Corso di Recupero per Astemi #66

Il vino 100 domande e 100 risposte #16

Che cosa sono i lieviti selezionati?

Come si è detto, i lieviti ellittici presentano alcune prerogative che non sono invece possedute dai lieviti apiculati, tanto che i primi sono noti come buoni vinificatori. Nell'ambito dei lieviti ellittici vi sono varie specie, ognuna delle quali ha delle caratteristiche tipiche; per esempio: il Saccharomyces rosei è assai rapido nell'iniziare la fermentazione; il S. oviformis (o Bayanus) riesce a produrre fino a 18 gradi alcolici. È possibile individuare le diverse specie di lievito, separarle e riprodurle in modo da avere poi una selezione dei tipi che interessano per una data vinificazione.
Per produrre il vino spumante è stato selezionato il lievito S. cerevisiae ellipsoideus, noto come ceppo 495, il quale è in grado di resistere alle elevate pressioni che sono presenti all'interno delle bottiglie di spumante a causa del notevole contenuto gassoso (anidride carbonica).
Per produrre i vini Xeres, Vernaccia di Oristano, Malvasia di Bosa, sono utili alcuni lieviti tipo S. aceti, S. prostoserdoii, ecc. Per rifermentare un vino (è il caso di vini alterati) o per produrre vini passiti sono adatti i lieviti tipo S. oviformis.
Ovviamente, affinché i lieviti selezionati possano svolgere nel migliore dei modi l'azione a essi richiesta, è necessario aggiungerne al mosto quantità rilevanti (3% del mosto), in modo che diventino prevalenti sui lieviti già presenti; oppure il mosto è pastorizzato per inattivare i lieviti presenti e poi addizionato di lieviti selezionati.

Corso di Recupero per Astemi #65

Il vino 100 domande e 100 risposte #15

Quali sono le differenze tra i lieviti apiculati e quelli ellittici?

Tra i vari tipi di lievito che si trovano in natura, dal punto di vista enologico interessano i seguenti:
- cocchi, a forma tondeggiante e di scarso rilievo nel mosto e nel vino;
- apiculati, a forma di limone e svolgenti varie azioni sgradite;
 - ellittici, così chiamati per la loro forma, buoni vinificatori,
Questi ultimi sono di dimensioni maggiori rispetto agli altri citati e presentano varie prerogative positive, che non hanno invece i lieviti apiculati. Innanzi tutto gli ellittici hanno miglior resa nella trasformazione dello zucchero in alcol; inoltre riescono a produrre vini con 14-15 gradi alcolici e più (mentre i lieviti apiculati non resistono oltre i 4-6 gradi alcolici); producono poco acido acetico che, se presente in quantità elevata, conferisce al vino l'odore e il sapore di aceto; infine gli ellittici sono i lieviti più resistenti a un antisettico (anidride solforosa, vedi oltre) che si aggiunge al mosto per regolare la fermentazione e per proteggerlo dalle ossidazioni.

Corso di Recupero per Astemi #64

Il vino 100 domande e 100 risposte #14

Che cosa sono i lieviti?

Sono dei microrganismi unicellulari, cioè costituiti da un'unica cellula, che ha dimensioni di un centesimo di millimetro; appartengono alla categoria dei funghi e sono anche detti blastomiceti.
Sono comunemente noti come saccaromiceti per il fatto che il nome latino dei più importanti di questi microrganismi è Saccharomyces.
In un litro di mosto appena prodotto se ne ritrovano da 2 a 100 milioni, suddivisi fra tipi diversi catalogabili in alcune migliaia di ceppi.
Appena il mosto è prodotto, i lieviti si nutrono dello zucchero in esso contenuto, effettuando una normale respirazione come ogni organismo vivente. Quando hanno consumato tutto l'ossigeno a disposizione, anziché morire come sarebbero costretti a fare gli altri esseri viventi, essi fermentano, cioè utilizzano lo zucchero trasformandolo in alcol etilico, anidride carbonica e vari prodotti secondari.
Analizzando un mosto in piena fermentazione si vede che i lieviti sono aumentati di numero fino a dieci volte e anche più.
La moltiplicazione dei lieviti nel mosto è possibile per la presenza non solo di zucchero, ma anche di sostanze azotate (sali d'ammonio, aminoacidi), di vitamine e di sali minerali. Per poter fermentare senza difficoltà, i lieviti abbisognano di una temperatura compresa tra 10 e 30 °C.

Corso di Recupero per Astemi #63

Il vino 100 domande e 100 risposte #13

Sull'uva e nel mosto vi sono microrganismi?

Sugli acini e sui graspi sono presenti i microrganismi più svariati: muffe, batteri e lieviti. Questi, dopo avere svernato nelle piante oppure nel terreno, sono trasportati ovunque dal vento e dagli insetti. In particolare, i microrganismi si annidano facilmente sugli acini, essendo questi ricoperti da una sostanza cerosa, che è detta pruina.
Evidentemente, quando il grappolo viene pigiato, i microrganismi presenti nella buccia e sul graspo passano nella parte liquida, tanto che nel mosto se ne contano fino a 200 milioni per litro.
Le muffe (assai temuta è la muffa grigia Botrytis cinerea) sono presenti nel caso di piogge in prossimità della maturazione e sono dannose perché possono alterare il colore e la limpidezza del futuro vino. In un determinato caso questa muffa (detta nobile) risulta utile: questo avviene nelle zone in cui, all'epoca della maturazione dell'uva, il clima è asciutto e nell'uva vengono formate nuove sostanze che conferiscono poi al vino caratteristiche gradite; inoltre la muffa consuma molti acidi e acqua, per cui lo zucchero risulta concentrato. Vini di questo tipo sono i Sauternes, il Tokay d'Ungheria, i Riesling del Reno, ecc.
Anche i batteri sono dannosi al vino, in quanto causano varie malattie; in un caso molto particolare hanno però un'azione positiva, perché diminuiscono l'acidità e rendono quindi il prodotto più morbido (si tratta della fermentazione malo-lattica di cui sarà detto più avanti).

Corso di Recupero per Astemi #62

Il vino 100 domande e 100 risposte #12

Si può correggere anche l'acidità del mosto?

È possibile; di fatto il mosto può essere poco acido e in tal caso corre il rischio di non subire una corretta trasformazione in vino, poiché sarà facilmente soggetto ad attacchi batterici vari che possono causare le più svariate malattie. In questa situazione la legge consente di aumentare l'acidità del mosto mediante un'aggiunta di acido tartarico, che è l'acido più abbondante nell'uva e presente esclusivamente in essa.
Se invece il mosto appare molto acido, non conviene diminuirne l'acidità, poiché si corre il rischio di avere poi un vino troppo poco acido, in quanto subentreranno altri fenomeni naturali che abbasseranno il grado di acidità. Tuttavia in determinate annate in cui il decorso climatico è stato particolarmente sfavorevole, con piogge frequenti e basse temperature, il mosto può essere eccessivamente acido e in questo caso è giustificata una certa disacidificazione del mosto (come è avvenuto in molte zone settentrionali nel 1984).

Corso di Recupero per Astemi #61

Il vino 100 domande e 100 risposte #11

Si può correggere il mosto povero di zuccheri?

Dipende dalla quantità di zuccheri presenti e dal tipo di vino che si vuole ottenere.
L'Italia, dal punto di vista vitivinicolo, è suddivisa in tre zone:
- CIb, che comprende le provincie di Aosta, Sondrio, Belluno, Trento e Bolzano;
- CII, che comprende tutte le zone non appartenenti a CIb e alla seguente CIII;
- CIII, che comprende Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna.
Nella zona Clb l'uva deve contenere almeno una quantità di zuccheri che assicuri al vino 8 gradi alcolici; nella zona CII 8,5 e nella zona CIII 9. Se non sono raggiunti detti valori, l'uva non è destinabile a vinificazione. Se questi minimi sono invece raggiunti è necessario, e legalmente ammesso, che la quantità di zuccheri sia aumentata in modo da avere almeno 9 gradi alcolici. Peraltro quanto ora detto vale per il 90% dei vini italiani, cioè per i vini da tavola, mentre per i vini di qualità i limiti minimi previsti sono: 9 (zona Clb); 9,5 (zona CID e 10 gradi alcolici (zona CIII). Anche in questo caso il mosto può essere arricchito in zuccheri, in modo da avere un maggiore grado alcolico nel vino.
L'aumento di zuccheri nel mosto può avvenire per mescolanza (in gergo si dice taglio) con altro mosto più dolce o con un mosto concentrato, oppure si può direttamente concentrare il mosto povero di zuccheri. Non si può tuttavia aumentare gli zuccheri a piacere, ma fino a un massimo che comporti non più di 2 gradi alcolici in più nel futuro vino.
Limitatamente agli spumanti e ai vermut, la legge consente l'aggiunta diretta di zucchero (saccarosio), come è consentito per i vini in Francia e in Germania.

Corso di Recupero per Astemi #60

Il vino 100 domande e 100 risposte #10

Quali sono le sostanze che conferiscono colore all'uva e al vino?

Nell'uva bianca a piena maturità il colore è dato dai flavoni, ma se lo stadio di maturazione non è completo anche la clorofilla interviene nel conferire una colorazione tendente al verde.
Nell'uva rossa il colore è conferito dagli antociani. In entrambi i casi i pigmenti colorati sono localizzati nelle bucce; in poche varietà gli antociani si ritrovano anche nella polpa, per esempio nel caso dell'Alicante Bouschet.
Nel vino bianco, tuttavia, non si ritrovano i flavoni e pertanto il colore giallo è da ricercare in altri composti e precisamente nei leucoantociani (o procianidine), che hanno subìto qualche reazione di modesta polimerizzazione (vale a dire che si sono unite fra loro 2 o 3 molecole).
Per quanto riguarda il vino rosso giovane, il colore è conferito dagli antociani; la diversa tonalità del colore, che varia dal violaceo al rubino e al granato, dipende dai diversi tipi di antociani che sono più o meno prevalenti nei singoli vitigni. Quando il vino rosso supera i due anni di età è difficile che contenga ancora antociani, infatti il suo colore tende all'aranciato; in questa situazione i maggiori responsabili del colore sono i tannini e nuove sostanze formatesi col temp0 (tannini legati ad antociani).

Corso di Recupero per Astemi #59

Il vino 100 domande e 100 risposte #9

Quali sono le principali sostanze che contiene il mosto?

Acqua: 70-85%

Zuccheri: glucosio 7,5-15% - fruttosio 7,5-15% - pentosi 0,2-0,3%

Sostanze pectiche: 0,2-0,3%

Gomme, mucillagini: tracce

Acidi organici: tartarico 5-10% - malico 2-5% - citrico 0,2-0,5%

Acidi inorganici: solforico 0,2-0,7% - fosforico 0,3-0,5% - cloridrico 0,02-0,25

Polifenoli: flavoni 0,05% - antociani 0,05% - leucoantociani 0,02-15 - tannini 0,5-2%

Sostanze azotate: sali d'ammonio 20-400 mg/l - aminoacidi e proteine 0,2-0,5%

Sostanze aromatiche: tracce

Vitamine: tracce

Sorbite, inosite: pochi mg/l

Elementi minerali: potassio 0,5-1,5% - calcio 0,05-0,2% - magnesio 0,08-0,1% - sodio 0,01-0,05% - manganese pochi mg - ferro pochi mg

Enzimi: pochi mg

Corso di Recupero per Astemi #58

Il vino 100 domande e 100 risposte #8

Quanti tipi di mosto vi sono?

Il mosto d'uve è il prodotto che si ottiene dalla pigiatura o dalla torchiatura dell'uva. Siccome il mosto può essere conservato vari mesi (per esempio il Moscato per produrre l'Asti) prima di essere fermentato, in esso si può formare un po' di alcol, che comunque non deve superare l' 1%.
Il mosto parzialmente fermentato è quello in fase di trasformazione in vino; deve contenere meno del 60% dell'alcol che avrà a fine fermentazione (se questo valore è raggiunto o è superato il prodotto si considera già vino).
Il mosto concentrato è un mosto da cui è stata eliminata una certa quantità di acqua, mediante riscaldamento (a 105 °C per 10 secondi o a 40 °C a depressione) o congelamento (a — 10 °C circa si formano dei ghiaccioli d'acqua facilmente asportabili; per altro questo sistema è pressoché abbandonato); questo mosto contiene il 50 - 70% di zucchero.
Il mosto cotto è un mosto concentrato previo riscaldamento a fiamma diretta (può essere usato per il vino Marsala).
Il mosto concentrato rettificato (o zucchero integrale d'uva) è un mosto ancora più concentrato del precedente; teoricamente dovrebbe essere costituito soltanto da zucchero (glucosio e fruttosio), ma la tecnologia per ora non è in grado di conseguire questo risultato (che resta comunque il traguardo cui mira la ricerca).
Il mosto muto è un mosto non in grado di fermentare, in quanto è stato trattato con dosi elevate di un antisettico (anidride solforosa) oppure ha subito un'aggiunta di una notevole quantità di alcol etilico (12 - 15%); è così chiamato perché, non potendo fermentare, non produce il caratteristico rumore delle sostanze in fermentazione. È un mosto adatto a subire trasporti, ma al momento dell'uso, quando cioè 10 si vuole far fermentare, occorre eliminare l'antisettico che gli era stato aggiunto.
Il filtrato dolce è un mosto che ha subito varie filtrazioni con lo scopo di ritardare o impedire la fermentazione (in quanto i microrganismi che operano la fermentazione sono perlopiù trattenuti dal filtro).

Corso di Recupero per Astemi #57

Il vino 100 domande e 100 risposte #7

Come devono essere trattati la cantina, le macchine e gli atrezzi dal punto di vista dell'igiene?

L'igiene dei locali della cantina, delle macchine e degli attrezzi è indispensabile per preservare il vino da attacchi batterici che possono provocare svariate malattie al vino.
I locali con pareti in cemento devono essere annualmente disinfettati mediante calce o solfato di rame; se le pareti sono piastrellate è invece sufficiente un buon lavaggio con acqua (questo trattamento è valido anche per il pavimento, il quale tuttavia richiede lavaggi frequenti).
Periodicamente, è necessario abbruciare dei dischi di zolfo (1 kg ogni 100 m3 d'ambiente), avendo l'avvertenza di chiudere tutte le aperture per 24 ore.
I recipienti in legno devono essere lavati con acqua spruzzata a forte pressione, previa eliminazione delle incrostazioni di cremor-tartaro; il tino o la botte, quando non contengono vino, devono essere riempiti con acqua contenente anidride solforosa.
Le vasche in cemento devono essere lavate con getti d'acqua spruzzata a forte pressione, poi mantenute colme d'acqua per una settimana, svuotate e spruzzate con una soluzione di acido solforico (o acido tartarico) al 10%. Infine devono essere sciacquate abbondantemente con acqua e lasciate aperte in modo che circoli l'aria. Se il cemento è rivestito internamente da piastrelle, è necessario un lavaggio con una soluzione di acido solforico o di acido tartarico (al 10 - 20%), indi sciacquare con acqua. I contenitori in acciaio inossidabile devono essere trattati con acqua o, se necessario, con soluzioni di acido tartarico o acido solforico; non utilizzare mai soluzioni contenenti cloro, poi- ché l'acciaio si corroderebbe!
Le macchine e gli attrezzi devono essere puliti ogni volta dopo l'uso, con acqua o con una soluzione acida.

Corso di Recupero per Astemi #56

Il vino 100 domande e 100 risposte #6

Quali contenitori si utilizzano in cantina?

Il tino è il classico recipiente nel quale si immette il mosto affinché subisca la fermentazione alcolica; ha forma tronco-conica e il diametro maggiore è circa i 10/9 di quello minore; è provvisto di un'apertura anteriore attraverso la quale si può entrare per provvedere alla pulizia del recipiente al termine della fermentazione; nella parte superiore può essere scoperto (nelle zone calde) o coperto (nelle zone fredde); è costituito di listelli di legno (doghe) dello spessore di 4 - 8 cm, tenute insieme da cerchi metallici.
Oggi si tende a effettuare la fermentazione in tini di cemento o di acciaio inossidabile, che possono avere forma e capienza differenti.
La botte è il tipico contenitore, utilizzato per l'affinamento, la conservazione e l'invecchiamento del vino; può avere sezione circolare, ovale o ellittica ed è provvista di una piccola apertura nella parte superiore per poter controllare il livello del vino; anteriormente presenta l'apertura per l'entrata dell'addetto alla pulizia.
Vi sono botti della capacità di oltre 100 hl, fino a piccole botti di circa 2 hl (caratello toscano, barrique); sono costituite da doghe in legno spesse 4 - 10 cm e larghe 5 - 10 cm.
Attualmente sono assai diffusi anche contenitori in vetroresina per l'elaborazione del vino, la conservazione per brevi periodi e per il trasporto (a questo riguardo sempre meno vengono utilizzati i barili di legno).
I contenitori utilizzati in cantina si chiamano anche vasi vinari o vasche. I mastelli sono di uso corrente in cantina, essendo assai comodi per il travaso del vino. Le damigiane sono utilizzate per la conservazione e il trasporto del vino.
Mentre la tendenza moderna è quella di utilizzare l'acciaio inossidabile per la fermentazione del mosto e l'elaborazione del vino, il legno resta il materiale d'elezione per l'invecchiamento prolungato del vino, come suggerisce l'esperienza e come detta la legge.

Corso di Recupero per Astemi #55

Il vino 100 domande e 100 risposte #5

Quali macchine si usano per l'ammostamento?

Lo schiacciamento dell'uva per renderla liquida e ottenere il mosto può venire effettuato con varie macchine, a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere.
La macchina più semplice è la pigiatrice, nella quale vi sono due rulli che, girando in senso opposto, schiacciano tutta l'uva e ottengono un mosto costituito da parte liquida, bucce, vinaccioli (semi) e graspi (o raspi); dalla fermentazione di questo mosto si ottiene un vino ricco di corpo e di colore e piuttosto tannico (astringente).
La pigia-diraspatrice schiaccia i grappoli, ma poi ne separa i graspi dal mosto, consentendo perciò di ottenere un vino meno tannico.
La diraspa-pigiatrice praticamente produce un mosto senza graspi, come nel caso precedente; tuttavia in questo caso prima vengono separati i graspi e poi viene pigiata l'uva, con il risultato che i graspi non vengono a contatto con la parte liquida, ragion per cui si ottiene un vino ancor meno tannico (cioè più morbido) rispetto al caso precedente.
Il torchio consente lo schiacciamento soffice dell'uva, che è particolarmente utile nel caso di uve ammuffite e quando si vuole produrre vino bianco; permette di ottenere solo mosto liquido, senza parti solide.
La pressa è un torchio ad asse orizzontale, che può agire in continuazione: vi si immette cioè uva a mano a mano che proviene dalla vigna e in continuazione la pressa schiaccia il prodotto, producendo mosto liquido, come nel caso precedente.
Ai fini di un facile illimpidimento del vino bianco, si consiglia di effettuare questa operazione sul mosto appena ottenuto mediante sgrondatrice, la quale separa la parte liquida dalle parti solide, nel caso che il mosto sia stato ottenuto mediante pigiatrice.
La nolmatura è una recente tecnologia che può essere considerata una pigia-sgrondatura; è molto rapida e consente di ottenere un mosto particolarmente atto a produrre vini limpidi.

Corso di Recupero per Astemi #54

Il vino 100 domande e 100 risposte #4

Quali sono le caratteristiche di una cantina efficiente?

La cantina di tipo industriale (enopolio) è l'insieme dei locali ove avviene la vinificazione, cioè la trasformazione dell'uva in vino. È costituita da diverse zone e locali: zona per il ricevimento dell'uva, normalmente all'aperto sotto una tettoia; locale per l'ammostamento, ove cioè viene pigiata l'uva per ricavarne il mosto; locale per la fermentazione ove il mosto è trasformato in vino (al pian terreno); locale per l'affinamento, la maturazione e l'invecchiamento del vino in botti (interrato per non risentire degli sbalzi termici); laboratorio adibito alle analisi, magazzino e deposito; uffici.
La cantina del piccolo produttore o quella familiare dell'appassionato è invece costituita da uno o due locali; in questo secondo caso, un locale è adibito all'ammostamento e alla fermentazione e un altro alla conservazione e all'invecchiamento.
La cantina deve essere esposta in posizione nord-est per evitare gli sbalzi eccessivi di temperatura; il grado di umidità deve essere mantenuto attorno al 60 - 70% al fine di evitare il deterioramento degli attrezzi in legno, che potrebbero disseccarsi in caso di scarsa umidità e, nel caso opposto, potrebbero essere soggetti ad attacchi di muffe.
La temperatura ottimale per l'evoluzione e la conservazione del vino si aggira attorno ai 9 - 13 °C, vaIori che devono essere costanti nel corso di tutto l'anno. La cantina deve poter essere illuminata per consentire di operare agevolmente, ma di norma il vino deve stare al buio.

Corso di Recupero per Astemi #53

Il vino 100 domande e 100 risposte #3

Qual è il momento giusto della vendemmia?

Occorre prima di tutto pensare quale tipo di vino si desidera produrre. Volendo ottenere un vino ricco di alcol, bisogna vendemmiare quando nell'uva si è accumulata la maggior quantità possibile di zucchero.
Per verificare quando è stato raggiunto il massimo grado zuccherino, il viticoltore procede all'assaggio della propria uva, che ben conosce, ma si può avvalere di alcuni strumenti dall'uso semplice e dal costo contenuto (mostimetro, rifrattometro).
In prossimità della maturazione, ogni giorno si raccoglie qualche grappolo e si fa l'analisi dello zucchero; quando la percentuale resta invariata rispetto all'analisi precedente significa che l'uva non può più accumulare altro zucchero, per cui conviene procedere alla vendemmia (nelle ore calde, in modo che la rugiada non diluisca il prodotto).
Nelle zone meridionali è utile anticipare la vendemmia rispetto alla medesima quantità di zucchero accumulabile, in modo che il grado alcolico del futuro vino non superi i 13° - 14° , sia perché sarebbe difficile ottenere un buon prodotto a gradazioni superiori (diventa infatti problematica la trasformazione di uva in vino) sia perché la media del consumatore non gradisce vini troppo alcolici.
Dunque al Sud bisogna vendemmiare prima della piena maturazione, a meno che non si voglia produrre vini liquorosi (nel qual caso si raccoglie l'uva col massimo grado zuccherino possibile).
Per l'ottenimento di vini bianchi, e in particolare di vini spumanti, la vendemmia è anticipata rispetto alla piena maturazione, poiché le sostanze aromatiche raggiungono il loro massimo prima dello zucchero e soprattutto perché a questi vini giova un buon grado di acidità, che si ottiene appunto vendemmiando un po' precocemente.
In ogni caso l'uva deve avere un minimo contenuto zuccherino per poter essere vendemmiata ai fini della produzione di vino.

Corso di Recupero per Astemi #52

Il vino 100 domande e 100 risposte #2

Quando si considera matura l'uva?

Vi sono vari indici che possono essere presi in considerazione per determinare la raggiunta maturazione dell'uva.
Innanzi tutto il grado zuccherino; l'uva acerba contiene pochi zuccheri e molti acidi, ma, a poco a poco, col procedere della maturazione la quantità di zuccheri aumenta, mentre decresce l'acidità. Questo processo prosegue fino a dei valori limite, che dipendono sia dal vitigno sia dal clima; per esempio: il Barbera non raggiunge la gradazione zuccherina del Bonarda; al Sud le uve possono essere costituite dal 20 - 30% di zucchero, mentre al Nord questa percentuale si abbassa fino al 15 - 20%. Inoltre, quando l'uva è matura, la sua massa zuccherina è costituita da parti uguali (all'incirca) dei due zuccheri principali: il glucosio e il fruttosio.
Ogni varietà di uva, a piena maturità, ha un ben preciso colore degli acini: Nebbiolo, violaceo; Barbera, blu intenso; Freisa e Dolcetto, nero bluastro; Grignolino, rosso-viola; Cortese, giallo-oro; Moscato, giallo-oro con maculature.
Ogni varietà acquisisce un sapore tipico particolare che si esprime appieno quando l'uva è giunta a completa maturazione.

Corso di Recupero per Astemi #51

Il vino 100 domande e 100 risposte #1

Con quali uve si può fare il vino?

Le uve appartengono a due categorie principali:
- Vite europea (Vitis vinifera), la quale a sua volta comprende numerose varietà riconducibili a due tipi: da tavola (per esempio: Regina) e da vino (per esempio: Nebbiolo, Sangiovese, Barbera, Trebbiano). Per ogni provincia c'è un elenco di vitigni ritenuti particolarmente adatti per quei terreni e per il clima (vitigni raccomandati).
L'uva da tavola non è adatta alla produzione di vino perché non contiene quel complesso di sostanze da cui dipendono caratteristiche per le quali il vino è apprezzato.
- Vite americana (Vitis labrusca), la quale produce uva poco dotata di zuccheri, che, se venisse trasformata in vino, originerebbe un prodotto con scarsa gradazione alcolica e comunque con un contenuto alcolico inferiore a quello previsto dalla legge. Inoltre l'uva americana è caratterizzata da un sapore e da un odore detto selvatico o volpino ofoxy, che non è gradito alla stragrande maggioranza dei consumatori.
La vite americana è stata utilizzata per effettuare incroci con la vite europea, al fine di ottenere piante resistenti a determinati parassiti. Queste nuove piante sono conosciute come Ibridi Produttori Diretti; tuttavia anche questi I.P.D. non sono adatti a produrre uva da vino, a causa della scadente qualità che ne risulta.
L'utilità della vite americana (o dei suoi ibridi) è data invece dalla possibilità di innestarla con la vite europea, ottenendo una nuova pianta costituita alla base (con le radici) da vite americana e nella parte superiore (con foglie e frutti) da vite europea. Il risultato di questo innesto è la resistenza a un insetto parassita (la fillossera), che nel secolo scorso distrusse quasi tutti i vigneti di vite europea.

Corso di Recupero per Astemi #50

Principali vitigni stranieri #4/4)

Pinot gris
Quest'uva è stata ottenuta da una mutazione del Pinot blanc e si trova in alcune zone della Francia, della Germania e dell'Italia. Viene chiamata anche Ruländer. Negli ultimi decenni quest'uva ha molto accresciuto la sua notorietà in Italia. La si coltiva principalmente nel Veneto, in Friuli-Venezia Giulia e nell'Oltrepò Pavese.

Riesling
Una delle uve più pregiate per la produzione del vino bianco, originaria, pare, dalla vallata del Reno. Coltivata nei migliori vigneti della Mosella e del Rheingau, in Alsazia e in Austria. Ha bisogno di zone fresche, di suolo sassoso e di basse produzioni.

Roussanne o Rossette
Molto diffusa nella zona del Rodano, fra Lione e Ginevra e nella Savoia, quest'uva bianca dà vini freschi, fragranti, assai gradevoli, alcuni dei quali spumanti.

Sémillon
Quest'uva bianca è molto diffusa nel sudovest della Francia e si distingue come componente dei vini di Sauternes e di Graves. Dà dei vini piuttosto dolci, se vinificata da sola. Di solito fa parte di uvaggi insieme con altri vitigni di uve bianche.

Sylvaner
Altra uva bianca molto produttiva, probabilmente di origine austriaca o tedesca e coltivata anche in Francia, Italia, Svizzera e anche nel Cile. Dà un vino più morbido, ma meno consistente del Riesling. ln Austria viene chiamata Österreicher. Insieme con il Riesling ha dato origine al Müller-Thurgau.

Ugni Blanc
Uva bianca che è coltivata in Francia nella meridionale dove dà origine al vino Cassis, mentre nella zona di Cognac è chiamata Saint-Émilion. Deriva dal Trebbiano toscano. Può fornire un vino genuino e gradevole, ma non di grande classe.

Tokaj
Vedi Tocai friulano o Furmint, per il vitigno ungherese da cui deriva il vino Tokaj.

(Continua con: Scelta di vini per la cantina regionale )

Corso di Recupero per Astemi #49

Principali vitigni stranieri #3/4

Meunier
Una sottovarietà del Pinot nero; si chiama così perché il rovescio della foglia è biancastro, come fosse cosparso di farina. Largamente diffuso nello Champagne e in Alsazia.

Muscat
Vitigno corrispondente al nostro Moscato, chiamato anche con altri nomi, come Moscatel o Muscadelle. L'uva Muscat è largamente coltivata nella Francia meridionale, in Spagna, in Portogallo, nelle isole mediterranee e in Grecia. L'elenco dei moscati di qualità è molto vasto. Unica e inconfondibile caratteristica, l'aromatico odore e il sapore di Moscato.

Pedro Ximenes
Nome di una varietà di uva bianca spagnola, largamente coltivata nelle zone di Málaga e di Xeres de la Frontera, patria dello Sherry. È però originaria di Montilla, dove sarebbe stata portata nel XVI secolo da un soldato tedesco che si chiamava Peter Siemens. Dà un vino secco, molto robusto, base di molti Sherries, come l'Amontillado.

Pinot
Famiglia di vitigni che nel Gotha vinicolo occupa una posizione assolutamente di primo piano: si distingue principalmente fra Pinot blanc e Pinot noir. È l'uva di maggior importanza nello Champagne: difatti dal Pinot blanc e dallo Chardonnay (praticamente un clone del Pinot blanc) deriva la parte maggiormente selezionata della produzione di Champagne, cioè il Blanc de Blancs, mentre la restante parte si ricava dal Pinot nero o da mescolanze di Pinot bianchi e neri. Queste uve sono largamente coltivate anche in Borgogna. Introdotte in Italia, hanno dato eccellenti risultati in molte regioni, specie nel Trentino, nella Franciacorta e nell'Oltrepò Pavese, attualmente le zone più rinomate per la produzione dello spumante italiano vinificato con il metodo classico.

(Continua con: Principali vitigni stranieri #4/4)

Corso di Recupero per Astemi #48

Principali vitigni stranieri #2/4

Chasselas
È un vitigno che fornisce un'uva bianca da vino da cui esce un prodotto di poca acidità, usato per la mescolanza con altre uve, diffuso in Svizzera, nella Loira, nel Baden, nell'Alsazia. ln Svizzera lo chiamano Fendant ed è apprezzato per l'alta resa quantitativa.

Cinsault
È una delle uve nere che concorrono alla composizione di un famoso vino: lo Châteauneuf du Pape. Viene raramente usata da sola ma è di qualità superiore.

Gamay
È una delle uve da vino rosso caratteristiche della zona del Beaujolais che ritroviamo in altre regioni, come in Savoia. Se impiantato su terreni adatti è in grado di fornire risultati fra i più lusinghieri e anche sorprendenti.

Grenache
Uva di buona qualità e di abbondante rendimento che predomina nei vigneti della Francia meridionale e nella zona di Rioja nella Spagna settentrionale. Particolarmente indicata per la produzione dei vini rosés, come il Tavel.

Malvoisie o Malvasia
È una delle più antiche e famose uve bianche (ne esiste anche una variante rossa, ma di minore importanza) originaria delle Isole Egee e della Grecia e poi diffusa in tutti i Paesi del Mediterraneo e anche in Africa e America. Accanto alla Malvasia delle Lipari va posta la Malvasia di Madera e parecchie altre. Il vino, che gli Inglesi chiamano Malmsey, è molto dolce, di tinta ambrata. Ci sono però anche uve Malvasia che danno vini secchi da pesce, come la Malvasia del Collio Goriziano.

Merlot
Tra le uve rosse da vino è una delle più importanti e, insieme al Cabernet, costituisce motivo di orgoglio per i vignaioli di Bordeaux, essendo originaria di quella celebre regione vinicola. Conferisce gusto e morbidezza a molti grandi vini francesi. E coltivata in Italia con ottimi risultati, specie nel Trentino, in Alto Adige, nel Veneto, in Friuli-Venezia Giulia.

(Continua con: Principali vitigni stranieri #3/4)


Corso di Recupero per Astemi #47

Principali vitigni stranieri #1/4

Alicante
E' una delle uve nere più comuni nel sud della Francia, che ritroviamo anche in Sardegna. Una varietà di quest'uva, l'Alicante Bouschet, è stata portata in Algeria e in California. È adatta per conferire colore ad altri vini.

Cabernet
È una delle uve nere da vino più nota, dalla quale si ricavano quasi tutti i grandi vini rossi di Bordeaux, parecchi pregevoli vini italiani e altri in terre lontane, come la California, l'Australia, il Sudafrica. I due tipi fondamentali sono: il Cabernet Sauvignon che fornisce un'uva più piccola e meno produttiva, ma da cui si ottiene un vino più resistente, più lento di maturazione e più ricco di tannino. L'altro tipo è il Cabernet franc, dal quale esce un tipo di vino più morbido ed è la varietà più diffusa a Saint-Émilion, nel Bordolese.

Carignan
Uva nera assai produttiva, largamente coltivata in Francia meridionale, in Spagna e in Algeria. Pur non essendo di prima qualità, fornisce vini piuttosto gradevoli.

Chardonnay
È una delle migliori uve da vino bianco: rivaleggia con il miglior Riesling e spesso lo supera. Da essa derivano grandi vini bianchi della Bourgogne, come il Montrachet, il Pouilly-Fuissé, lo Chablis. Si adopera, in parte, per lo Champagne. Spesso si usa chiamarla Pinot Chardonnay, ma la definizione è impropria: non ha alcun legame diretto con il Pinot nero e con il Pinot bianco. Prende il nome da un piccolo villaggio nella zona del Mâconnais. ln considerazione delle doti dell'aristocratico vitigno, sono state iniziate con successo varie coltivazioni di Chardonnay in Italia. Il nucleo più ragguardevole e relativamente più antico riguarda il Trentino, dove si produce una rinomata uva Chardonnay, base per vini tranquilli e spumanti. Altri vigneti, anche estesi, si trovano in Friuli-Venezia Giulia, nel Veneto, in Toscana, anche in Puglia e, recentemente, in Piemonte.

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