità - Si distingue in fissa, volatile e totale, e forma la struttura portante degli acidi organici contenuti nell'uva, trasmessi, elaborati, al vino. La volatile è data dagli acidi detti «volatili» (specie quello acetico) perché si separano mediante distillazione. L'invecchiamento ne accentua la quantità ma esalta il profumo del vino. L'insieme di queste due forme costituisce l'acidità totale, da cui dipendono la salute e la buona conservazione" di un vino, la sua freschezza e il suo «tono nervoso».

Acidulo - Vino con acidità spiccata, dovuta ad acidi tartarico e malico liberi o a sali acidi che determinano un'acidità non piacevole quando è troppo accentuata.

Affumicato - Sensazione olfattiva nettamente avvertibile in vini provenienti da determinati vigneti, come le «schiave» dell'Alto Adige o il Pouilly-Fumé ottenuto dal Sauvignon sulla Loira.

Aggressivo - Vino che attacca decisamente le papille gustative con spiacevole sensazione. Il difetto deriva da eccessiva acidità, insufficiente maturazione dell'uva, eccesso di tannino oppure lunga permanenza del vino sulle vinacce.

Alcolico - Quando l'alcol predomina nettamente sugli altri componenti, sia che derivi naturalmente da uve ad alto contenuto zuccherino, sia per aggiunta diretta di alcol etilico (alcolizzazione) nei casi in cui la pratica é consentita. L'alcol provoca una sensazione gustativa pseudocalorica ben avvertibile, specie a livello del retrobocca e dell'esofago.

Allappante - Sensazione sgradevole di asprezza e ruvidità che si rileva sul dorso della lingua degustando. E dovuta soprattutto ad eccesso di tannino ed è tipica dei vini giovani ben strutturati (Barbera, Gattinara, Barolo) da destinare a lungo invecchiamento.

Amabile - Si dice di un vino che contiene una sensibile percentuale di zucchero residuo — o aggiunto — nettamente avvertibile nel corso della degustazione. E più che «abboccato.

Amaro - Malattia che attacca i vini, anche di buona struttura, rendendoli insipidi inizialmente e poi decisamente amari: è dovuta a degenerazione di alcoli superiori (glicerina) e dell'acido tartarico. Si può prevenire con la pastorizzazione». Da non confondere col termine «amarognolo.

Ammaccato - Caratteristico gusto di secco ed ammuffito presente in vini che derivano da uve colpite dalla grandine: denuncia in genere una cattiva conservabilità.

Ampio - Termine che designa sensazioni gustative ampie e complete all'assaggio: è proprio di vini molto ricchi e ben strutturati dotati di perfetto equilibrio ed ottima armonia.

Angoloso - Sgradevole sensazione di ruvidità tipica di vini immaturi e disarmonici.

(Continua con Lessico Parte Seconda)

Corso di Recupero per Astemi #12

Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo (Parte Terza e ultima)

Si deve infatti al progredire della chimica e della biologia se furono man mano svelati i misteriosi fenomeni legati alla vinificazione. Vennero anche inventate numerose macchine, tra cui l'ammostatrice che sostituì, sia pure con molta lentezza, la tradizionale pigiatura con i piedi che ha sempre dato un sacco di fastidio agli igienisti. In Piemonte furono realizzati progressi magnifici nella produzione dei vini e del vermut, uno speciale vino diventato noto in tutto il mondo per merito delle case che ancor oggi lo producono con sistemi sempre più aggiornati e scrupolosi. Anche i re sabaudi e il conte di Cavour si interessarono vivamente all'enologia e fu da allora che il Barolo fu detto «vino da re e re dei vini». Era stato creato dai marchesi Falletti di Barolo, appassionati viticoltori.

Di grande rilievo è il posto occupato dal vino nell'arte, nella poesia, nella musica e nei proverbi (Ottobre: vino e cantina, da sera a mattina»). Dante Alighieri in una terzina del Paradiso ammonisce che la «vigna tosto imbianca se 'l vignaio è reo». Lorenzo de' Medici per decantare le grazie della sua Nencia da Barberino afferma che «è più dolce della Malvagìa (malvasia). Nel Decamerone del Boc-caccio il vino è citato sovente tanto da apparire come «un condimento naturale». La casa di Francesco Petrarca ad Arquà era circondata da un vigneto e il poeta non disdegnava di dedicarvi le sue cure, compiendo la sua personale esperienza enologica. 
Nella tradizione toscana cinquecentesca troviamo anche le «cicalate», cioè delle chiacchierate poetiche che si tenevano durante le riunioni conviviali dell'Accademia della Crusca. Durante una di queste, Bastiano de' Rossi incantò i commensali con una splendida cicalata dedicata alle osterie fiorentine. Immaginando che vi arrivasse in pellegrinaggio perfino il grande Omero, affermò che la balia del grande rapsodo gli fe' poppar vin di Chianti.
Le riproduzioni pittoriche del dio Bacco sono così tante che occorrerebbero numerose pagine per citarle tutte. Citiamo il Bacco di Leonardo da Vinci al Museo del Louvre a Parigi, il Baccanale di Poussin della Galleria Nazionale di Londra, le Nozze di Cana del Tintoretto, il Fauno di Prassitele del Museo Vaticano, il Silevo ubriaco, gli affreschi con il Trionfo di Bacco e Arianna nel palazzo Farnese di Roma, il Bacco fanciullo di Guido Reni incoronato di Pampini degli Uffizi di Firenze e i notissimi Bocchini del Caravaggio.

(Fine di Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo - continua con "Lessico")

Corso di Recupero per Astemi #11

Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo (Parte Seconda)

Accanto ai conventi funzionava quasi sempre un centro vitivinicolo, per cui i legami tra il vino e la religione diventavano sempre più stretti; così pure i feudatari facevano a gara nel coltivare vigneti sempre più belli intorno alle mura dei castelli.
I vini più famosi del Medioevo erano, in Italia, la Vernaza bresciana, il Ribolla, il Terrano e la Malvasia istriana; la Liguria vantava il vino delle Cinque Terre; la Toscana il Trebbiano, la Malvasia, il Sangioveto, il Vermiglio, l'Aleatico, i vini di Montepulciano e la Vernaccia di San Gimignano; ricercata la Vernaccia delle Marche; per il Lazio primeggiavano il Greco, la Romeca, la Guernaccia. Grandemente apprezzati i vari Moscati e la Malvasia di Lipari. Il Piemonte non aveva ancora la fama vinicola raggiunta nell'Ottocento e incrementata sempre più nel secolo attuale. Si espresse più tardi quando venne capita l'importanza del celebre vitigno Nebbiolo il quale dà origine a numerosi prodotti locali, secondo i territori dove viene coltivato, e va da Barolo a Barbaresco a Gattinara, salendo fino in Valtellina. Intanto, storie e leggende, proverbi e canzoni continuavano a fiorire sul vino. Naturalmente la leggenda più diffusa è quella di Bacco che, tra l'altro, sarebbe nato due volte. II suo legame con il mondo del vino sarebbe nato dal fatto che egli, mentre si riposava presso un albero, lo vide tanto bello da volerlo portare con sé. Dopo vari magici espedienti, non farlo seccare, lo piantò a Nisa e si accorse, sua grande meraviglia, che erano cresciuti grappoli meravigliosi che, spremuti, davano agli uomini una bevanda degna di sua madre Sèmele (in greco significa "strepito"), quindi strepitosa. Va detto anche che alla comparsa del vino le altre bevande, tipo idromele, furono del tutto trascurate. Il coro delle Baccanti di Euripide afferma che il vino è il nettare che rallegra la tavola degli dei, ne aumenta la felicità, il sonno e l'oblio dei mali.
Tornando alla storia del vino, che per necessita di spazio sono costretto a riassumere per ciò che riguarda i periodi di transizione, si può dire che nel corso del Rinascimento la carta viticola europea e i sistemi di vinificazione non hanno subito apprezzabili spostamenti. I più sensibili e vasti mutamenti si ebbero con l'espansione del colonialismo. Con i pionieri la viticoltura arrivò in California, nell'America Centrale e nel Sudamerica. La Francia portò, insieme con l'Italia, le viti in alcuni Paesi dell'Africa settentrionale, come l'Algeria e la Tunisia, mentre la Spagna si occupò del Marocco. La comparsa dei flagelli venuti da oltre oceano, cioè l'oidio, la fillossera e la peronospora, oltre ad avere l'effetto delle grandi pestilenze perché distrussero un'incalcolabile quantità di vigneti, causarono anche una vera e propria rivoluzione nella coltura della vite, che da statica divenne dinamica e da empirica si trasformò in scientifica.

(Continua con Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo (Parte Terza e ultima)

Corso di Recupero per Astemi #10

Enologia nell'età aurea di Roma e nel Medioevo (Parte Prima)

Già Catone aveva dettato le norme per la scelta del vitigno e del terreno in cui impiantare le viti, facendo osservazioni sul clima e sulla composizione dei terreni. Columella, con maggiore chiarezza e minore laconicità, dette una serie di norme tecniche che sono valide ancora oggi. Egli diceva che sono dannose alla vite le terre pure di argilla e sabbia, buone le terre grasse dotate di molto scheletro. Notava anche che apertos Bacchus amat colles, inoltre che in collina si otteneva meno vino che in pianura, ma decisamente migliore.
Per quanto riguarda i lavori preparatori del terreno, consigliava di liberare dapprima il suolo dai residui delle vecchie piantagioni e poi dl scavare appositi drenaggi e affossature per eliminare il più rapidamente possibile l'acqua superflua. Columella era inoltre un convinto sostenitore dello scasso totale, come si fa adesso quando si impiantano nuovi e razionali vigneti. Allora non si conoscevano però rimedi per le malattie crittogamiche, che gli antichi attribuivano a malanni mandati dagli dei, oppure, come sosteneva Plinio, alle condizioni meteorologiche avverse.
I più importanti vini dell'epoca romana erano quelli della Campania e del Lazio, capeggiati dal Falerno (detto ardens da Orazio, generosus da Tibullo, addirittura immortale da Marziale), ma ne esistevano di rinomati un po' in tutte le regioni. In Sicilia c'erano il Mamertino, il vino di Giulio Cesare, il Taormino, il Siracusano; nella Gallia transpadana i vini retici; nell'attuale Veneto l'Acinatico e il Pucino, nelle Romagne il Trebulanus, o Trebbiano. La coltura della vite ai tempi di Columella raggiunse una perfezione tale da essere oggetto di ammirazione in tutti i tempi. Per l'enologia le cose furono un po' diverse in quanto mancava totalmente l'ausilio della scienza e anche dal Medioevo fino al nostro secolo le condizioni rimasero più o meno invariate, con gli inevitabili alti e bassi. Paganino Bonafé nel suo poemetto didascalico II tesoro dei Rustici (1360) racconta come si «chiarificavano» i vini, ossia mediante l'aggiunta di chiare d'uo-vo, acqua e sale, oppure con latte di capra e sale. Per la pulizia delle botti veniva consigliato ai cantinieri di non lavarle mai con acqua e di pulirle bene giù nel fondo, dove si raccolgono le fecce. Le pratiche enotecniche erano tutte svolte sulla base di conoscenze empiriche e anche di credenze tramandate dalla tradizione popolare. E questa tradizione, fortemente cristiana, suggeriva ai viticoltori di porre le viti sotto la protezione di particolari santi (San Vincenzo nella Borgogna, Sant'Urbano in Renania, San Teodulo in Svizzera). Inoltre gli artigiani hanno sempre decorato gli oggetti di uso comune per le operazioni viticole. Il ceppo della vite, sui tini e sui vasi vinari, viene assunto a simbolo di Cristo e della vita eterna.

(Continua con Enologia nell'era aurea di Roma e nel Medioevo Parte Seconda)

Corso di Recupero per Astemi #9

Un po' di storia (Origini del fiasco toscano) 

Parlando di storia del Chianti, mi sembra interessante ricordare al corsista le origini del fiasco: ancor oggi, malgrado sia in crisi, è il contenitore più popolare, specie per quanto riguarda il vino rosso. 
La prima documentazione di recipienti di vetro simili al fiasco risale al XII secolo. Il comune di San Gimignano, famoso per le sue torri ma anche per il vino, nel 1275 conferiva ad un artigiano di nome Cheronimo il permesso di aprire una fornace per «l'arte del vetro». Era anche, Cheronimo, uno di quei maestri chiamati «bicchierai» che costruivano non solo bicchieri, ma fiaschi e bottiglie. E il fiasco era destinato a soppiantare assai presto i contenitori di creta smaltata e di terracotta. 
Sembra che il rivestimento in paglia del fiasco sia stato inventato nientemeno che da Leonardo da Vinci, per espressa richiesta di un gruppo di vetrai. ll fiasco odierno è lo stesso che si vede accanto al Bacco fanciullo di Guido Reni, nel bellissimo dipinto degli Uffizi di Firenze. 
Per evitare le «furbizie» sulle dimensioni e capacità dei fiaschi, che avevano il difetto di essere presentati dai mercanti sempre più piccoli del dovuto, fu emanato a Firenze un decreto che stabiliva la capacità del fiasco in «mezzo quarto», ossia il corrispondente di litri 2,280. Successivamente, le vetrerie ricevettero la disposizione di stampare il bollo, cioè lo stemma del giglio di Firenze, sul collo a garanzia della misura esatta. 
Fu con un fiaschetto di Chianti, offerto dal dottor Winger, che il 2 dicembre 1942 si brindò alla scoperta della pila atomica. L'umile contenitore ha assunto l'importanza di un oggetto storico: adesso è conservato al museo dell'energia nucleare di New York. L'inizio dell'epoca atomica è stato siglato dall "umor che dalla vite cola", come dice Dante Alighieri. Tra le firme degli scienziati presenti, apposte sull'etichetta di quel fiaschetto, c'è anche quella dell'italiano Enrico Fermi. 
E' un peccato che per difficoltà di reperire la manodopera e per i costi elevati dell'operazione di impagliatura (fatta con la «sala», un'erba palustre) il fiasco tenda ad essere sostituito da altri recipienti, più o meno caratteristici, come le «chiantigiane». Per fortuna ci sono ancora diversi artigiani in Toscana che fabbricano fiaschi e «pulcianelle», fiaschetti tipici per il vino umbro.

(Continua con "Un po' di storia" Enologia nell'età aurea di Roma e nel Mediovevo)

Corso di Recupero per Astemi #8

Un po' di storia (Parte Sesta) 

E comunque attraverso le conquiste dell'Impero che la vite si espande maggiormente e passa nelle Gallie, risale il Rodano fino a Lione, supera la Borgogna e costeggia il Reno, dando la possibilità ai Teutoni di esercitarsi nell'arte appassionante della vinificazione. Ad un certo punto i vini provenienti dal settentrione dettero così fastidio ai produttori ed ai mercanti romani che fu promulgata la Lex Domitiana che proibiva drasticamente la coltivazione della vite nelle province. Fu allora che molti vini dell'Italia settentrionale, in particolare quelli veneti e della Rezia, trovarono facile sbocco a nord, cioè nelle terre colpite dal divieto di produzione. Quando circa 200 anni più tardi, ed esattamente nel 276 d. C., la legge restrittiva venne revocata dall'imperatore Probo (diventato proverbiale anche per la sua equità nel trattare i problemi del vino), la viticoltura riprese nelle valli del Danubio, della Morella e del Reno, così come in Borgogna e nella attuale zona dello Champagne. Quasi tutti i più famosi vini francesi hanno avuto fra i loro lontani "padrini" dei vignaiuoli romani al seguito delle legioni di Cesare. 
Non dobbiamo dimenticare che, quando le genti romane erano già molto civilizzate, i Galli erano ancora un popolo di nomadi e non possedevano né la volontà, né il temperamento, né le cognizioni tecniche per dedicarsi alla coltivazione della vite. 
In breve, già al III secolo d. C. la vite occupava Io spazio che detiene attualmente, forse anche di più, poiché si estese anche sulle coste meridionali dell'Inghilterra, verso la Cornovaglia e l'isola di Wight, dove ancora adesso esistono alcuni vigneti, sia pure con produzioni minime. 
Dopo la caduta dell'Impero romano, la viticoltura non risentì troppo di questo evento così traumatico per tutte le manifestazioni della capacità e dell'ingegno umano e per le libere attività pacifiche. Ad assicurarne la continuazione pensò la Chiesa. Intatti, accanto alle abbazie ed ai principali conventi - basti pensare all'Abbazia di Cluny e a Clos Vougeot in Francia, alla Certosa di Pavia - sorgevano non solo centri di produzione del vino, ma vere e proprie scuole come quella fondata sotto l'egida di Carlo Magno a Rùdesheim sulla riva sinistra del Reno. Come asserisce giustamente Pier Giovanni Garoglio nella sua esauriente Enciclopedia vitivinicola mondiale, la necessità di disporre « per la celebrazione della messa di vino "schietto" oppure "pretto" (come dicevano i Toscani) contribuì largamente all'espansione della viticoltura. Lo dimostra, tra l'altro, anche il fatto che al seguito di missionari che conquistavano nuovi territori alla religione cristiana c'erano degli specialisti per l'impianto di nuovi vigneti che si moltiplicavano per poter avere il vino sul posto».

  (Continua con "Un po' di storia" Origini del fiasco toscano)

Corso di Recupero per Astemi #7

Un po' di storia (Parte Quinta) 

All' epoca dei re di Roma e durante la Repubblica, i Romani non furono estimatori del vino. Essendo di abitudini sobrie, spartane o anche più, conoscevano poco i vini e solo qualcuno li beveva, importandoli dalla Grecia. I pochi vini che si producevano erano decisamente rustici rispetto ai nettari raffinati che volevano rivaleggiare con l'ambrosia bevuta dagli dei dell'Olimpo. 
Plinio il Vecchio, il più insigne naturalista dell'antichità, non può non essere citato in una storia del vino, non solo perché se ne occupò a fondo, ma anche perché lo fece in modo critico. Infatti considerava il Falerno, ritenuto il vino con il maggior blasone, troppo aspro e forte prima di dieci anni di invecchiamento. Egli classificò minuziosamente ben 195 vini, citando quelli che avevano raggiunto autentica notorietà, comprendendo non solo i vini italiani, ma anche quelli sparsi in tutti i Paesi dell'impero. Di questi vini, 80 erano considerati di alta qualità e i restanti di tipo meno pregiato. Al commercio romano del vino, non meno importante della produzione, attendevano i mercatores vinarii. All'antico Portus Vinarius, costruito da Traiano alle foci del Tevere, in un vasto bacino interno collegato con il mare, esisteva un apposito scalo, con annesse cantine di smistamento e sale per le contrattazioni. Le navi arrivavano e partivano colme di anfore e orci di tutti i tipi. I Romani, prima ancora della conquista della Gallia, esportavano molto vino nei porti che si affacciavano sul Mediterraneo, valendosi di velieri tondi e piatti, detti corbitae. Molti di questi battelli, anche recentemente, sono stati ritrovati in perfette condizioni sul fondo del mare. Uno di essi, affondato presso la costa della Gallia nel 240 a. C., era, come si è potuto stabilire, di proprietà di un certo Marcus Sextus e trasportava vini greci imbarcati a Delo, ma aveva poi fatto scalo all'attuale Fiumicino per caricare una seconda partita di vini laziali. La nave conteneva un migliaio di anfore e alcune di esse, dopo il recupero del relitto, conservavano ancora un liquido giallastro, ossia i residui di un vino di oltre 2000 anni fa: erano state tappate con somma cura con blocchi di creta e sigillate ancor meglio. 
E' curioso ricordare che anche allora, fra gli scandali dell'Urbe, c'era di mezzo il vino. Gli annali hanno ricordato il clamore suscitato da un'azione di incetta del vino su vasta scala operata da una lega che agiva con metodi scorretti, per non dire brutali, ossia un trust vero e proprio del vino che danneggiava i produttori e i consumatori. Con speciali norme si provvide a tutelarne e a liberalizzarne sia la produzione che il commercio. Per ogni competenza attinente a questa sempre delicata materia c'era il Forum Vinarium, o centro internazionale degli scambi per il vino, come si direbbe adesso. 

 (Continua con "Un po' di storia" Parte Sesta)

Corso di Recupero per Astemi #6

Un po' di storia (Parte Quarta) 

Molto importante è il fatto che furono gli antichi abitatori etruschi ad introdurre l'uso del vino «pretto», cioè naturale, mentre Greci e Romani lo pasticciavano con aggiunta non solo di acqua, ma di infusi vari di erbe, con miele ed altre sostanze dolcificanti. Non dimentichiamo che allora non esisteva lo zucchero e quindi si ricorreva ad assumerlo non solo con le sostanze alcolico-zuccherine contenute nel vino, ma anche con l'aggiunta di sostanze ricche di zuccheri, come il miele. Una terapia inconscia, se vogliamo, ma efficace, poiché l'organismo ha bisogno di una certa quantità di zuccheri per la sua perfetta funzionalità. 
I visitatori dei musei etruschi, come quello bellissimo di Volterra, o delle necropoli con le pareti affrescate di Tarquinia e di Cerveteri, per esempio, non mancheranno di notare scene che hanno attinenza con la mescita del vino o con altre cerimonie enoiche. Quasi per dare ragione in anticipo a quanto affermava, lo scrittore latino di agricoltura Lucio Columella, in uno stile chiaro e comprensibile a tutti, asseriva: "Ciò che può piacere per i suoi pregi naturali è certamente superiore  a tutto" (e intendeva riferirsi al vino schietto, prodotto con i manipolatori di vini trattati non solo con sostanze vegetali, ma anche minerali.
Dal porto di Rosellae, ancor prima che fosse attivato il porto romano alle foci del Tevere, alle spalle di Grosseto (che allora non esisteva), partivano le barche per il trasporto del vino etrusco verso lidi anche assai lontani. Le anfore venivano ingegnosamente sigillate con stucco e con tamponi imbevuti d'olio. Fatta salva la leggenda di Noè, si può ben dire che il vino etrusco è stato, in realtà, uno dei più antichi del mondo. Una delle prove più certe della familiarità del popolo etrusco con il vino è il coperchio di un'urna volterriana in cui è scolpita la rappresentazione di un banchetto: una mensa riccamente imbandita e da un lato un ampio cyathus (cratere) che può essere considerato un antenato del fiasco toscano. 
Durante i banchetti, come riferiscono gli studiosi della materia, gli Etruschi avevano l'usanza di spargere il vino sul pavimento come segno augurale e, per ingraziarsi gli dei, lo versavano sul fuoco delle are. 
Tale usanza era definita «libagione», nome rimasto col significato di abbondante bevuta. In quanto al nome Chianti, che venne alcuni secoli dopo, esso deriverebbe dal latino clangor, ossia squillo di tromba o grido festoso di uccelli, cioè relativo ad una contrada che era ricoperta di selve e molto spesso percorsa da bande in arme. Però il primo documento che menziona esplicitamente il vino Chianti è del 1398 e consiste in una registrazione contabile comparsa nei libri della «Compagnia del Banco» di Francesco Datini (l'inventore della cambiale): accanto alla partita di vino Chianti compare il relativo prezzo in fiorini.

(Continua con "Un po' di storia" Parte Quinta)

Corso di Recupero per Astemi #5

Un po' di storia (Parte Terza) 

Per quanto riguarda l'Italia, va ricordato che ancor oggi si usa chiamarla Enotria o Enotria tellus, cioè terra del vino, e questo vuol dire che il complimento era davvero meritato già a quei tempi. Gli Enotri occupavano la parte meridionale della Penisola, pressappoco quella che oggi corrisponde alle regioni della Basilicata e della Calabria. 
E fu proprio un pioniere greco, di nome Enotro, a colonizzare quelle terre, impiantandovi le prime barbatelle che provenivano dall'Egeo. Poi, pian piano, la vite si diffuse in Sicilia, in Puglia e in Campania, indi in Toscana e nel Lazio, fino ad arrivare al territorio dell'antica Rezia, una vasta regione che abbracciava il Trentino-Alto Adige, la Valtellina, il Friuli, arrivando al basso Veneto e spingendosi fino alla Valle d'Aosta. 
Secondo altre fonti, la vite avrebbe cominciato ad espandersi dalla Sicilia con i colonizzatori di Micene. Poi, con la civiltà villanoviana (mille anni prima di Cristo), sarebbe lentamente risalita a nord, ricevendo un forte impulso dagli Etruschi, colonizzatori dell'entroterra toscano e probabili primi abitatori della zona del Chianti. 
Un insigne studioso del vino, Giovanni  Dalmasso, ha fornito interessanti notizie sulle origini dei vino in Italia. Per quanto riguarda la Toscana, egli formulò delle ipotesi che proverebbero l'esistenza della vite in queste contrade prima dell'avvento dell'era umana. Quindi non sarebbero stati i navigatori fenici a portare la pianta, che in quelle contrade esisteva già. Ciò sarebbe provato dai reperti di travertino affioranti nella zona di San Vivaldo dove furono ritrovate impronte fossili della Vitis vinifera, cioè l'antenata delle varietà coltivate attualmente che, come già detto, cresceva spontanea. 
Addentrarsi nei misteri della preistoria è quasi impossibile, ma non meno incerti sono gli albori della storia. Di certo si sa, ad esempio, che gli Etruschi furono gli antenati di quei vignaioli toscani che fecero conoscere il Chianti in ogni parte del mondo. 
Il vino "miele del cuore", come lo definisce con caratteristica ed efficace immagine il poeta Omero, era bevuto dagli Etruschi nella "patera", un recipiente di mescita entrato in uso ben sette secoli prima di Cristo. Aveva la forma di una coppa un po' ovoidale, con due manici allungati a nastro per poterla più agevolmente portare alle labbra, standosene comodamente sul triclinio.

(Continua con "Un po' di storia" Parte Quarta)

Corso di Recupero per Astemi #4

Un po' di storia (Parte Seconda) 

In Mesopotamia ci sono riferimenti al vino che risalgono a circa 2500 anni prima di Cristo e alcuni documenti scritti testimoniano la presenza di vigneti intorno ai palazzi dei nobili. Il vino più pregiato era riservato alle genti di nobile censo, mentre gli schiavi dovevano accontentarsi di un vino più ordinario.
Più o meno, le stesse usanze le avevano i Greci che, occupando un posto fondamentale nello sviluppo della civiltà mediterranea, erano in primo piano nella produzione vinicola, dopo essersi fatti insegnare un'arte che conoscevano poco, dal momento che erano prevalentemente pastori. Troviamo così il vino al posto d'onore nelle opere di Omero, accanto agli elmi, alle lance, alle spade. Nell'Odissea il Mare Egeo viene paragonato al «vino scuro». In documenti scoperti a Plios e all'isola di Creta, risalenti a quattordici secoli prima di Cristo, il vino viene ampiamente menzionato. Veniamo così a sapere che anche allora si usavano i bottiglioni; le coppe d'oro e d'argento venivano usate non solo dai re, ma anche dai maggiori dignitari. 
Il vino veniva sempre miscelato con l'acqua, mentre per il trasporto si adoperavano otri di cuoio. Le grandi giare per la conservazione erano chiamate pìthoi e si procedeva alla loro solenne apertura in occasione delle maggiori feste. Molta importanza era attribuita  all'età del vino, che veniva considerato vecchio solo dopo quattro anni. Le donne di alto censo non potevano bere il vino e se erano scoperte subivano severe condanne; ciò non toglie che ricorressero ad artifizi per nascondere il loro vizietto segreto. Oggi le donne possono degustare in pace un buon bicchiere di vino, ma allora correvano persino il rischio di una condanna a morte. 
Seguendo usanze provenienti dall'Oriente, si aggiungevano al vino anche mirra ed altre sostanze aromatiche. 
La vigna era chiamata oinàs e, pur non ricevendo eccessive cure, dava i suoi frutti con generosità ed abbondanza. 
Durante i banchetti spettava al «cerimoniere, di determinare il quantitativo di vino da bere, di miscelarlo correttamente con l'acqua e di dare disposizioni per il brindisi. 
II "cin cin o cincin", allora non si usava, perché questa tradizionale formula è stata presa a prestito piuttosto recentemente dai Cinesi, presso i quali rappresenta un'espressione di saluto interpretata in italiano come voce onomatopeica riproducente il suono di due bicchieri che si urtano.

(Continua con "Un po' di storia" Parte Terza)

Corso di Recupero per Astemi #3

Un po' di storia (Parte Prima)

Autorevoli studiosi sostengono che i vocaboli woin e wain, dai quali sarebbe derivato il greco oinos, siano forme della stessa antichissima parola, anteriore alla suddivisione dei popoli indoeuropei e semitici.
Non si sa però esattamente quale sia la patria d'origine della pianta sacra a Bacco (Vitis vinifera sativa) e nemmeno si sa se discenda dalla vite silvestre, che era selvatica e cresceva in forma selvaggia a dismisura, con tronchi molto robusti e selve di tralci che avevano le dimensioni di veri e propri rami. Solo in un secondo tempo — impossibile fare il calcolo degli anni, se centinaia o millenni — la vite selvatica fu "addomesticata".
Sicuramente la vite ebbe molta importanza per le abitudini e il ritmo lavorativo dell'uomo e sicuramente costituì un incentivo, come altre colture agricole, per fargli abbandonare la vita nomade, inducendolo a stabilirsi in luoghi collinari ameni per seguire il ciclo che dura tutto l'anno prima che l'uva giunga a maturazione e sia poi pronta ad essere trasformata prima in mosto e poi in bevanda, secondo pratiche enologiche millenarie. Queste operazioni non hanno subito, rispetto all'antichità, grandi trasformazioni o radicali mutamenti.
La leggenda attribuisce l'invenzione del vino a Noè, che sarebbe anche stato il protagonista della prima ubriacatura, suscitando le apprensioni di Sem, Cam e Jafet, suoi figli. Pur non potendosi sostenere a fondo questa tesi, resta a suo favore il fatto che il vino si produce ancora, se non proprio sulle pendici del monte Ararat, almeno in quel grande centro semitico che era allora la Transcaucasia.
Dalla Transcaucasia la vite sarebbe passata nella Tracia settentrionale, trasmigrando poi ancora, pare per opera dei navigatori fenici, dalla Siria alla Grecia, dalla Grecia all'Italia e infine nella Gallia e nell'Europa centrale, fino ai limiti climatici di coltivazione, dopo esservi stata portata dai legionari romani.
Né una parte determinante in questa diffusione della vite domestica può essere negata all'Egitto, dove, nei documenti di scambi commerciali, il vino figura ai primissimi posti. La bevanda era un simbolo di vita e di forza e veniva prodotta in cantine che utilizzavano l'uva raccolta nei giardini del Nilo, disseminati lungo il delta. Gli Egizi — che avevano tra l'altro dimestichezza con la birra — erano già dei maestri in materia.
Pratiche enologiche comuni erano la pigiatura, eseguita con i piedi, come dimostrano numerose tavolette egizie, e le filtrazioni che dovevano essere accurate, conoscendo la precisione di quel popolo nell'eseguire i lavori agricoli e artigianali. A fermentazione conclusa, il vino veniva immesso in giare di varie dimensioni, anche molto capaci, sia per l'incantinamento sia per il trasporto sulle navi vinarie. Il vino, a causa del suo prezzo elevato, era una bevanda riservata ai ricchi.

(Continua con "Un po' di storia" Parte Seconda)