Corso di Recupero per Astemi #94

Il vino 100 domande e 100 risposte #44

Quali tipi di acidità si trovano nel vino?

Vi sono tre tipi di acidità nel vino:
— L'acidità volatile, che è data dall'insieme degli acidi molto evaporabili, detti appunto volatili. Di fatto questo tipo di acidità viene determinato in laboratorio: il vino è fatto bollire per distillarlo e nello stesso tempo è investito da una corrente di vapore acqueo; infatti si dice che viene determinata l'acidità volatile in corrente di vapore. La maggior parte dell'acidità volatile è data dall'acido acetico. Nel vino appena prodotto l'acidità volatile si aggira attorno a 0,2 - 0,5 g/I e poi aumenta un po' con l'invecchiamento, poiché i batteri acetici possono ossidare l'alcol etilico. Se questo fenomeno è intenso, per eccessiva presenza di aria a contatto del vino, il valore dell'acidità volatile diviene esagerato e il vino sa di aceto. La legge pone un limite massimo di acidità volatile di 1,08 g/I per i vini bianchi e rosati e di 1,20 g/I per i vini rossi (con qualche eccezione).
— L'acidità fissa è data dall'insieme degli acidi che non sono distillati quando il vino è posto nelle condizioni di cui sopra; è espressa in acido tartarico. L'acidità fissa del vino è uno dei fattori che consentono la protezione dagli attacchi batterici. Inoltre conferisce al vino la freschezza di sapore.
— L'acidità totale è data dalla somma dei due tipi di acidità succitati: acidità volatile più acidità fissa.

Corso di Recupero per Astemi #93

Il vino 100 domande e 100 risposte #43

E' possibile correggere il grado alcolico?

La legge consente la correzione del grado alcolico per un aumento massimo di 2 unità.
Il sistema più diffuso per aumentare la gradazione alcolica di un vino è quello di effettuare un taglio, cioè mescolare al vino da correggere un vino a elevato contenuto alcolico; frequentemente si usa a questo scopo un vino meridionale. Naturalmente il vino che ne risulta acquisirà in parte i caratteri organolettici del vino meridionale.
Per ovviare al suddetto inconveniente si può aumentare il grado alcolico mediante una parziale concentrazione del vino, sottoponendolo a temperature di
5 - 15 °C in modo che parte dell'acqua contenuta nel vino geli e possa quindi essere asportata; in questo caso il volume iniziale del vino non deve essere diminuito di oltre il 20%.
Per i vini liquorosi e quelli aromatizzati si può ricorrere all'aggiunta diretta di alcol.
In ogni caso è consigliabile effettuare una prova su campioni piccoli prima di procedere alla correzione di tutto il prodotto, il quale deve essere comunque controllato a correzione avvenuta.

Corso di Recupero per Astemi #92

Il vino 100 domande e 100 risposte #42

Che cos'è il grado alcolico del vino?

Il grado alcolico del vino è dato dalla percentuale di alcol etilico (che è misurata in millilitri, alla temperatura di 20 °C).
Questa quantità di alcol è anche detta alcol svolto o alcol effettivo. Quindi un vino di 11° contiene l' 11% di alcol (cioè 110 millilitri di alcol su un litro di vino), uno di 12° contiene il 12% di alcol, e così via. Per legge i vini da tavola devono contenere almeno il 9% (cioè 9 gradi alcolici) di alcol.
Se il vino contiene ancora dello zucchero, questo, almeno in teoria, potrebbe essere fermentato e sviluppare alcol; è questo il grado alcolico potenziale. La somma dell'alcol effettivo e di quello potenziale è detta alcol totale o grado alcolico complessivo. Per ogni singolo vino di qualità (D.O.C. e D.O.C.G.) la legge pre scrive un valore minimo di gradazione alcolica complessiva (per esempio: Barolo, minimo 13°; Chianti, minimo 11,5°; Chianti classico, minimo 12°).
Il grado alcolico può anche essere definito titolo alcolometrico volumico.

Corso di Recupero per Astemi #91

Il vino 100 domande e 100 risposte #41

Qual è lo scopo delle colmature?

Durante la permanenza nelle botti si verifica un calo del livello del vino, In inverno la temperatura della cantina è di circa 10 - 12 °C e ciò comporta una diminuzione del livello del vino per contrazione di volume; negli altri periodi è invece intensa l'evaporazione del vino, specialmente durante il primo anno. Un calo del 5% è normale e può arrivare, nei grossi contenitori, quasi al 10%; mentre negli anni successivi l'evaporazione si stabilizza attorno al 3 - 4%.
E' chiaro che lo spazio che era occupato dal vino evaporato viene rimpiazzato dall'aria, la quale si dispone al di sopra del livello raggiunto dal vino. Quest'aria con il suo ossigeno favorisce lo sviluppo e l'attività dei microrganismi detti aerobi (cioè che abbisognano di aria per la loro vita): si tratta in pratica di un tipo di lievito che provoca la malattia detta fioretta e di vari batteri che causano la malattia nota come spunto-acescenza. Per evitare detti inconvenienti occorre proteggere il vino dall'aria, colmando lo spazio lasciato libero dal vino evaporato.
La colmatura è praticata aggiungendo vino di volta in volta secondo necessità. Il mezzo migliore per provvedere a questa bisogna è l'uso dei tappi colmatori, posti nel foro di cocchiume della botte, i quali consentono con un semplice colpo d'occhio di controllare il livello del vino. Nei recipienti metallici è oggi effettuata una compensazione del vuoto eventuale con gas inerte (azoto o anidride carbonica o loro miscela). Nelle vasche in vetroresina vi è un coperchio mobile che si adatta, pneumaticamente, al livello del vino. Nel caso di alcuni vini (per esempio: Malvasia di Bosa, Vernaccia di Oristano, Sherry) le botti sono lasciate scolme in modo che determinati lieviti provochino una rapida e intensa ossidazione, che conferisce al prodotto un odore e un sapore del tutto tipici.

Corso di Recupero per Astemi #90

Il vino 100 domande e 100 risposte #40

A cosa servono i travasi?

Fondamentalmente queste operazioni hanno lo scopo di mettere il vino nella migliore situazione sanitaria, indispensabile per la sua corretta conservazione. Infatti il travaso porta alla separazione del vino limpido dal suo deposito feccioso.
Il primo travaso si rende necessario al termine della fermentazione alcolica ed è detto svinatura; viene qui separata dal vino una feccia costituita dal materiale più vario: frammenti di buccia e vinaccioli, sali vari (bitartrato potassico o cremortartaro, sali dell'acido malico, ecc.), colloidi, lieviti e altri microrganismi morti e via dicendo.
Il passaggio del vino da un recipiente a un altro deve essere effettuato lentamente, in modo da non rimandare in sospensione la feccia. Inoltre è necessario che i travasi siano tempestivi, poiché in caso contrario la feccia conferisce al vino sapori e odori sgradevoli.
Dopo la svinatura il primo travaso si fa, in genere, all'inizio di dicembre, ma lo si anticipa se il vino è particolarmente torbido; il secondo travaso si effettua nel mese di marzo, in modo da anticipare la ripresa dell'attività dei lieviti e dei batteri in concomitanza con l'aumento della temperatura della nuova stagione; un terzo travaso si pratica all'inizio del mese di giugno, precedendo, nuovamente, il rialzo termico estivo; un quarto travaso viene effettuato in settembre-ottobre, appena prima della vendemmia. Se necessario si travasa anche in dicembre.
Evidentemente un vino conservato a lungo continua ad autoillimpidirsi, depositando sostanze fecciose che vanno separate con travasi anche nel secondo anno, nel terzo e nei successivi; va da sé che, col tempo, i travasi sono meno frequenti, poiché sempre più scarsa è la sostanza che passa dallo stato liquido allo stato solido depositato.
Prima di ogni travaso conviene effettuare la prova all'aria per conoscere lo stato di salute del vino; a questo scopo si riempie un bicchiere di vino e lo si lascia all'aria per 12 ore. Se nel vino non si notano cambiamenti allora significa che il vino è sano e il travaso può essere effettuato in due riprese, cioè il vino è immesso in un mastello e da qui al contenitore di conservazione; mentre se si notano alterazioni di colore, iridescenze o, peggio, un velo batterico, si tratta di un vino debole, che deve essere protetto con anidride solforosa e deve essere travasato da un recipiente all'altro direttamente senza contatto con l'aria. Buona norma è anche quella di un 'analisi organolettica prima del travaso. Ai travasi all'aria si ricorre anche per eliminare difetti di odore.

Corso di Recupero per Astemi #89

Il vino 100 domande e 100 risposte #39

Quali sono le differenze principali fra il vino rosso e il vino bianco?

La differenza più evidente tra il vino bianco e quello rosso è data ovviamente dal colore. Questo è conferito dagli antociani nel vino rosso giovane, da tannini e tannini-antociani nel vino rosso che ha perso la colorazione rossa netta per assumere tonalità aranciate; nel vino bianco si presumeva che i flavoni, responsabili del colore giallo dell'uva, lo fossero anche del colore nel vino, mentre qui se ne constata l'assenza (in pratica questi composti sono precipitati o ossidati prima della formazione del vino). Alcuni autori addebitano ai leucoantociani, legati a due o a tre molecole per volta, cioè dimeri e trimeri, il colore giallo. Se il vino presenta una nota verdastra significa che l'uva è stata raccolta non in piena maturità, quando la clorofilla è ancora evidente nelle bucce.
Il complesso di sostanze solide disperse nel vino si chiama estratto ed è il più importante costituente del corpo del vino. Nei vini bianchi si ritrovano in media 19 g/I di estratto, nei rossi 21 g/l. Anche le ceneri sono più abbondanti nei vini rossi (2,4 g/l) che nei vini bianchi (1,7 g/l); estratto e ceneri sono più abbondanti nei rossi essendo questi provenienti da macerazione delle bucce. Per quanto riguarda gli elementi minerali, ovviamente più abbondanti nei vini rossi, si nota che il calcio prevale nei vini bianchi, ove, peraltro, può far insorgere problemi di intorbidamento.
Normalmente i vini bianchi contengono un maggior grado di acidità e in particolare più acido malico, poiché essi sono apprezzati soprattutto per la loro freschezza, che deve essere in genere superiore a quella dei vini rossi.

Corso di Recupero per Astemi #88

Il vino 100 domande e 100 risposte #38

Che cos'è il governo alla Toscana o all'uso Chianti?

È una tecnica di vinificazione piuttosto diffusa in Toscana, specialmente nella zona del Chianti, che ha lo scopo di rendere prontamente bevibile il vino.
Praticamente una parte di uva viene vendemmiata qualche giorno in anticipo rispetto al momento consigliato per la vendemmia e poi viene fatta appassire. Nel mese di dicembre quest'uva viene pigiata e immessa nel vino appena prodotto, in proporzione del 5 - 10%. A volte questo governo è fatto anche in primavera e viene detto rigoverno. La mescolanza del mosto nel vino giovane fa riprendere una fermentazione non tumultuosa e che si protrae per circa un mese.
Il vino così ottenuto è detto di pronta beva e risulta fresco, vivace, grazie a un buon contenuto in anidride carbonica appena sviluppata, e nello stesso tempo anche piuttosto morbido per la presenza di una buona dose di glicerina. Anche il vino Rosso Conero è prodotto con la pratica del governo.
Questi vini vengono posti al consumo entro l'anno successivo alla vendemmia e riportano in etichetta il termine governato.

Corso di Recupero per Astemi #87

Il vino 100 domande e 100 risposte #37

Che cos'è la criomacerazione ed è conveniente ai fini della qualità?

È una tecnica di macerazione che consiste nel raffreddare il mosto, ottenuto tramite pigia-diraspatura a 5 - 8 °C per 10 - 24 ore. Durante la macerazione alla bassa temperatura la bucce cedono molte Sostanze odorose aromatiche e pochi polifenoli, mentre sono inibiti gli enzimi.
Si ottiene un vino ricco di aromi primari, cioè quelli provenienti dal vitigno, povero di tannini e di colore; in sostanza si avrà un vino morbido, poco corposo come desidera il consumatore di oggi, ma con il grande vantaggio della presenza di un profumo (o meglio aroma) che caratterizza il vino poiché rispecchia l'uva dal quale è prodotto. Infine questo vino risulta piuttosto stabile alle ossidazioni essendo stati inibiti gli enzimi e quindi tende a mantenere a lungo un bel colore.

Corso di Recupero per Astemi #86

Il vino 100 domande e 100 risposte #36

Che cosa vuol dire macerazione carbonica?

Questo metodo di vinificazione è anche detto fermentazione aromatica, per il fatto che ne risulta un vino notevolmente odoroso.
Consiste nel riempire di uva intatta un contenitore e poi chiuderlo ermeticamente per 7-20 giorni a temperatura di circa 30 °C, previa saturazione con gas anidride carbonica. Una minima parte di uva (2-3%), quella più in basso, resta schiacciata dal peso dell'uva soprastante e libera mosto che inizia a fermentare producendo alcol e gas anidride carbonica; questo gas (che quindi può anche non essere appositamente introdotto) satura rapidamente l'ambiente, per cui le cellule intatte dell'uva intera vengono costrette a modificare il loro metabolismo (non si dimentichi che le cellule della buccia dell'uva sono vive!), effettuando un tipo di fermentazione intracellulare (o autofermentazione). In particolare, a causa dell'ambiente asfittico, viene modificata la permeabilità delle bucce, per cui queste cedono facilmente alla polpa i loro vari costituenti e in particolare i pigmenti coloranti. In altri termini, avviene la macerazione malgrado l'integrità del grappolo.
Alla fine del periodo di permanenza nella vasca satura di anidride carbonica, l'uva contiene una quantità di acidi assai inferiore rispetto all'origine e in particolare è stato consumato acido malico; inoltre vengono formati nuovi componenti odorosi, che ricordano la ciliegia e la vaniglia oltre a un intenso fruttato dell'uva.
Ora tutta la massa viene pigiata e posta nel tino di fermentazione ove, in capo a 2 o 3 giorni, terminerà la trasformazione degli zuccheri in alcol. Il vino ottenuto matura in breve tempo, tanto che deve venire imbottigliato entro la fine di dicembre.
Non pare che la macerazione carbonica dia risultati utili nei vini bianchi. Assai diffusa è questa tecnica nella zona del Beaujolais (ove si utilizza uva Gamay) che produce il vino primeur; in Italia questo vino è detto novello o fiore o giovane.

Corso di Recupero per Astemi #85

Il vino 100 domande e 100 risposte #35

Che cos'è la vinificazione continua?


È una tecnica di vinificazione adottata dai grandi complessi enologici che mirano soprattutto a un risparmio di manodopera. Frequentemente viene abbinata alla termovinificazione.
Per effettuare la vinificazione continua si usa l' autovinificatore che è una vasca di acciaio inox o vetroresina di grandi dimensioni (fino a qualche migliaio di quintali di capienza), che viene riempita di mosto in presenza di mosto di avviamento. In capo a 3-4 giorni, la massa del mosto è in piena fermentazione e possiede già il 4-5% di alcol; un tale quantitativo di alcol funge da inibitore verso tutti i microrganismi eccetto i lieviti ellittici. A questo stadio, dall'alto del recipiente viene tolto il mosto in piena fermentazione e posto in altro recipiente ove terminerà il processo fermentativo in assenza delle vinacce; nello stesso tempo, dal basso viene immesso nuovo mosto. Ciò avviene in continuo, cioè quasi senza interruzione (dopo i primi 3-4 giorni): dall'alto si toglie mosto in fermentazione e dal basso si immette mosto da fermentare. In pratica si raggiunge un grado alcolico più elevato che non seguendo altri sistemi, per il fatto che il mosto viene fermentato solo dai lieviti ellittici che hanno resa elevata. Il rimontaggio delle vinacce avviene automaticamente e la separazione dei vinaccioli è favorita dalla forma conica che presenta nella parte basale la vasca di fermentazione; negli autovinificatori più moderni anche le bucce vengono scaricate dal basso con i vinaccioli. Questi due aspetti comportano un evidente risparmio di manodopera.
Il tempo di macerazione, cioè il contatto fra bucce e liquido, è assai ridotto (fino a un ottavo) rispetto al sistema di vinificazione classico, ma l'estrazione del colore dalle bucce si ottiene allo stesso modo, mentre vengono estratti meno tannini. Si ottiene quindi un vino col grado di colore desiderato, ma morbido grazie alla scarsità di tannini.
Il tipo di autovinificatore maggiormente diffuso è detto fermentino.

Corso di Recupero per Astemi #84

Il vino 100 domande e 100 risposte #34

Che cos'è la termovinificazione?

E' un metodo di vinificazione che prevede il riscaldamento dell'uva o del mosto con lo scopo di distruggere le muffe e, in determinati casi (uve poco mature), di estrarre sostanze coloranti dalle bucce. Uno dei vantaggi di questa tecnica è quello di arricchire di antociani il mosto, contenendo a bassi livelli i tannini, e conseguentemente di limitare la fermentazione a pochi giorni.
La temperatura di riscaldamento varia tra i 50 e gli 80 °C a seconda che il tempo di durata del trattamento sia di 2 ore o di 15 minuti. In pratica il riscaldamento provoca la macerazione delle bucce; poi il mosto viene raffreddato mentre le bucce sono allontanate, per cui la fermentazione sarà attuata in bianco. Naturalmente l' alta temperatura distrugge tutti i microrganismi e gli enzimi, il che comporta la necessità di aggiungere lieviti selezionati e consente, perciò, anche un risparmio di anidride solforosa.
Si ottiene un vino più colorato, più corposo, con basso livello di acido acetico e una quantità di alcol leggermente superiore (0,2 - 0,3 gradi) a quella del vino ottenuto con la normale tecnica, inoltre le varie partite sono uniformi. Bisogna ammettere però che non si raggiungono elevati livelli qualitativi.

Corso di Recupero per Astemi #83

Il vino 100 domande e 100 risposte #33

Che cos'è la fermentazione malo-lattica?

È una fermentazione operata dai batteri sul vino. Avviene, di norma, nella primavera successiva alla vendemmia, in concomitanza dell'aumento di temperatura (superiore ai 15 °C).
In questo processo l'acido malico è trasformato in acido lattico, con il risultato che il vino diventa meno acido, più morbido, poiché il primo acido è più forte (cioè più acido) del secondo; inoltre una parte dell'acido malico è trasformata in composti non acidi (per esempio: diacetile) e il potassio che era legato all'acido malico va a salificare l'acido tartarico, che in parte precipita. In pratica è una disacidificazione biologica gradita nei vini rossi troppo acidi e nei vini rossi invecchiati; non è invece gradita nei vini bianchi, ove un buon grado di acidità conferisce la freschezza e mantiene il fruttato.
Per impedire che i batteri lattici effettuino la degradazione dell'acido malico, si mantiene la cantina a temperatura inferiore a 15 °C, si conserva nel vino una dose elevata di anidride solforosa libera (30 mg/l circa), si anticipano i travasi in modo che i batteri non vi traggano alimento.
Viceversa occorre comportarsi per favorire detta fermentazione, tenendo anche presente che si è dimostrata utile l'aggiunta al vino nuovo di una parte di vino ottenuto con torchiatura (primo torchiato), essendo questo ricco di alimento per i batteri.
Avvenuta questa fermentazione, il vino deve essere addizionato di anidride solforosa e travasato.

Corso di Recupero per Astemi #82

Il vino 100 domande e 100 risposte #32

Che cos'è la fermentazione alcolica degli aminoacidi?

Si tratta di una fermentazione a carico delle sostanze azotate note come aminoacidi, con formazione di alcoli superiori.
L'attacco dagli aminoacidi viene effettuato dai lieviti quando essi hanno consumato tutto l'azoto dei sali di ammonio; se a questo punto non trovassero altro azoto non potrebbero più proseguire la fermentazione, mentre, stante la presenza degli aminoacidi, possono trovarvi ancora l'alimento azotato.
Come conseguenza di questa trasformazione si formano gli alcoli superiori, che hanno dimensioni maggiori rispetto all'alcol etilico (quindi superiori all'alcol etilico). Detti alcoli sono assai profumati, ma la quantità che si viene a formare nel vino (non più di 0,5 g/l) non è sufficiente per conferire profumo; tuttavia quando gli alcoli superiori si combinano con gli acidi formano delle sostanze, dette esteri, il cui profumo è intenso e gradito.

Corso di Recupero per Astemi #81

Il vino 100 domande e 100 risposte #31

Vinificando in condizioni particolari (uva ammuffita, caldo, freddo), quali accorgimenti vanno adottati?

Nelle zone a clima caldo si corre il rischio di veder bloccata la fermentazione alcolica per inibizione dei lieviti, i quali alla temperatura di 37 °C circa cessano di metabolizzare lo zucchero. In queste zone è buona norma diraspare, per avere nel mosto una minor massa di lieviti e perciò una fermentazione meno attiva, con limitato sviluppo di calore; un'adeguata solfitazione concorre a limitare la tumultuosità della fermentazione e perciò limita anche l'eccessivo sviluppo calorico; come detto, il raffreddamento del mosto prima e durante la fermentazione si rivela quanto mai utile.
Nelle regioni fredde conviene utilizzare dosi più modeste di anidride solforosa. Particolarmente efficace si dimostra l'aggiunta alla massa del mosto di un 3-5% di mosto di avviamento (mosto addizionato di lieviti selezionati che avviano subito la fermentazione); ovviamente in questo caso i lieviti devono essere stati selezionati per la resistenza al freddo.
Se le uve sono molto ammuffite, si impone una cernita in modo da separare quelle in peggiori condizioni ed eventualmente fare due tipi di vino; in ogni caso occorre usare molta anidride solforosa o, se l'azienda lo consente, ricorrere alla termovinificazione.

Corso di Recupero per Astemi #80

Il vino 100 domande e 100 risposte #30

Che cosa vuol dire vinificazione in bianco?

Significa che la fermentazione avviene con esclusione delle vinacce. In genere è utilizzata per produrre vino bianco, ma è anche una tecnica seguita per ottenere vini rosati.
Per ottenere vini bianchi, l'uva viene prima pressata con lieve intensità, specialmente se si tratta di uva rossa, e poi si separano le vinacce dalla parte liquida, la quale sarà messa nel tino di fermentazione.
Un altro sistema è quello di pigiare l'uva e poi sottoporre il mosto a una sgrondatura per separarne tutte le parti solide e ottenere la parte liquida, che fermenterà senza vinacce.
La vinificazione in bianco è normalmente più lenta, meno attiva, rispetto a quella con macerazione, poiché la maggior parte dei lieviti è rimasta sulle vinacce; inoltre questo tipo di vinificazione è condotto a temperatura di circa 20 °C contro i circa 30 °C di quella con macerazione.
In un caso particolare la vinificazione in bianco è utilizzata per produrre vino rosso: è il caso della termovinificazione, di cui sarà detto più avanti.

Corso di Recupero per Astemi #79

Il vino 100 domande e 100 risposte #29

Come si può ottenere un vino rosato?

Il vino rosato è in pratica un vino rosso molto leggero di corpo e scarso di colore.
Esso può essere ottenuto dalla vinificazione di uve in cui la buccia è poco ricca di colore (per esempio: Grignolino); oppure può essere ottenuto da un uvaggio, cioè dalla mescolanza di uve rosse e uve bianche. Il caso più frequente è invece quello dell'utilizzazione di uve rosse vinificate senza bucce o con breve macerazione delle vinacce. Infatti, anche se le bucce non sono presenti col mosto durante la fermentazione, avranno comunque ceduto un po' di colore durante l'ammostamento; se le bucce restano invece qualche ora col mosto in fermentazione, cederanno una maggior quantità di colore rispetto al caso precedente, ma in dose limitata rispetto alla macerazione di qualche giorno come si fa per ottenere vino rosso. In quest'ultimo caso può succedere che il colore ceduto sia eccessivo e allora si può intervenire trattando il mosto in corso di fermentazione con carbone enologico (ma la legge consente questo trattamento solo per i mosti bianchi e i vini bianchi), che elimina in parte il colore.
Comunque, dopo il breve tempo di macerazione, il mosto viene separato dalle vinacce e inizia o prosegue la fermentazione senza queste parti solide.

Corso di Recupero per Astemi #78

Il vino 100 domande e 100 risposte #28

Che cosa vuol dire vinificazione con macerazione?

Questa vinificazione è quella che avviene in presenza delle vinacce (bucce, vinaccioli ed eventualmente graspi), ed è anche detta, da qualche autore, in rosso, poiché in genere è utilizzata per produrre vino rosso.
Le sostanze solide del graspo, macerando nel mosto, cedono una parte dei loro costituenti e in particolare vengono rilasciati nel mosto i pigmenti coloranti, i tannini e le sostanze aromatiche. La dissoluzione e la diffusione dei suddetti composti sono facilitate dal movimento della massa in fermentazione, oltre che dalle follature o dai rimontaggi. A mano a mano che la fermentazione procede, anche l'alcol e il calore prodotti contribuiscono a sciogliere nel mosto le sostanze presenti nelle vinacce.
La durata della macerazione dipende dal tipo di vino che si vuole ottenere: più corposo e colorato lo si desidera e più lunga sarà la macerazione (7-15 giorni); desiderando invece vini più leggeri è bene che la macerazione sia breve (1-4 giorni). Più breve è la macerazione più, in proporzione, il vino è colorato e poco tannico, poiché gli antociani fuoriescono prima dei tannini dalle bucce.
La temperatura è uno dei fattori più importanti per estrarre le varie sostanze dalle bucce durante la macerazione. Infatti per la macerazione dei vini rossi la temperatura più consona è di 25-30 0 C, poiché bisogna estrarre molti costituenti, mentre è di 20 °C circa per i vini bianchi che fermentano senza macerazione delle bucce.

Corso di Recupero per Astemi #77

Il vino 100 domande e 100 risposte #27

Come avviene la fermentazione lenta?

Quando è cessata la fermentazione tumultuosa, si constata che il vino così ottenuto è ancora piuttosto dolce. Di fatto i lieviti hanno ridotto la loro azione per via del notevole lavoro compiuto in condizioni difficili, oltre tutto in presenza dei loro prodotti di rifiuto, quali l'alcol etilico e il gas anidride carbonica.
Il vino viene immesso nelle botti di conservazione (o in altri recipienti non di legno) ove trascorre l'inverno depurandosi, cioè illimpidendosi sempre più. In primavera, con l'aumento della temperatura e con una lieve ossigenazione del vino (avvenuta durante tutto il periodo e durante i travasi), i lieviti riacquistano vitalità, consumano tutto l'ossigeno e poi tendono a riprendere la fermentazione, trasformando gli ultimi residui zuccherini in alcol. Questo fenomeno è ovviamente poco intenso, essendo scarsi gli zuccheri, e anche piuttosto lento, essendo pure i lieviti poco numerosi o comunque poco attivi.

Corso di Recupero per Astemi #76

Il vino 100 domande e 100 risposte #26

Come si può controllare la fermentazione alcolica?

Il controllo della fermentazione si rende necessario per prevenire possibili suoi arresti ed eventuali attacchi batterici. Vari sono i parametri da osservare e da tenere sotto controllo:
Densità; il mosto è ricco di zucchero e ha una determinata densità, poi, a mano a mano che diventa vino, il suo zucchero si trasforma in alcol, che è assai meno denso. Pertanto il valore della densità (massa volumica secondo la CEE) decresce in continuazione parallelamente al decrescere dello zucchero e all'aumento dell'alcol. All'inizio della fermentazione la densità è circa di 1, 100 g/ml, mentre al termine di questo processo non è superiore a 1,050 g/ml.
Temperatura; è necessario controllarla due volte al giorno in modo che non superi i 35° - 37° C, poiché in tal caso i lieviti restano inattivati mentre i batteri iniziano, a loro volta, a trasformare gli zuccheri, senza produrre alcol bensì mannite, rendendo imbevibile il prodotto.
Un controllo che equivale a quello della densità consiste nel determinare la percentuale degli zuccheri oppure dell' alcol; evidentemente, col procedere della fermentazione, gli zuccheri decrescono e l'alcol aumenta. Se i dati risultanti da due analisi successive, distanziate di 12 ore, sono uguali, il processo fermentativo può essere considerato esaurito, almeno nella sua fase più tumultuosa e attiva, come si rileva anche dalla cessata emissione di gas anidride carbonica.

Corso di Recupero per Astemi #75

Il vino 100 domande e 100 risposte #25

Conviene diraspare?

Contrariamente a quanto è avvenuto fino agli anni Cinquanta, oggi si tende a separare i graspi dal mosto in fermentazione. I graspi comunicano una maggior astringenza, che era molto gradita ai consumatori di allora ma non lo è più a quelli di oggi. Inoltre i graspi trattengono in parte il colore; anni fa questo fatto non rappresentava però un problema, poiché il prolungato contatto del mosto con le proprie bucce comportava una notevole estrazione dei pigmenti colorati, per cui una certa diminuzione di colore dovuta all'assorbimento sui graspi non costituiva uno svantaggio. Peraltro si è visto che, in determinati casi, l'intensità colorante è più elevata nei vini ottenuti da vinificazione con graspi, poiché si verifica un'interazione tra antociani e tannini dei graspi stessi.
Nel caso di uva ammuffita, gli enzimi (laccasi) rilasciati dalla muffa grigia (Botrytis cinerea) preferiscono attaccare e ossidare i polifenoli del graspo anziché i polifenoli coloranti, per cui il vino resta protetto in parte da un'alterazione nota come intorbidamento enzimatico (o casse ossidasica). Inoltre, se non viene effettuata la diraspatura, il vino risulta più tannico e perciò più resistente all'invecchiamento e agli attacchi batterici.
Certo è difficile conciliare la presenza di graspi con l'ottenimento di un prodotto di alta qualità: occorre una perfezionata tecnica di vinificazione, affinamento e conservazione.
Comunque nel caso del vino bianco si preferisce non diraspare in fase di pigiatura, in modo che la presenza dei graspi faciliti il successivo sgrondo; sia ben chiaro che la fermentazione si effettua successivamente senza graspi.
In presenza dei graspi la fermentazione alcolica è più attiva, essendo essi ricchi di lieviti.